Oggi che sono di nuovo a casa (ed era anche tempo che ricominciassi a scrivere) già mi è venuto il mal di terra.
Pare che la mia passione per le isole aumenti sempre di più nel corso degli anni. Sarà perché sanno di vento, di sabbia, di mare a vista d’occhio, del fumo bianco dei traghetti e nei casi in cui sono veramente isolette case e persone paiono stare in una manciata.
Niente ricette per oggi, solo appunti sparsi:-), a detta di Mr B. un po’ malinconici e mi sa poco utili per cucinare. Domani passerà.
Ci sono isole che ho visitato e ho amato e dove non sono mai tornata. Perché sono un’irrequieta di natura e il mondo mi pare troppo grande per vederlo in una vita. C’è però un’isola diversa dalle altre, un’isola che sono riuscita a vedere nel pieno della luce estiva e nel silenzio dell’inverno.
Per caso La Maddalena si è legata a noi, tanto che è diventata la nostra isola e con nostra intendo anche per Alice. Che dopotutto qui ci è stata nel pancione, per la sua prima uscita marina ad un mese e poco più e per la sua prima estate in mare con tanto di bagno tra Santa Maria e Budelli. Perché è facile essere presi dal mal di terra a La Maddalena, soprattutto se il maestrale smette di soffiare e il blu non è più solo blu.
Ed io che non amo ritornare, ho apprezzato qui la consolazione di rivedere immutati i luoghi, di scoprire come lo scorrere delle stagioni riesca a far nuovo ogni angolo e come il lento alternarsi dei traghetti dal terrazzo di casa abbia ogni volta la stessa cadenza.
Gli ultimi dieci giorni sono stati la mia fine estate: con una buona dose di gioia, malinconia e indugio sui mesi che hanno iniziato ad essere anni (il Mac alla fine ha fatto più da album dei ricordi che da ufficio ambulante).
Alice che l’anno passato era stata una coatta del marsupio scarrozzata lungo il corso e persino in quella tenuta per gli spostamenti in mare, questa volta ha sgambettato in velocità: che fatica starle dietro tra i viottoli e i palazzi ottocenteschi del centro, tra un castello di sabbia e un tuffo non proprio calibrato dietro a Mr B.
Per molti La Maddalena è una puntata di giornata dal pianeta (e sì perché lì trattasi di un altro pianeta) della Costa Smeralda o l’isola che doveva ospitare il G8 e non l’ha ospitato.
Ci sono luoghi qui che non si possono mancare: dalla spiaggia rosa (che tanto rosa causa troppi turisti non è più) alla casa Bianca dell’eroe dei due mondi al manto della Madonna tra Santa Maria e Budelli, e ci sono luoghi che scopri di volta in volta, di stagione in stagione.
E ti raccontano un’isola diversa ma sempre uguale. La Maddalena parrebbe fatta di poco: mare, vento (per lo più maestrale che ti può far ammattire anche per giorni e giorni), rocce granitiche arrotondate, dalle forme più improbabili che si tingono di un rosso rosato al tramonto, ginepro e mirto e pini marittimi, e poi un paese che non mi piacque per nulla la prima volta che lo intravidi dal traghetto e del quale invece ora mi sono innamorata.
Perché l’isola ha legato per anni il suo destino alla marina (quella italiana con la sua base c’è ancora) e poco si è costruita, abbellita ed edificata per nostra grazia.
Dal traghetto, se vi capita di andarci, date un’occhiata: ci sono palazzi antichi, un po’ sgarrupati, dal fascino lento e dall’anima di paese in bianco e nero o al massimo seppiato. Se poi spingete lo sguardo più in là un porticciolo, quello di cala Gavetta.
Al porticciolo mi sono divertita a venir di prima mattina con Aliciotta ad aspettare l’arrivo dei pescherecci. A quell’ora potete scegliere e decidere da chi acquistare il pesce fresco, fresco. Altrimenti svoltate verso il mercato comunale dove, oltre ai banchi ittici, potete acquistare frutta e verdura tutti i giorni dell’anno.
Io che di solito bandisco la carne appena arrivo al mare, qui accontento Mr B. e, per il piacere della chiacchierata (che sul far della sera si può trasformare in degustazione di salsiccia sarda e pecorino) mi spingo da Cristina, Ferdi e Peppe (non ricordo l’ordine, speriamo sia corretto:-).
Non manca mai l’assaggio di maialetto (che per essere in vacanza non devi far altro che ordinarlo e ritirarlo e, of course, gustartelo a casa), e poi quest’anno, complice Alice, ho persino scoperto il "parasangue" (lo so il nome proprio non promette bene, chiamasi altresì diaframma), debitamente tritato e appiattito ad hamburger per la pupetta che con la carne solitamente è sempre una guerra (e questo spiega la rarità delle ricette a base di carne nel cucchiaino). La sua particolarità?
A detta di del nostro macellaio un contenuto di ferro degno di Braccio (di ferro).
Per colpa del grecale (che ci faceva da questi parte devo ancora capirlo) a cala Coticcio questa volta ci siamo andati a piedi: la passeggiata ve la consiglio, ricordate però che ad un certo punto dovrete girare a sinistra e ci sarà non un cartello, non una roccia con segnaletica ma una freccia di rocce a dirvelo.
Pena perdersi in un labirinto per una buona mezz’ora come è accaduto a noi (e fortuna che l’Aliciotta dormiva). L’oretta di camminata merita la fatica per la spiaggia (lo so tutti dicono che è stupenda ed è vero) ma a mio parere soprattutto per le vedute che si godono dal sentiero.
Così come è mozzafiato la vista dalla strada per arrivare sin qui: superate il passo del Ponte della Moneta, sfrecciate sul viale ombreggiato dai pini marittimi (qui rallentate verso sera che magari vi imbattete in una famiglia di cinghiali) e risalite verso il versante sinistro di Caprera. Da qui lo sguardo spazia su tutto l’arcipelago: Caprera, La Maddalena con testa del Polpo e poi in là Spargi e la Corsica. Spostatevi a La Maddalena e risalite la provinciale da Spalmatore per una ventina di chilometri: rovescerete il vostro panorama e ogni cosa sarà nuova eppure già vista. E nel caso facciate una fermata, a settembre armatevi di guanti e approfittate dei fichi d’india (quello che ci fatto col mio raccolto ve lo racconto domani).
Se invece siete graziati dai venti e siete di quelli a cui viene il mal di terra, potete spingervi nell’arcipelago e spingere la vista fino alle falesie di Bonifacio: noi non abbiamo mai mancato di farlo anche con l’Aliciotta nel pancione e ancora oggi mi chiedo se tanta vivacità non sia dovuta a qualche tuffo di troppo:-).
Tornando verso sera, lasciato il molo, indugiate in centro che qui la passeggiata sul corso è un rito così bello la sera. L’aperitivo poco milanese e molto maddalenino si consuma da Liò, dove chi arriva per primo conquista lo sgabello e capichera, cannonau e pesciolini fritti sono serviti sul davanzale con tende a scacchi rossi e bianchi. Per noi prima del rientro un’ultima tappa cui proprio non so resistere: i dolcetti a fichi e mirto di Abat Jour.
Nel caso in cui ci arrivate d’inverno? Bè incrociate le dita per il vento, e se soffia, ma non troppo, puntate a baia Trinità come abbiamo fatto noi quasi due anni fa: l’Aliciotta formato un mese e un pezzo, infagottata nel piumino, si è bagnata giusto la punta del naso con l’acqua salmastra, mentre la sottoscritta non sapeva che il tempo a volte passa troppo in fretta. La mia fine estate col mare d’inverno sa proprio di sale, di vento e di una pupa che pare ormai una bambina:-).
P.S. Se volete saperne di più dell’arcipelago avete diverse possibilità. Siti tra i quali www.isolano.it (c’è veramente di tutto), libri come "Itinerari" di Presutti e Doneddu, Paolo Sorba Editore e "Arcipelago La Maddalena" di Folco Quilici e Luca Tamagnini, Editore Photoatlante; oppure incamminatevi per il centro e afidatevi a qualche maddalenino, come il signor Vincenzo incappato in Alice una sera d’estate.
meraviglioso
il tuo racconto ed il luoghi di cui parli! senz’altro quando programmeremo una “escapade” – come si dice en France, che noi amiamo tanto – in terra sarda, punteremo al nord (+ comodo da raggiungere dal nord del continente) e seguiremo il tuo bell’itinerario… pare proprio di essere lì ad inebriarsi di spruzzi salmastri e di profumo di mirto! grazie per le belle sensazioni che mi regali con i tuoi racconti di viaggio!