Stagione che vai lilloves che trovi. O almeno per Alice è così. Causa malattia della pupa mi ero completamente dimenticata dell’uva. Lo so, sono in ritardo, il tempo della vendemmia è bello che passato e pure noi (intendo Mr B e la sottoscritta) abbiamo stappato la nostra bottiglia di novello, sulla quale dovrei soprassedere che qui si parla di pupi:-).
Oggi, nonostante sia lunedì (e io come già sottolineato la penso come cantava qualcuno) è giornata di rinascita. E all’Alice di ritorno dal nido non è mancato l’assaggio di uva e mandarino (sì l’appetito è tornato!).
E siccome pare che l’uva sia uno dei lilloves di questa stagione, bè ho pensato “meglio tardi che mai”.
Da settembre in poi nella nostra cucina è stato un trionfo di nera, bianca, “meglio l’Italia o la pizzuttella” (per l’aliciotta indubbiamente meglio la seconda senza semini e sputacchio), a volte rosè (ma proprio poco), ma di sicuro la regina indiscussa e ormai scomparsa, con grande compianto di pupi, è l’uva fragola. Sono passate settimane da quando la coltivazione casalinga (dei nonni, che il terrazzo non è ancora attrezzato a pergolato) ha messo a disposizione gli ultimi grappoli. Che tristesse!
Perdonate, ma qui giro una domanda che divide Mr B. e la sottoscritta (Alice non conta che fa supergiù come mamma): voi come mangiate l’uva fragola? Lo so è poco elegante, ma io mi ostino a mangiarmi solo la polpa mentre Mr B. deplora. E voi?
Basta divagazioni, torniamo alla bianca e alla nera. Quale preferite?
La bianca è spesso più dolce (e più zuccherina) e morbida al morso, ma in realtà la nera, più pigmentata, vince in quanto a contenuti di antiossidanti (sapete quelli che combattono l’invecchiamento?) e ferro.
Per il resto si equivalgono con il vantaggio di fornire una carica di energia attraverso zuccheri facilmente assimilabili. Ricche come sono di vitamine, potassio e magnesio, acido folico sono da raccomandare al formato bebè, a partire dall’anno in poi (potete anche anticipare al decimo mese badando di togliere semini e pelle esterna).
E le ricette? Da domani in poi, una vicina all’altra le altre ricette, per farmi perdonare della vendemmia tarda, tarda, almeno diamo conto veloci, veloci di quello che abbiamo cucinato.
P.S. Non c’azzecca niente (come diceva mio nonno) ma il titolo, tolta l’uva, si ispira a "Quello che rimane" di Paula Fox, mi è venuto in mente così, il mio umore è ben lungi dall’essere simile a quello della protagonisita (e meno male), ma consiglio il libro:-).
Uva uva… e giuggiole…urrà!!!
Aspetto le ricettine con l’uva come il Natale! (credo di essere rimasta una delle poche che aspetta ancora questa festa come se avesse quattro anni!) Ho già le “pignatte” pronte!
Ah, prima che me ne scordi: non è che conosci qualche ricetta anche con le giuggiole? Fino ad un mese fa io e Leo sembravamo due criceti con le guance piene (quest’anno i due alberi del bisnonno hanno dato il meglio! E io e il pupattolo ci siamo sbizzarriti!) Solo che oltre a riempirci la panza come degli orsi prima del letargo, non so che altro uso culinario farne! Help!
io non vedo
l’ora del Natale, a dir la verità il momento che amo di più è la vigilia, con l’albero alto, alto, il camino acceso e il pensiero alle persone che amo (mi sto lasciando troppo andare, no?). L’anno scorso Mr B. tentò anche il travestimento da babbo natale (che cosa non si fa per i pupi) ma Alice proprio non apprezzò, e lei che non si spaventa mai per nulla che pianto:-)
Le giuggiole: mesi fa ero fuori a cena (anzi ero qui) e sentii dietro di me parlare di giuggiole e di una fantastica marmellata che tutto gli anni veniva fatta, drizzai l’orecchio che per me fino a quel momento era esistito solo il brodo di giuggiole… non mi ci sono mai cimentata perchè le giuggiole non le ho trovate, perché non provi? e poi potresti tirarci fuori una bella crostata, magari insaporendo l’impasto con vaniglia e scorza di limone. Oppure prova coi biscotti, la ricetta potrebbe essere quella dei biscotti alla farina di riso. O ancora, visto che io l’ho appena fatto puoi tentare delle gelatine, che di sicuro il pupo apprezzerà…
Ah, un’ultima idea, e farci una salsina (facendole cuocere con vino, aceto di mele, sale, qualche erba) e accompagnarci dei formaggi??? però dovrei provare:-)
Poi fammi sapere che se trovo le giuggiole tento la tua ricetta:-)
a proposito di uva fragola
Questa è una perla rara.
Viene diretta dalla voce sottile sottile e dalle mani grandi e rugose di mia nonna, un giorno del settembre di nove anni fa. E’ la ricetta di una torta tipica delle mie parti (la trovi a Crema e credo da nessun’altra parte), non sta scritta in nessun manuale e ogni sciura la fa a modo suo. Ma sarà che sono di parte, questa per me è la più buona.
Si chiama Torta Bertolina.
700g di uva fragola (da noi è uva anice, chissà perchè)
400g di farina
mezzo bicchiere di olio di semi
latte q.b.
1+1/2 bustina di lievito
200g zucchero (si può fare anche mooolto meno dolce, ma questa è the original!)
una manciatina di pangrattato
unire farina, olio, 150g di zucchero, lievito. Imparstare con le mani e aggiungere il latte pian pianino fino a che la pasta non diventa morbida e “tiene bene la forma”.
Imburrare una teglia e metterci sopra un po’ di pangrattato, dividere la pasta a metà, metterne una parte nella teglia, metterci sopra l’uva lavata e ancora bagnata cosparsa di 50g di zucchero e appoggiarci sopra la seconda parte di pasta. Infornare a 200° per 15 min, poi abbassare a 180° per 30 min, poi a 150° per 25 min. Lasciare infine raffreddare in forno.
Ecco, io la mangio da che ho memoria e per me questa torta è l’Autunno. Chi la prova la prima volta inveisce contro i semini dell’uva che scrocchiano sotto ai denti, ma al secondo morso..
che bella questa ricetta
è vero sa di autunno, di ricordi, di foglie che scricchiolano sotto i piedi e di profumi semplici e intensi. Un po’ come l’uva fragola, è come se si mangiasse un profumo, un’essenza, capisco l’aliciotta che l’adora:-)
Bè i semini, direi che potrei passarci proprio sopra, di sicuro la provo l’anno prossimo a meno di trovare qualche grappolo superstite.
Dimenticavo grazie per aver condiviso la tua ricetta:-)
a proposito di novello
Capisco che a qualche purista enoico la parola novello provochi una reazione allergica. Ma questo vino giovane allegro e foriero di sensazioni genuine sarà sempre gradito da chi ama la vita e la semplicità. Il tempo per le bevute solenni è solo posticipato nel tempo – va da sè – con la dovuta moderazione
Stefano
c’è chi storce
il naso, ma come dicevi tu il novello (e aggiungo il beaujolais) è tutto nell’attimo, di gioia, condivisione e sapori semplici… è un po’ un inno alla vendemmia e ai suoi primi frutti:-) che per barricati, sforzati o passiti ci sarà poi tempo.
uva fragola o uva americana??
che bello sentir parlare, anzi, leggere, di quest’uva dolcissima e deliziosa che, anche a me, ricorda tanto l’infanzia ed il pergolato dei nonni (paterni)… chissà perchè, però, a casa mia, si è sempre chiamata uva americana… non ne so la ragione – purtroppo i miei nonni non ci sono più da tanti anni, non posso più chiederlo… comunque di pergolati ce n’erano 2, oggi ne resta solo uno – entrambi molto longevi, credo che esistano da quando c’è la casa… tipo 50-60 anni!! e sono resistiti all’inquinamento cittadino (non sto parlando di una casa di campagna, ma di una nel centro di Brescia!). Poi in quella casa ci sono andata ad abitare io con i miei genitori ed ogni fine d’estate c’è sempre stata una quantità di uva incredibile, da regalarne a parenti ed amici, da riempirci cucina&cantina, e ne avanzava ancora per i piccioni che, inesorabilmente, si abbuffavano sulla terrazza! quando poi l’uva non era più freschissima se ne faceva un budino… non saprei darvi la ricetta della nonna (paterna), ma mia mamma – pressata da mio padre, nostalgico della cucina di sua madre – la prepara ancora supperggiù così:
– uva fragola
– fecola
e credo nient’altro!
Si passa l’uva ben lavata con il passaverdure (io ho in mente quello manuale, direttamente dai tempi della nonna!), senza togliere la buccia, tanto quella resta incastrata nell’ attrezzo, come la maggior parte dei semini… se ne scappa qualcuno, pazienza… ve li ritroverete nel pudding! (e per rispondere alla tua question, cara Miralda, noi l’uva la mangiamo con tutta la buccia!). Si fa cuocere a lungo il succo così ottenuto, aggiungendo mano a mano la fecola, quanto basta per raggiungere la consistenza di un budino, sempre rimestando con la frusta, sennò si fanno i grumi! et voilà, le pudding c’est prèt (scusate, ma sulla mia tastiera non c’è l’accento circonflesso 🙂 )… che bontà!
Che bello
questo tuo racconto, adoro quando la cucina respira della storia delle persone. Di sicuro il prossimo autunno proverò questo budino, rispetterò le tue indicazioni, buccia e semini e uva (non si butta niente).
da me abbiamo sempre usato sia uva fragola sia americana, ma senza dubbio amo il nome uva fragola perché in un baleno mi evoca tutto un mondo di profumo e sapore:-)
p.s. il budino d’uva…
… a casa mia si è sempre chiamato “cìgoi” – si legge “sìgoii”, come se ci fosse la dieresi sulla i finale…. ma, anche di questo nome, non chiedetemene la motivazione!!! ciao a tutte le mamme cuoche!
ciao Miralda, ho appena
ciao Miralda, ho appena trovato sul sito di Meringhe – che scrive e si linka qui da te – la ricetta del budino d’uva di cui ti avevo scritto qui tempo fa! mi permetto di linkarti la sua ricetta con il bel racconto:
http://meringheallapanna.blogspot.com/2009/09/sug-dova.html
che bello, mi sono commossa nel ritrovare le tradizioni ed i ricordi delle nonne, anche in altre regioni, in Emilia, come nel Veneto, che mi hanno subito riportato alla mente il mio caro nonno paterno, che non c’è più da tanti anni…
è bellissimo!
ho sentito forte il profumo dell’uva fragola, credo che non potrò non cimentarmi anche io. ti credo, la cucina è ricordo, della nostra di infanzia e di quelli che ci sono cari, un certo signore dopotutto aveva le sue madeleine…
piesse: l’anno scorso in Renon ho assaggiato il mosto, è fantastico!