Di vento, di mare e mal di terra


Oggi che sono di nuovo a casa (ed era anche tempo che ricominciassi a scrivere) già mi è venuto il mal di terra.
Pare che la mia passione per le isole  aumenti sempre di più nel corso degli anni. Sarà perché sanno di vento, di sabbia, di mare a vista d’occhio, del fumo bianco dei traghetti e nei casi in cui sono veramente isolette case e persone paiono stare in una manciata.

Niente ricette per oggi, solo appunti sparsi:-), a detta di Mr B. un po’ malinconici e mi sa poco utili per cucinare. Domani passerà.
Ci sono isole che ho visitato e ho amato e dove non sono mai tornata. Perché sono un’irrequieta di natura e il mondo mi pare troppo grande per vederlo in una vita. C’è però un’isola diversa dalle altre, un’isola che sono riuscita a vedere nel pieno della luce estiva e nel silenzio dell’inverno.
Per caso La Maddalena si è legata a noi, tanto che è diventata la nostra isola e con nostra intendo anche per Alice. Che dopotutto qui ci è stata nel pancione, per la sua prima uscita marina ad un mese e poco più e per la sua prima estate in mare con tanto di bagno tra Santa Maria e Budelli. Perché è facile essere presi dal mal di terra a La Maddalena, soprattutto se il maestrale smette di soffiare e il blu non è più solo blu.


Ed io che non amo ritornare, ho apprezzato qui la consolazione di rivedere immutati i luoghi, di scoprire come lo scorrere delle stagioni riesca a far nuovo ogni angolo e come il lento alternarsi dei traghetti dal terrazzo di casa abbia ogni volta la stessa cadenza.

 
Gli ultimi dieci giorni sono stati la mia fine estate: con una buona dose di gioia, malinconia e indugio sui mesi che hanno iniziato ad essere anni (il Mac alla fine ha fatto più da album dei ricordi che da ufficio ambulante).
Alice che l’anno passato era stata una coatta del marsupio scarrozzata lungo il corso e persino in quella tenuta per gli spostamenti in mare, questa volta ha sgambettato in velocità: che fatica starle dietro tra i viottoli e i palazzi ottocenteschi del centro, tra un castello di sabbia e un tuffo non proprio calibrato dietro a Mr B.

Per molti La Maddalena è una puntata di giornata dal pianeta (e sì perché lì trattasi di un altro pianeta) della Costa Smeralda o l’isola che doveva ospitare il G8 e non l’ha ospitato.
Ci sono luoghi qui che non si possono mancare: dalla spiaggia rosa (che tanto rosa causa troppi turisti non è più) alla casa Bianca dell’eroe dei due mondi al manto della Madonna tra Santa Maria e Budelli, e ci sono luoghi che scopri di volta in volta, di stagione in stagione.
E ti raccontano un’isola diversa ma sempre uguale. La Maddalena parrebbe fatta di poco: mare, vento (per lo più maestrale che ti può far ammattire anche per giorni e giorni), rocce granitiche arrotondate, dalle forme più improbabili che si tingono di un rosso rosato al tramonto, ginepro e mirto e pini marittimi, e poi un paese che non mi piacque per nulla la prima volta che lo intravidi dal traghetto e del quale invece ora mi sono innamorata. 

Perché l’isola ha legato per anni il suo destino alla marina (quella italiana con la sua base c’è ancora) e poco si è costruita, abbellita ed edificata per nostra grazia.
Dal traghetto, se vi capita di andarci, date un’occhiata: ci sono palazzi antichi, un po’ sgarrupati, dal fascino lento e dall’anima di paese in bianco e nero o al massimo seppiato. Se poi spingete lo sguardo più in là un porticciolo, quello di cala Gavetta.


Al porticciolo  mi sono divertita a venir di prima mattina con Aliciotta ad aspettare l’arrivo dei pescherecci. A quell’ora potete scegliere e decidere da chi acquistare il pesce fresco, fresco. Altrimenti svoltate verso il mercato comunale dove, oltre ai banchi ittici, potete acquistare frutta e verdura tutti i giorni dell’anno.

Io che di solito bandisco la carne appena arrivo al mare, qui accontento Mr B. e, per il piacere della chiacchierata (che sul far della sera si può trasformare in degustazione di salsiccia sarda e pecorino) mi spingo da Cristina, Ferdi e Peppe (non ricordo l’ordine, speriamo sia corretto:-).
Non manca mai l’assaggio di maialetto (che per essere in vacanza non devi far altro che ordinarlo e ritirarlo e, of course, gustartelo a casa), e poi quest’anno, complice Alice, ho persino scoperto il "parasangue" (lo so il nome proprio non promette bene, chiamasi altresì diaframma), debitamente tritato e appiattito ad hamburger per la pupetta che con la carne solitamente è sempre una guerra (e questo spiega la rarità delle ricette a base di carne nel cucchiaino). La sua particolarità?
A detta di del nostro macellaio un contenuto di ferro degno di Braccio (di ferro)
.


Per colpa del grecale (che ci faceva da questi parte devo ancora capirlo) a cala Coticcio questa volta ci siamo andati a piedi: la passeggiata ve la consiglio, ricordate però che ad un certo punto dovrete girare a sinistra e ci sarà non un cartello, non una roccia con segnaletica ma una freccia di rocce a dirvelo.
Pena perdersi in un labirinto per una buona mezz’ora come è accaduto a noi (e fortuna che l’Aliciotta dormiva). L’oretta di camminata merita la fatica per la spiaggia (lo so tutti dicono che è stupenda ed è vero) ma a mio parere soprattutto per le vedute che si godono dal sentiero. 
Così come è mozzafiato la vista dalla strada per arrivare sin qui: superate il passo del Ponte della Moneta, sfrecciate sul viale ombreggiato dai pini marittimi (qui rallentate verso sera che magari vi imbattete in una famiglia di cinghiali) e risalite verso il versante sinistro di Caprera. Da qui lo sguardo spazia su tutto l’arcipelago: Caprera, La Maddalena con testa del Polpo e poi in là Spargi e la Corsica. Spostatevi a La Maddalena e risalite la provinciale da Spalmatore per una ventina di chilometri: rovescerete il vostro panorama e ogni cosa sarà nuova eppure già vista. E nel caso facciate una fermata, a settembre armatevi di guanti e approfittate dei fichi d’india (quello che ci fatto col mio raccolto ve lo racconto domani).

Se invece siete graziati dai venti e siete di quelli a cui viene il mal di terra, potete spingervi nell’arcipelago e spingere la vista fino alle falesie di Bonifacio: noi non abbiamo mai mancato di farlo anche con l’Aliciotta nel pancione e ancora oggi mi chiedo se tanta vivacità non sia dovuta a qualche tuffo di troppo:-).

Tornando verso sera, lasciato il molo, indugiate in centro che qui la passeggiata sul corso è un rito così bello la sera. L’aperitivo poco milanese e molto maddalenino si consuma da Liò, dove chi arriva per primo conquista lo sgabello e capichera, cannonau e pesciolini fritti sono serviti sul davanzale con tende a scacchi rossi e bianchi. Per noi prima del rientro un’ultima tappa cui proprio non so resistere: i dolcetti a fichi e mirto di Abat Jour.

 Nel caso in cui ci arrivate d’inverno? Bè incrociate le dita per il vento, e se soffia, ma non troppo, puntate a baia Trinità come abbiamo fatto noi quasi due anni fa: l’Aliciotta formato un mese e un pezzo, infagottata nel piumino, si è bagnata giusto la punta del naso con l’acqua salmastra, mentre la sottoscritta non sapeva che il tempo a volte passa troppo in fretta. La mia fine estate col mare d’inverno sa proprio di sale, di vento e di una pupa che pare ormai una bambina:-).

P.S. Se volete saperne di più dell’arcipelago avete diverse possibilità. Siti tra i quali www.isolano.it (c’è veramente di tutto), libri come "Itinerari" di Presutti e Doneddu, Paolo Sorba Editore e "Arcipelago La Maddalena" di Folco Quilici e Luca Tamagnini, Editore Photoatlante; oppure incamminatevi per il centro e afidatevi a qualche maddalenino, come il signor Vincenzo incappato in Alice una sera d’estate.

 

Pappa pool (dopotutto è ancora estate)


Chissà perché il primo giorno di settembre ha per me il sapore della fine delle vacanze, delle foglie secche, secche, dell’odore di caldarroste e della scuola (soprattutto il pensiero “o mio dio, sono passati tre mesi e i compiti devo ancora finirli:-).
E’ proprio vero che certe sensazioni legate all’infanzia perdurano anche quando all’anagrafe hai passato i trenta, hai già una pupa all’attivo, l’unico a chiamarti ancora “signorina” vive con te e le ferie ti capita di farle magari anche a settembre (lo so, mi state invidiando, ma ricordate che questo è stato in città l’agosto più maledettamente afoso che io ricordi).
Ecco perché ho deciso di andare al contrario o meglio di compiacere la realtà. E se per i ricordi settembre è proprio proprio “Autumn leaves” (avete presente la malinconia di Nat Cole, ma lo sapevate che le parole sono di Prevert?), visto che da domani Mr B., Aliciotta ed io siamo al mare, la pappa l’ho mandata in piscina. O meglio le pappe, proprio pappe, perché si parla di bebè sotto l’anno.
Il cucchiaino ha votato per lo stile libero a rimbalzo, nel senso che abbandonati braccioli e paperella si è divertito a saltellare fra le vasche. Merito della fantasia di Miss Cia.

Prendiamo tre colori, verde zucchina, arancio carota (mi raccomando quelle piccole, irregolari, un po’ bruttine con tutto il verde in testa) e bianco patata novella (adoro le patate novelle piccole, dalla buccia sottile, di stagione):separiamole, uniamole e arricchiamole.

pesce e carne per il pranzo, formaggio per la sera in versione light per il pupo (chissà mai che per pochi eletti concili il sonno).

Le ricette sono di quelle semplici, semplici, niente di nuovo sul fronte cucchiaino:-).
Io mi sono solo divertita a metterli in fila come soldatini tutti ‘sti papponi e visto che infilarli nel piattino ci pareva poco divertente (perdonate quindi la divagazione poco didascalica, magari fra un po’ riprendiamo le fila e li fotografiamo).
Per il momento, meglio assecondare i prossimi venti giorni di settembre, che dopotutto è ancora estate (ma ci avevate mai pensato?).

 

Arancione carioca, ops tapioca

6 mesi
2 carotine
semi di finocchio
30-40 gr di mais e tapioca
1 cucchiaino di olio EVO
1 cucchiaino di parmigiano reggiano
 

Lessare le carote in acqua minerale con i semi di finocchio. A fine cottura eliminare i semi, passare le carote, aggiungere a pioggia mais e tapioca. Condire con olio e parmigiano e servire.

 

Pappa: tre cerchi e pallina

7 mesi
1 zucchina
1 carotina
1 patata
30 gr di ricotta
1 cucchiaino di parmigiano reggiano
olio EVO
acqua oligominerale
 

Lessate le verdure (debitamente pulite, ca va sans dire) in acqua oligominerale.

Una volta cotte prendete una verdura alla volta: frullatela con parte del brodo (un paio di cucchiai) e un cucchiaino di olio EVO. In un piatto disponete i tre composti uno alla volta in tre cerchi concentrici. Lavorate la ricotta con il parmigiano: formate una sorta di pallina da golf dalle dimensioni ridotte e tuffatela nel bel mezzo dei tre cerchi. Servite.

Saraceno alla crescenza 

7 mesi
1 carotina
1 spicchio di mela granny
30 gr di crema di grano saraceno
20 gr di crescenza
1 cucchiaino di olio EVO
 
Lessare carota e mela. Passare al mixer e aggiungere a pioggia la crema di grano saraceno. Mantecare con la crescenza e l’olio d’oliva. Servire.
 

Bianco semolino con tortino

8 mesi
1 patata
40 gr di semolino
40 gr di sogliola o platessa
olio EVO
1 foglia di alloro
 

Lessare la patata in acqua minerale. Nel frattempo cuocere al vapore il filetto di pesce (mettere nell’acqua di cottura una foglia di alloro per profumare).

Frullare la patata con un cucchiaino di olio, parte del brodo e il pesce formando una sorta di tortino (in alternativa frullare solo la patata e schiacciare il pesce con la forchetta). Nel restante brodo aggiungere il semolino a pioggia, mescolare e cuocere per qualche minuto. Servire la pappa di semolino con il tortino.

 

Vellutata bella estate

9 mesi

1 zucchina
2 foglie di basilico
2 cucchiaini di olio EVO

1 cucchiaino di parmigiano reggiano
20 gr di mozzarella fiordilatte 

Lessare la zucchina, freddarla sotto acqua fredda. Passarla con olio, parmigiano e foglia di basilico. Servire il passato tiepido con la mozzarella sfilacciata.

 

Polpette verdi

9 mesi
1 zucchina
½ patata
30 gr di petto di pollo
1 cucchiaio di pangrattato
mazzetto d’erbe (salvia, rosmarino, etc…)
 

Cuocere zucchina, patata e pollo al vapore: nell’acqua mettete le erbe. Una volta pronte passate tutto al mixer con uno o due cucchiai del brodo di cottura. Aggiungete il pangrattato e formate delle polpette. Riprendete il cestello a vapore e rimettete sul fuoco per una decina di minuti.

 

Crema di riso pink&green

9 mesi
1 zucchina
2 foglie di lattuga
1 cucchiaino di olio EVO
30 gr di crema di riso
30 gr di prosciutto cotto
 

Lessare zucchina e lattuga. Passare tutto al mixer con un cucchiaino di olio, lasciando da parte un bicchierino di brodo: aggiungere a pioggia la crema di riso. Tritare il prosciutto con un paio di cucchiai di brodo. Servire la crema di riso strisciando con il composto di prosciutto. 

 

Timballino di finto bacallà

9 mesi
1 zucchina
30 gr di pasta formato baby
30 gr di nasello
1 cucchiaino di olio EVO
 
Lessare la zucchina, cuocere il nasello al mixer e quando cotti passarli al mixer e cuocere nell’acqua la pasta. Scolare la pasta, condirla con un cucchiaino di olio e il composto di zucchina e nasello. Mettere su un piattino formando un timballino (aiutati con le mani o con una forma a cerchio riempita di pasta).

 

Pastina rinforzata a schizzi

10 mesi
1 carota piccola
1 patata piccola
30 gr di tempestina
1/2 tuorlo d’uovo
erba cipollina (fresca (1 cucchiaino)
1 cucchiaino di parmigiano reggiano
 

Lessare patata e carota in acqua minerale con l’erba cipollina (che poi potete eliminare). Una volta cotte schiacciare con la forchetta a pezzetti piccoli. Aggiungere la tempestina. Sbattere il tuorlo d’uovo, usarne solo la metà aggiungendone nel brodo con la forchetta (come se steste schizzando qualcuno:-). Fate cuocere, condite con parmigiano e servite 

Risottino del piccolo vegan

10 mesi
30 gr di riso baby
1 zucchina
1 carotina
40 gr di tofu
olio EVO
1 foglia di basilico
Brodo vegetale
 

Taglia carota e zucchina a pezzettini (in alternativa poi lessarle, passarle e aggiungerle a metà cottura al riso). Mettile in padella con 1 cucchiaino di olio EVO e il riso. Mescola e allunga con brodo vegetale. Aggiungi a metà cottura il tofu a pezzettini. Profuma con una foglia di basilico e servi.

 

Millefoglie al vapore

11 mesi
1 zucchina
1 patata
1 filetto di sogliola a pezzetti
mazzetto aromatico
olio EVO

Scottare zucchina e patata. Affettarle sottili, sottili. Disporre nel cestello al vapore uno strato di zucchina/patata e uno di pesce, continuare per due o tre strati. Cuocere nel cestello (mettete nell’acqua il mazzetto di erbe) per dieci minuti, servire.

Se il fico galleggia sulla ninfea


Cosa succede se in una domenica di agosto il gelato al fico galleggia su foglia di ninfea? Idea assurda, un po’ irriverente, che ho suggerito alla mano di Miss Cia. Perché volevo parlare di un gelato al fico (senza dosi né ricetta che in cucina si sono messi Mr B. e Alice) e di ninfee, o meglio delle ninfee ammirate a Palazzo Reale. Come dire di necessità virtù:-).
E dato che domani è ancora agosto, e forse Milano non è ancora Milano (caotica, affollata, senza parcheggi), forse la capatina in centro può ancora avere un senso.

Mr B., Alice e la sottoscritta si sono cimentati domenica scorsa con partenza tarda, tarda (è nel nostro DNA, purtroppo) perché dopo una colazione lenta, lenta, ci si sono messi di mezzo un chilo circa di fichi piccoli, verdi e dolci.
Io ho scelto di fotografarli, Mr B e Alice hanno voluto produrre il loro gelato. Che era buono e leggero, visto che senza alcuna ricetta ci hanno messo solo fichi, zucchero (poco, poco che la mamma conta ancora un po’), due cucchiai di miele al limone e un cucchiaio di succo di limone. Peccato che tendeva ad essere più un sorbetto che un gelato e la tenuta non era delle migliori (l’ho sperimentato quando ho cercato di tirarne fuori una foto).
 
Mentre il sorbetto (o gelato) riposavano in freezer, per la seconda volta ci siamo avventurati ad una mostra con la pupa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La prima volta non conta, che fu oltre un anno fa alla Triennale con Alice debitamente sedata dal marsupio (che bei tempi:-) e genitori in visita tranquilla. 
La prima vera prova (per noi, intendo) è stata qualche mese fa, sempre a Palazzo Reale a vedere Magritte (avete presente C’est ne pas une pipe?  il mio preferito però rimane L’impero della luce): inizio brillante, curiosità e spiegazioni per la piccoletta, con “vedi che dopotutto” e poi il caos.
In realtà quella volta fummo fortunati: ci salvò la nanna:-).
E poi ci è stato Monet, senza la grazia.
Inizio brillante, che vedere l’Aliciotta consegnare il biglietto all’omino che sta all’ingresso dà soddisfazione, curiosità per le acque di Giverny (no cara, non è mare, non è lago, è uno stagno), il caos. La salvezza è stata solo per la sottoscritta, perché ho scoperto di aver sposato un CGD (ossia un Caregiver Daddies) come ho letto qui .
In altre parole Mr B. ha fatto da baby sitter mentre io ho potuto intrattenermi con Baricco (in audioguida). A proposito al bookshop ho scoperto un libricino dedicato da Proust ai pittori, una sorta di sua lettura di Monet, Rembrandt & co. Se non conoscete questo aspetto dell’autore della Recherche ve lo consiglio.
Se avete un bimbo relax (in mostra ne ho visti di bebè piacevolmente intrattenuti in un passeggino, mentre il nostro giaceva all’ingresso snobbato dalla proprietaria) oppure se al vostro fianco c’è un CGD vi consiglio un giro in mostra, anche se fate spallucce e le ninfee le avete già viste a Parigi:-).
Le ninfee di Giverny , ripetute e ripetute fino all’ossessione da Monet (non en plein d’air come magari viene naturale pensare) per “arrivare a dipingere il niente” si intrecciano in mostra all’arte giapponese (amata da Monet) in 50 stampe di Hokusai (avete mai visto La grande onda?) e Hiroshige.
 
E se il vostro bebè si è addormentato, o fondamentalmente è uno che guarda ma non tocca (o non finge di osservare per poi toccare come la mano più veloce di casa mia) fate una capatina in Rinascente al – 1, soprattutto per i patiti del design, come la sottoscritta.

Noi ci siamo avventurati e sempre coadiuvata dal mio CGD sono riuscita anche a fare un acquisto:-) al Design supermarket. In caso di fame invece salite al + 8 e godetevi la vista sopra il Duomo ad altezza Madonnina.


 
E i fichi? Io avendone quantità abbondanti grazie alle coltivazioni casalinghe in questi giorni li ho preparati anche in versione salata.
Mi sono divertita a metterli sulla pizza focacciata: dopotutto ho sempre una nonna romana e niente è meglio di “pizza e fichi” no?.
Ho preso ispirazione dal Gambero Rosso e li ho passati in padella con scalogno, aceto balsamico e prosciutto di Parma condendoci le linguine (con grattata finale di parmigiano!). Ho fatto dei triangoli di pasta sfoglia, li ho spennellati con una salsa senapata ai fichi (acquistata al + 8), ho messo al centro un fico pulito con del pecorino, richiuso e passato in forno a 175° per 25 minuti.

Tutte idee in versione mamma e papà. Per il gelato vi lascio la ricetta dosata e rivisitata di Mr B.& Alice, formato bebè 12-18 mesi.
 

Ingredienti

700 gr di fichi puliti
75 gr  di zucchero e 3 cucchiai di miele al limone diluito in acqua (o 50 gr di zucchero invertito o glucosio-fruttosio per mantecare meglio, leggi qui)
1 cucchiaio di succo di limone

Procedimento

Passa al mixer i fichi con zucchero/miele o zucchero inverito e il succo di limone. Metti il composto in gelatiera o come me in ciotola refrigerante Mr K.Aid.

 

 

La pesca in gelatina


Affondate il cucchiaino, ascoltate il profumo, sentite il sapore e capirete il frutto. E’ il segreto della gelatina.
Ammetto che non sono mai stata una fan di quei composti mollicci e insapori che racchiudono patè&Co.
Fino a quando, dopo i ghiaccioli (vi ricordate i fruttini on ice), mi sono data alle gelatine.
Complice una quantità considerevole di agar agar, in grado di gelatificare qualsiasi riduzione, sciroppo, bavarese o budino che sia nel giro di due ore (ci vuol pazienza ma fidatevi, funziona).

E’ stato così che nelle ultime settimane quello che non finiva in ciotola refrigerante (sì, sì, ciotola che la nostra non è una lady gelatiera) si trasformava in gelatina.
Veloce, pratica, colorata e divertente: vuoi mettere tutti quei bicchierini colorati da osservare in trasparenza?. Mi ricordano i jelly inglesi, che sbatti di qua, sbatti di là non si rompevano e dai colori così improbabili che mi sono sempre chiesta con che diavolerie facessero il verde marziano (e voi?).

Dopo la gelatina alla zucchina, quella al pomodoro, al melone e all’albicocca l’altro giorno è arrivata la pesca. Perché quest’estate di pesche, pesche non è trovate molte. Ieri giravo in bicicletta con l’Aliciotta tra le poche bancarelle superstiti di agosto al mercato di zona (altrimenti col cavole che potevo procedere in sella) ho adocchiato delle pesche mentre cercavo l’uva (è l’ultima passione di Alice).
Ne ho comprate tre, che con i soldi contati in tasca non ce ne venivano di più (mi dimentico sempre di rimpinguare il mio borsellino per la disperazione di Mr B.).

A casa non ho resistito: ho assaggiato uno spicchio, anzi mezzo, perché l’altro è stato preteso dalla pupa.
Sbucciate le altre, passate al mixer e poi al colino, mescolato e riscaldato solo con l’agar agar (ma se volete potete aggiungerci uno o due cucchiai di acqua o di succo, ad esempio di sambuco), ho ottenuto la gelatina per la merenda del pomeriggio. E per aggiungervi una nota fragrante e croccantosa ho frullato fiocchi di avena, un paio di biscotti ai cereali, una manciata di mandorle, scorza di limone e un pizzico di estratto di vaniglia naturale.

Il formato bebè? Almeno 12 mesi. Le sue proprietà? Fibre, tanta acqua, potassio e vitamina A, oltre ad un profumo che ha l’estate dentro.
Divertitevi a sostituire il tipo di frutta a seconda del calendario di svezzamento. Esempi? Aranciomelone, candido pescabianca con tocco al lampone, verde kiwi.


Vi lascio gli ingredienti, in quantità per tre.

3 pesche
2 cucchiaini di agar agar
2 cucchiai di fiocchi di avena
tre biscotti ai cereali
una manciata di mandorle
1 goccio di estratto di vaniglia naturale
scorza di limone

Del Crotto, della mattonella e dei mirtilli

 


Il titolo è di quelli didascalici, che più didascalici non si può. Ci sono i fatti, i tempi e gli ingredienti. Non si tratta solo di una ricetta, non è propriamente un viaggio (a meno che una fuga dal caldo di fine giornata non possa essere archiviata come tale), non è cosa tutta mia. Che al crotto mi hanno aiutato:-)

Qualche giorno fa, quando l’afa aveva spazzato via qualsiasi alito di aria potesse esistere, Mr B. è venuto in soccorso delle sue donne a ridosso della cena. E io come al solito ci ho messo del mio, cambiando il suo itinerario iniziale e finendo a Bologna. Sì Bologna, frazione di Perledo, 800 metri di salvezza e aria fresca (bè freschina): poche case, il circolo bolognese col gran vociare della partita a scopa, una piazzetta minuscola dalla quale godere uno dei panorami più belli sul lago di Lecco, da Varenna in giù. E un crotto, quello del Meo, dove sedersi su una panca di pietra e gustarsi finalmente una cena senza gocciolare. 

 

 

 


Per chi non lo sapesse i crotti sono qualcosa in più rispetto ad una comune cantina, che qui la temperatura si mantiene tra i 4° e gli 8° grazie ad uno spiraglio naturale tra le rocce da cui spira l’aria. In Valtellina (a Chiavenna) sono di origine naturale, in altri casi, come al Crotto del Meo, vengono scavati. Ed è così che vini, acqua, bresaole, salami e formaggi finiscono al fresco, in cantina:-)

Per quello che riguarda la cucina il crotto del Meo è stato una scoperta: non mi aspettavo di mangiare hummus, tatzichi (per altro deliziosi) e chutney di cipolla e uvetta nei luoghi di polenta taragna e lavarelli.
E l’Aliciotta, in serata da strappo alle regole, ha assaggiato e pasticciato dai nostri piatti prima di darsi alla fuga tra scala e prato.

Di quello che si stende ai piedi di Bologna non posso dire granché, perché Mr B. è arrivato presto dal "lavooroo" (versione Alice), ma non così presto per una capatina a Varenna, dove la passeggiata pied dans l’eau vale da sola la visita ( e credetemi è facile capire da Tramaglino&Mondella a Clooney&Canalis perché certi amori nascono qui).
Dal semifreddo al sambuco assaggiato al Meo e dalle chiacchiere scambiate con uno dei due proprietari (a proposito grazie per il mini tour al crotto) mi è venuta l’ispirazione per il dolce creato poi a casa. 


Ho voluto rifare qualcosa di simile, aggiungendoci di mio i mirtilli (arrivati coi nonni dall’Alto Adige) ed eliminando gli albumi, che credo proprio ci fossero nel dolce del Meo, più soffice rispetto al mio:-).

Volendo realizzare un dolce formato aliciotta ho preferito lasciar perdere le uova a crudo e utilizzare l’agar agar (che potevo sciogliere con lo sciroppo di sambuco). 

Un’alternativa, la proverò al prossimo semifreddo, è quella di pastorizzare le uova (montare le uova aggiungendo acqua e zucchero bollenti) o semplicemente preparare una crema inglese da unire alla panna montata.
Per il formato bebè, tenete conto che i mirtilli andrebbero introdotti verso i due anni (Alice ha fatto il solito strappo alla regola ma pare non soffra di nessuna allergia ai frutti rossi, considerando la quantità divorata).

Ingredienti (per 6)

200 ml di panna fresca
1 cucchiaio di zucchero e 1 di miele al limone
1 bicchierino di sciroppo al sambuco
1 bicchierino di acqua
2 cucchiaini di agar agar
100 gr di mirtilli

 

Procedimento

Unire agar agar, sambuco, acqua, zucchero e miele: riscaldare e mescolare fino a quando l’agar si scioglie. Spegnere e lasciar raffreddare. Montate la panna (mi raccomando fredda, fredda)  e aggiungere poco alla volta il composto preparato. Unire anche i mirtilli. Prendere degli stampini in silicone e riempirli con la base di semifreddo. Lasciar riposare in freezer per almeno due ore.