La zuppa di cipolle al cucchiaino

zuppa cipolle dolci

Ci sono giornate che sanno già di primavera. E’ periodo di attesa, piante, cielo, animali e persone pronti a risvegliarsi. E’ periodo di passaggio, con quei campi che sussurrano il 21 che sta arrivando. L’inverno però è ancora qui. Le montagne in lontananza, da noi, sono imbiancate, anche le cime più vicine.E la sera, soprattutto per chi come noi è stato malato a turno, ti mette ancora una voglia di coccole, di un piatto caldo che riconcili con la giornata. Come zuppa di cipolle.

Non ho mai presentato una delle nostre zuppe preferite. E dico nostre che non l’avrei mai immaginato, seduta anni fa in un bistrot parigino, che la zuppa di cipolle dolci potesse diventare un piatto del cuore anche per i bambini. Però così è stato. Sarà per via delle cipolle, appunto così dolci e francesi, sarà per via di quel profumo alla cannella che ci aggiungo io, sarà per via del cucchiaino di pane da intingolare e sgranocchiare.

Tutto è nato l’anno passato quando ci siamo trasferiti nella casa nuova. Il fruttivendolo vicino aveva delle cassette di cipolle francesi in bella vista. Non ho resistito e più e più volte ho proposto la zuppa durante lo scorso inverno. L’abitudine è continuata in questi mesi, utilizzando anche le cipolele dorate italiane. Importante è che siano dolci e saporite.

Tempo fa poi avevo visto la foto di una ricetta di Cuoca Mattarella (che nulla c’azzecca con questa:-)) dove però aveva usato lo stampo a cucchiaino. Bene , detto fatto. E finalmente in possesso dello stampo ho creato i cucchiaini di pane, alle noci, per la zuppa.

Dopo due settimane di raffreddore e stato da ammalata nel weekend (sì, stranezze che nel corso della settimana resuscito e lavoro, e al sabato ricado ko) questa zuppa è quello che ci voleva.

Marzo intanto è iniziato, non vedo l’ora che sia il 21, che per me è sempre una data magica, e intanto corro. Tra le cose belle, c’è da star bene perché fra due settimane abbiamo un’intera settimana in montagna (crossing le fingeres:-)) e da chiudere i miei tre libri che vanno in ristampa con qualche piccola novità (stay tuned!).

Intanto la ricetta. Sul brodo da utilizzare io alterno brodo di pollo e brodo vegetale, devo dire che ultimamente preferisco la versione più leggera con brodo di verdure, vedete voi!

 

Ingredienti

  • 1 kg di cipolle dolci
  • un pizzico di cannella
  • 1 chiodo di garofano
  • 1 cucchiaio di olio EVO
  • 1 tocchetto di burro
  • 1 cucchiaio di maizena
  • brodo di pollo o vegetale
  • sale
  • gruviera o emmental

Per i cucchiaini

  • 400 g di farina forte (o manitoba)
  • 100 g di farina di castagne (o farro)
  • lievito madre essiccato
  • sale
  • zucchero
  • acqua
  • noci

 

Procedimento

Pulite le cipolle e affettatele finemente (per evitare di piangere come non ci fosse un domani, passate le cipolle tagliate a metà sotto acqua fredda, dovrebbe funzionare!).  Fate stufare dolcemente le cipolle con un cucchiaio di olio e il tocchetto di burro, aggiungete n pizzico di cannella e il chiodo di garofano (che poi eliminerete): coprite e lasciate che si ammorbiscano per buoni venti minuti, facendo attenzione che rimangano dorate.

Quindi aggiungete un cucchiaio abbondante di maizena, stemperate per bene e versate il brodo (circa un litro). Fate cuocere per altri 30 minuti. Aggiustate di sale.

Per i cucchiaini: mescolate le farine con il lievito, aggiungete un cucchiaino di zucchero e  l’acqua tiepida (circa 300 ml). Sciolgiete il sale, un cucchiaio da cucina, in due dita di acqua calda. Versate anche quello. Impastate, se necessario unite altra acqua. Aggiungete anche le noci sbriciolate. Dovete lavorare l’impasto fino a ottenere una palla morbida ma compatta che metterete a lievitare in un luogo caldo (circa 30°) per un paio d’ore.

Riprendete l’impasto, ricavate piccole porzioni e stendetele in quadrati alti un buon centimetro. Ritagliate i cucchiaini (o un’altra forma che vi piace).

Spennellateli con poco olio o latte e lasciate lievitare per 30 minuti. Infornate a 190° per 20 minuti circa.

Servite la zuppa ben calda con dell’emmental grattugiato e il cucchiaino di pane. Bon appétit!

 

 

 

Waffel, gaufre o waffle: è Carnevale!

waffel apertura

Ne sono sempre stata affascinata. Credo sia dovuto alla frequentazione dei paesi nordici: solitamente in inverno, solitamente a ridosso di Natale se si escludono i periodi delle vacanze studio. E quel profumo che si perde nell’aria catturandoti come un cane segugio (almeno nel mio caso) ha una presa che niente al confronto o quasi. Per me sono meglio delle frittelle, quelle che si consumano per strada. E per anni ho inseguito la possibilità di farmele home made, tutte quelle volte che avevo voglia di Nord, di qualcosa di morbido e soprattutto veloce. Poi è arrivata lei. La cialdiera. Infilata tra parentesi fra un acquisto e l’altro. Bene, è stato amore anche per i pupi (prima Alice e Lea, ormai anche Edo). Gaufre, waffle, nido d’ape, ma per me soprattutto waffel, alla tedesca.

 

La ricetta ha diversi millenni, pare che le prime cialde siano nientemeno da far risalire all’Antica Grecia, per poi perdersi nel Medioevo fino ad arrivare dall’Olanda e dal Belgio tramite i Padri Pellegrini nelle Americhe.

Li ho fatti e rifatti spesso, io ma anche Lui. L’altro giorno ho pensato, fra le nebbie dell’influenza che mi ha costretto per due domeniche a letto, dopo l’interludio lavorativo settimanale, che forse valeva la pena farne un post. Perché, ecco, magari voi la cialdiera non l’avete. Credo però che al di là che si possano fare in padella (ma non è la stessa cosa) sia un investimento minimo per grandi imprese (le più economiche si aggirano sotto i 20 euriii, questa non è pubblicità, ovvio, ehh).

Ho sperimentato diverse ricette. Lo sapete, non sono una purista su certe cose e mi dò facilmente alle versioni eretiche. Ho iniziato con la ricetta classica, con uova separate, zucchero, farina, burro tanto etc… Fino ad arrivare a versioni più leggere, senza glutine, senza burro e… salate, da accompagnare come simil crostoni di pane a vellutate e zuppe.

Lo so, sarete tutti presi con chiacchiere e bugie, però potete darvi anche ai waffel. Perché sì nei paesi del Nord si usa cucinarli e consumarli proprio per il Martedì Grasso di Carnevale.

Quindi Waffel per tutti:-)

piesse: piccolo cambiamento di header. Miss Cia ha disegnato e reinventato una vsete nuova, nuova.

 

Di seguito la ricetta dei waffel dolci (che potete volendo variare diminuendo la farina e aggiungendo cacao amaro, farina di mandorle o cocco) e poi quella salata con vellutata al seguito.

 

 

Ingredienti (per 4-5 persone)
100 g di farina 00

50 g di farina di riso
50 g di farina integrale o avena
60 g di zucchero
40 ml di olio di semi di mais
2 uova

150 ml di latticello (altrimenti metà yogurt e metà latte ben mescolati)

scorza di limone

vaniglia in polvere

 

Procedimento

Setacciate le farine e mettete da parte. Montate le uova a crema con lo zucchero, aggiungete vaniglia e scorza di limone. Quindi a filo l’olio e il latticello. Infine incorporate la farina e lasciate riposare per una mezz’oretta.

Riscaldate la cialdiera, unta con poco burro o olio, dopo qualche minuto versate un mestolo di impasto. Chiudete e lasciate cuocere fino a doratura.

Servite i waffel caldi, con una spolverata di zucchero a velo o cacao, oppure composta di frutta. Nel nostro caso abbiamo utlizzato composta di lamponi e mele renette a spaghetti condite con succo di limone.

Waffel alla farina di castagne con vellutata di patate e nocciole
Ingredienti

Per i waffel

200 g di farina

100 g di farina di castagne

2 uova

2 cucchiai di olio evo

2 cucchiaini di sale

100 g di emmental grattugiato o latteria (per un gusto più delicato)

speck a striscioline

un pizzico di lievito
Per la vellutata

1 kg circa di patate

qualche fettina di cipolla dorata

olio

100 ml di panna fresca

brodo vegetale

erba cipollina

sale con erbe (il mio con fiori eduli)
Procedimento

Preparate per prime le patate. Sbucciatele e lavatele. Affettate finemente la cipolla, fatela stufare con un cucchiaio abbondante di olio, quindi unite le patate a tocchetti. Mescolate e sfumate con il brodo vegetale portando a cottura. Se volete utilizzare per bebè sotto l’anno, togliete la porzione occorrente, quindi aggiustate di sale e versate la panna.

Prepariamo i waffel. Setacciate le farine con il lievito e il sale, mettete da parte. Sbattete le uova, aggiungete l’olio, l’emmental grattugiato e le striscioline di speck sottile. Unite le farine incorporando delicatamente.

Versate nella cialdiera, unta (con olio o burro) e calda, un mestolo di impasto e chiudete.

Decorate la vellutata di patate con un filo di erba cipollina e un pizzico di sale ed erbe, servite con il waffel ben caldo.

 

Uno (tris) pieds dans l’eau

Il piccolo Lui ed io. Un 9 e un 10. Consumati in un fiato, tra una candelina una e una candelina che stava lì per tante. In riva al mare o come dicono i francesi, pieds dans l’eau (che ogni volta benedico chi ha inventato un’espressione tanto ma tanto felice capace di sintetizzare un mondo, soprattutto il mio:-)).

Siamo partiti il 9, di gennaio, destinazione l’isola, via Alghero. E ci siamo immersi in una primavera che sapeva di inverno. 

Lo so, sono già passate settimane, ma il tempo è quello che è e io mi ritrovo con il solito post a perdifiato, dove raccontare e raccontare. 

 

Amo il mare di inverno. Credo di averlo già detto. Sì, lo amo, perché ti regala giornate e scorci inaspettati. E ti concede di godere delle cose da tutta un’altra prospettiva.

Abbiamo camminato tra i sentieri di Caprera. Cielo terso, Corsica quasi a vista e i Barrettini col loro faro bianco.

Il sole tramonta prima dalla finestra grande di casa, la luce accarezza diversa le cose che conosco ormai a memoria, e poi le spiagge abbandonate, lasciate ai gabbiani e a qualche spavaldo viaggiatore.

I bambini, loro, si accorgono poco della differenza, il mare è mare, la spiaggia spiaggia. E basta poco per alzare una bandiera da pirati e impossessarsi del mondo.

Edo ha spento la sua prima candelina ad Alghero sopra una semplice pallina di gelato di frutta. Era felice. E rideva.

Ci siamo persi col vento fra le viuzze spagnoleggianti di Alghero, per poi metterci sulla strada interna che porta quasi dall’altro lato dell’isola grande.

Due ore di viaggio in completo silenzio, o quasi, visto che i i tre dietro dormivano alla grande. E la sottoscritta si è pure fermata lungo la via a fotografare.

Il giorno dopo ho spento la mia candelina su una mini tortina di formaggella. Ecco, c’è questa cosa, che io a La Maddalena adoro le formaggelle, o pardule. Il loro involucro di ricotta, scorza di limone e arancia. Ne mangerei a colazione, pranzo e dopo cena. Col rischio di trasformarmi pure io in una formaggella:-). 

Dato però che l’uno è uno, anche se per noi era un po’ tris, il piccolo Lui è stato festeggiato anche al ritorno a casa. Piccola festa con merenda del pomeriggio tra amici e nonni e cuginetti. A base di gelato (della nostra gelateria del cuore, L’Albero dei gelati:-)), macaron, spiedini di frutta, panini dolci e torta (della sottoscritta che ha molto apprezzato gennaio, dopotutto il terrazzo diventa un bel luogo dove conservare ogni cosa per qualche ora:-)).

Coi panini ho costruito un grande uno in onore del festeggiato (uhm , devo dire apprezzato pure dagli altri, visto che ne è rimasto poco o nulla!).


 

Bene, messi da parte mare e compleanni, ho riaperto la cucina con un dolce che ha il sapore delle vacanze. Almeno per me. Una formaggella torta o quasi, dove ho modificato la parte esterna e conservato l’interno.

Ho trasformato l’esterno in una brisè arricchita di scorza d’arancia candita e farina fioretto, mentre per il ripieno mi sono attenuta alla tradizione.

La ricetta.

Ingredienti

150 g di farina 00

100 g di farina fioretto

50 g di amido di tapioca (o maizena)

90 g di burro freddo

acqua ghiacciata

60 g di zucchero

 

Per il ripieno

350 g di ricotta di pecora

1 tuorlo

scorza di arancia

un pizzico di zafferano

60 g di zucchero

uvetta

 

Procedimento

Mescolate le farine con il burro freddo a pezzetti e lo zucchero, aggiungete acqua ghiacciata quanto basta per impastare. Una volta formatasi una palla, avvolgetela nella pellicola e mettete a risposare in frigorifero per un’oretta.

Lavorate la ricotta a crema con lo zucchero e il turolo d’uovo. Unite lo zafferano e la scorza di arancia. A piacere aggiungete uvetta o gocce di cioccolato.

Riprendete la pasta, stendetela e rivestite uno stampo da crostata, riempite con la crema di ricotta e cuocete in forno a 180° per una trentina di minuti.

Il profumo del ragù (quello vegetariano)

pasta al ragù invernale 02

E’ ormai diventata una tradizione. Il primo giorno dell’anno sul lago. Ogni volta benedetto da una luce abbagliante da togliere il fiato e farti sentire leggero, quasi perfettamente felice. Il nostro anno è cominciato così, come l’anno scorso poco prima che arrivasse Edo, e quello prima ancora.

“Pieds dans l’eau” sul lago di Como, così vicino ma lontano dal rumore delle nostre giornate. E abbiamo celebrato insieme il tempo passato e quello a venire, da condividere.

Appena abbandonata la macchina, c’eravamo noi e pochi altri, per lo più coppiette in là con gli anni. Superata la via di paese stretta e oscura si apriva il lago, intenso perso nel cielo terso come se fosse una giornata di primavera in inverno.

 

Avrei potuto passare ore lì, seduta a ascoltare tutta quella vita. E celebrare il nuovo anno.

Un anno che per me comincerà veramente fra qualche giorno, quando col piccolo Lui festeggeremo il compleanno (il suo uno tris e il mio, beh, dimentichiamo quanto…).

Mi piacciono le tradizioni, quelle che consolidano i ricordi e si assomigliano quasi a confondersi. Sono un po’ come i profumi di quei piatti che ci fanno stare bene perché ci rammentano di quando eravamo bambini o di qualcuno che amiamo.

Prendete il ragù. E’ il classico delle feste, di una volta. Una preparazione lenta che va all’incontrario rispetto alla velocità di oggi.

Ho ripreso quella lentezza e l’ho rivoluzionata qualche giorno fa. Nei colori e negli ingredienti. Tanto arancione e solo verdure. Magnifico perché ho pensato che avrei potuto mangiarne oggi  anche domani.

L’ho utilizzato per le lasagne e poi per condire i pici che mi aveva portato tempo fa un’amica dalla Toscana. E i maccheroncini, mini mini, di Edo.

Io ho optato per la versione veggie, le bambine ci hanno aggiunto del parmigiano.

Per la base ho utilizzato dei pomodorini gialli in conserva che ho intensificato con tanti cubetti di zucca. Ci ho aggiunto castagne, lenticchie rosse e noci frantumate, oltre a chiodo di garofano (che per me non c’è nulla di più che mi rimandi al ragù di questa spezia), un pizzico di cannella, qualche seme di finocchio, alloro e rosmarino.

Ingredienti (per 4)

250 g di pici (o spaghetti a chitarra)

800 g di pomodorini gialli in conserva

300 g di zucca a dadini

una ventina di castagne bollite

150 g di lenticchie rosse (decorticate)

qualche noce frantumata finemente

1 cipollotto

1 spicchio di aglio

olio extravergine d’oliva

sale

2 foglie di alloro

semi di finocchio

1 chiodo di garofano

1 pizzico di cannella

1 rametto di rosmarino

brodo vegetale

 

Procedimento

Affetta a fettine sottili il cipollotto e fallo stufare in una padella con lo spicchio di aglio, le foglie di alloro e il chiodo di garofano. Aggiungi  la zucca pulita e tagliata a cubetti, mescola per qualche minuto (puoi sfumare con del vino bianco secco, ne bastano un paio di cucchiai) e unisci le lenticchie sciacquate.
Mescola nuovamente, versa infine la conserva di pomodoro . Fai cuocere a fuoco lento per un’oretta circa bagnando di tanto in tanto con brodo vegetale se il ragù si asciuga troppo. Verso fine cottura aggiungi le castagne a pezzetti e aggiusta di sale. Ovviamente, per il piccolo di casa non ho usato vino e sale.

Cuoci i pici, falli saltare in padella con il ragù e via in tavola con qualche aghetto di rosmarino fresco (a piacere spovera con parmigiano grattugiato).

Per Edo, ho schiacciato a forchetta il ragù (ma potete anche frullare il tutto) e servito con maccheroncini mignon.

Rosso Natale!

merry xmas 2014 per blog

Non ci sono dubbi. L’aspetto che più amo del Natale è l’attesa. Coi suoi colori, bianco spruzzato di rosso. Quei 24 giorni che ci separano alla notte più speciale, in una Vigilia da condividere con coloro che più amiamo. Tutto il resto mi è sempre interessato poco e col tempo tendo a scrollarmelo di dosso (ecco, ansia da regalo anche no:-)).

Adoro il nostro albero, perché raccoglie nel suo candore (ebbene sì tutte decorazioni bianche:-)) gli anni della mia famiglia che cresce, i nostri viaggi e i nostri ricordi. Mi piace il rito ogni anno della stella di Natale (pure lei bianca:-)) e della lettera per Babbo Natale scritta da manine piccole e lasciata su un ramo per il passaggio dell’elfo.

Amo raccogliere i sogni, dei miei bambini, e perdermi nelle loro grida di gioia con le canzoncine natalizie che ormai scandiscono il loro ritorno a casa. La mia preferita? The little Drummer Boy. E la vostra?

In queste settimane ho sfornato parecchi biscotti riprendendo le classiche ricette della bisnonna austriaca (di Lui). E ho rifatto più volte una versione di dolce leggero e soffice che mi ha entusiasmato per la sua resa in velocità.

L’ultima volta ci ho aggiunto la meringa come copertura e tanti chicchi di melagrana.

Ecco a proposito di rosso qui da noi direi che la melagrana è il frutto più amato della stagione. Persino dal piccolo Lui che mangia un chicco alla volta spruzzandosi mani e faccia. Ho preso l’abitudine di preparare anche la spremuta a base di melagrana: basta adoperarla proprio come fosse un’arancia.

A me poi piace tanto aggiunta con noncuranza prima di portare in tavola l’insalata: belga, spicchi di kiwi, finocchio a julienne, semi vari e chicchi di melagrana (tanto che ho realizzato una ricetta qui).

E poi è rossa, e io ultimamente ho una vera e propria passione per il rosso!

Intanto la torta. Niente glutine, ma un mix di farine diverse: fecola, farina di riso e farina di tapioca (questa una new entry nella mia cucina da poco). Niente olio nè burro ma solo ricotta (o in alternativa mascarpone oppure ricotta+yogurt). E succo di limone con un cucchiaino di scorza.

Per la meringa, io ho passato in forno per qualche minuto, potete decidere anche di brunire e biscottare di più la meringa lasciandola cuocere del tempo maggiore in forno oppure semplicemnete di fiammeggiarla col cannello.

Piesse: per i pupi più piccoli, informazione di servizio. Abbiamo realizzato uno splendido servizio di Natale coi prodotti di Sauvinex (che io adoro per il loro design), trovate tre ricette in veste natalizia sul blog Il Club Mamme Felici.

 

La ricetta.

Ingredienti (per tante tortine o una torta da 20 cm di diametro)

3 uova

il succo di due limoni

un cucchiaio di scorza di limone

150 g di fecola di patate

100 g di farina di riso

70 g di farina di tapioca
1 bustina di lievito

250 g di ricotta (oppure 150 g di ricotta e 100 g di yogurt bianco)

90 g di zucchero

semi di vaniglia

 

melagrana

succo di melagrana

2 albumi a temperatura ambiente

150 g di zucchero semolato

50 ml di acqua

Procedimento

Separate i tuorli dagli albumi, montate questi ultimi a neve ben ferma e tenete da parte. Sbattete i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una crema. unite la ricotta, icorporandola per bene, quindi i semi di un paio di cm circa di stecca di vaniglia, il succo di limone (potete anche mescolarlo con qualche cucchiaino di succo di melagrana) e la scorza.

Setacciate le farine con il lievito e unitele poco alla volta all’impasto. Infine incorporate gli albumi, mescolando delicatamente dal basso verso l’alto.

Riempite con l’impasto diversi pirottini oppure una tortiera leggermente unta da 20 cm di diametro.

Cuocete in forno preriscaldato a 185° per 25-30 minuti circa. Sfornate e alsciate raffreddare.

Preparate la meringa. Riscaldate l’acqua, portandola al bollore (100-110°), sciogliete lo zucchero. Montate gli albumi e incorporate lo sciroppo caldo, in maniera da pastorizzarli. Dovete ottenere un composto ben fermo, che quasi scriva.

Decorate la torta con la meringa a cucchiaio o con una siringa, potete quindi passare in forno per brunire la meringa ma anche servire la torta così candida, aggiungendo semplicemente i chicchi di melagrana.