Matera

 

Arrivo a Matera, una delle città più antiche al mondo, e spalanco gli occhi. Guardi e riguardi, ti perdi fra i vicoli, su quelle strade che diventano tetti e poi di nuovo strade e il cuore si ferma nel precipizio in cui giace la città. Aveva ragione Carlo Levi, “Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”. L’aspetto stupefacente è che Matera, indicata come “vergogna nazionale” nel dopoguerra, poi decretata Patrimonio dell’Umanità nel 1993 e scelta come Capitale Europea della Cultura 2019 , ha così tanti anni dalla sua parte da farti credere col suo abbraccio che il tempo, dopotutto, conti poco o nulla.

Non mi capita spesso di innamorami a prima vista, in maniera istintiva, senza prima afferrare e comprendere. Matera mi ha fatto questo effetto, come pochi luoghi al mondo dove sono passata. Un viaggio a due, una meta scelta perché ci è parso che andare in un luogo senza tempo fosse il modo migliore per celebrare i nostri 20 anni insieme. Tre giorni persi in Basilicata, fra Matera, dove la nostra stanza è ricavata in un Sasso e le rovine sul mare di Metaponto. Un silenzio continuo nel paesaggio, fra i Sassi, le case e gli altopiani lucani accarezzati dal vento, nonostante siano popolati di persone.

Matera in bianco e nero

Matera è i Sassi, quelli che nell’immaginario collettivo, per decenni, hanno raccontato a cominciare dalla denuncia di Carlo Levi, al confino fascista, di condizioni di vita degradanti, “vergognose”, poco affini successivamente all’Italia del boom del dopoguerra.
Matera è molto di più dei Sassi: lo capisci quasi subito, quando cerchi di catturare in un solo sguardo il ventre dell’antica città. Perché Matera è un luogo in cui perdersi, benché i vicoli, che sfociano nei “vicinati” di un tempo dove si viveva per sottrarsi al buio delle grotte, assomiglino a un labirinto senza esserlo.

Matera
Ci ricorda la guida, Eleonora Sansone, materana doc, laureata in beni culturali e profonda conoscitrice della storia e della bellezza della città, che qui una volta scelta la direzione da prendere, si sale e si scende. Non ci si perde quindi, se non col cuore.

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A Matera le case, i muri, paiono stare uno addossato all’altro, in stretto collegamento, unico corpo di arenaria che splende al sole da secoli: una storia di resistenza che corre indietro fino ai primi insediamenti locali che risalgono al paleolitico.

Per toccare il tempo basta sfiorare i fossili di conchiglie che emergono silenziosi dal tufo marino con cui sono costruiti i palazzi, le chiese, i muri che separano le strade.matera tufo

 

 

“La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante, in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio…”: i due mezzi imbuti di Carlo Levi, sono i due quartieri, ancora oggi Il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano, al di là il torrente Gravina, che li separa dagli altopiani delle Murge.

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Per capire come vivevano qui, fino al 1950, è sufficiente ascoltare i racconti e visitare una delle grotte arredate come erano un tempo: in casa, sul fondo, gli animali, nell’unica stanza i letti convivevano accanto alla cucina e al tavolo da pranzo, con il bagno improvvisato, la culla dei neonati sospesa al soffitto.

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A Matera è facile avvertire le vertigini benché i piedi siano ben piantati per terra: è la storia che ti prende a braccetto nella ragnatela delle case su case, dei sassi su sassi. E’ la bellezza essenziale dei profili di arenaria che contrastano con il cielo blu che muta ogni volta la prospettiva sul precipizio cittadino.
Quando il giorno si tinge di rosso e il buio avvolge ogni cosa, le case paiono occhi, con le luci fioche che fanno assomigliare il precipizio a un presepe.

Matera di notte
La storia, quella antica, vive nei colori consumati delle pitture delle chiese rupestri. C’è la Madonna De Idris che domina dall’alto il panorama, c’è la chiesa di Santa Lucia alle Malve, VIII secolo dopo Cristo, nella quale due delle tre navate sono state utilizzate come abitazione nelle grotte, tanto che, ci racconta la nostra guida Eleonora, l’iconostasi, a divisione della parte presbiterale dall’aula della navata, venne smembrata e utilizzata come muro della piccola zona cucina.

Matera deve il suo essere annoverata fra i Patrimoni dell’Umanità Unesco all’ingegnoso sistema di raccolta delle acque dei suoi abitanti, fin dalla preistoria. Qui l’acqua piovana veniva raccolta attraverso grandi cisterne (i palombari), quindi convogliate attraverso canali, da una casa all’altra, quando raggiungevano un livello di “troppo pieno”. Le cisterne erano rivestite dal cocciopesto, secoli prima di Cristo, per renderle impermeabili. Basta scendere sottoterra per ammirare questa Matera ingegneristica.

Se siete a Matera, spingetevi fino alla cripta del Peccato Originale, una mezz’ora di auto e pochi passi su una stradina acciottolata che nasconde una chiesa rupestre ritrovata poco più di 50 anni fa.Anche solo il paesaggio verde smeraldo vale il viaggio per arrivarci.

Matera

Qui l’intervento di una Fondazione (Zetema) ha fatto della buona volontà italiana un modello virtuoso: un recupero eccezionale di affreschi di un artista dell’ VIII-IX secolo dopo Cristo, conosciuto come il “pittore dei fiori”. Ci si siede prudenti sulle pietre sconnesse dai secoli all’interno e si ammira la storia nel racconto senza parole del Vecchio e Nuovo Testamento che prende forma a mano a mano che arriva la luce.

Ammirare questi affreschi emersi inaspettatamente dal tempo e rientrare, subito dopo, a Matera paiono così affini e vicini. Un filo dopo l’altro, i Sassi non sono solo sassi, le case non sono solo case e il precipizio così silenzioso ha una voce che sovrasta il tempo e le sue ore.

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Piesse: quando la reflex nel bel mezzo di un viaggio si rifiuta di mettere a fuoco, finisce che fai le foto col cellulare, dopo i primi attimi di cupa disperazione. Ne scatti ovviamente molte meno e ringrazi il tuo Lui di aver messo a disposizione il suddetto I-Phone ultima generazione per permetterti di avere giusto dei due o tre scatti di ricordo:-). Giusto per dire che le foto sono state scattate con un I-Phone Se