da miralda | 27 Ott 2010 | 18-24 mesi, Il Cucchiaino di Mamma e Papà, Winterzauber
In questi giorni dire che vado di fretta bè non descrive ancora esattamente le giornate. Fortuna vuole che parte del tanto lavoro sia cucinare, cucinare, cucinare e fotografare, fotografare (e prima o poi ve ne dirò il motivo). Capita allora di costruire la cena con avanzi o con assemblaggi di avanzi. Tanto che un piatto che a chiamarlo fast uno si fa una risata, in realtà diventa cosa facile, facile. Prendete le lasagne alla zucca di oggi.
Praticamente si son fatte da sole (sì col piccolo aiuto della sottoscritta che aveva cotto quantità smisurate di zucca e fatto scorta di ricotta).
Allora apriamo parentesi. La zucca. La meravigliosa zucca (ammiratene le fattezze goffe e tozze in foto) è una Buttercup Squash (quest’ultimo termine indica semplicemente il suo essere zucca) ed è stata conquistata, un paio di settimane fa, durante la mia escursione da produttori locali di verdura e frutta bio. E devo dire che ci ho perso la testa in queste zucche tanto che al momento a casa ne ho diversi esemplari, Buttercup ma anche Hokkaido (prometto variazione anche della suddetta).
Per il momento ho inaugurato la prima e devo dire che la polpa è proprio dolce e vellutata, ancora meglio della mantovana che di solito compravo.
Ne ho cotta al vapore una buona metà.
Di quello che mi è avanzato ne ho fatto una sorta di purè morbido profumato di salvia e alloro per condirci le lasagne di farro. E con queste ci sta che è una meraviglia!
Ho sostituito la besciamella con ricotta (di mucca) allungata con brodo vegetale (avanzato dalla cottura al vapore della zucca) seguendo (sì per una volta, mi sono fidata!) il consiglio sulla confezione delle lasagne.
Pare infatti che essendo di farro hanno bisogno di parecchio liquido per non risultare asciutte e secche. E poi? Giusto una spolverata di parmigiano e via in forno.
Il formato? Un anno abbondante come valida ( e aggiungerei molto gustosa) alternativa alla solita lasagna (e non mi chiedete quale:-)).
piesse: se avete pupo inizio svezzamento vi consiglio di preparare la ricetta per voi e di proporre a lui il purè (senza latte) con zucca, patata dolce e spicchio di mela (tutto cotto al vapore) schiacciate. Un perfetto comfort food per bebè.
Ingredienti (per tre)
10-12 sfoglie di lasagne di farro
400 gr di zucca
250 gr di ricotta
brodo vegetale (ad esempio quello della zucca)
parmigiano
1/2 bicchiere di latte
salvia, alloro
sale
Procedimento
Schiacciate la zucca che avete cotto al vapore allungando con il latte e del brodo vegetale, aggiustate di sale e insaporite con salvia e alloro (che poi potete togliere). Dovrete ottenere un purè un po’ liquido.
Allungate la ricotta in una scodella sempre con brodo vegetale.
In una teglia da forno disponete prima del purè di zucca, poi un primo strato di sfoglie di farro. Condite con la ricotta (come fosse besciamella), poi il purè, quindi spolverate di parmigiano. E così via fino ad esaurimento. Bagnate le lasagne con qualche cucchiaio di brodo vegetale prima di infornare e coprite con carta domopack durante la cottura (togliete solo cinque minuti prima della fine per dorarle). In forno per 30 minuti circa a 175°.
da miralda | 22 Ott 2010 | 24-36 mesi, Il Cucchiaino di Mamma e Papà, Winterzauber
Chi mi conosce lo sa. Sono nostalgica, non è che faccia molta fatica a capire mia figlia in quanto bambina ( fondamentalmente lo sono rimasta pure io, giusto un po’:-)) e di certo sono di quelle che ricordano con tenacia ( e conservano, e conservano). Ecco perché per me la polpetta (o meglio le polpette) è terribilmente, indiscutibilmente una sorta di madeleine (sì quella di Proust che equivale a dire ‘sta cosa l’ho mangiata quell’anno lì, non l’ho mai dimenticata e me la porto dentro legata a tutto un mondo). E oggi sospetto che pure la pupa farà lo stesso. Ricorderà le polpette caramella.
Partiamo dall’inizio. Quando ti chiedono il cibo della tua infanzia di solito bè uno risponde budino al cioccolato, piuttosto che biscotto tal dei tali o tortino della nonna papera o risotto al salto (bè se è di Milano:-)).
Bene io risponderei polpetta. Mia nonna, la nonna bis dell’aliciotta, è un personaggio particolare, dalle origine romane ancora ben sentite (nonostante gli anni, tanti, passati altrove).
Uno dei suoi piatti "cult" è la polpetta. Ok, tante nonne fanno o hanno fatto le polpette, ma non a tutte le ore come lei (almeno credo). Della serie che se tu andavi da lei al pomeriggio, spesso non c’era tè e biscottini, ma polpette calde, calde. Tanto che la prima volta che Mr B. capitò a casa sua ci rimase secco dalla sottoscritta che bellamente mangiava polpette al tè delle cinque.
E’ salutare? No. E’ praticabile? No, se non con moderazione. Potete farlo coi vostri pupi? Bè, forse cambierei l’orario:-).
Le polpette di mia nonna sono rimaste negli annali di famiglia come la cosa più gustosa ma pesante da ricordare (nel senso che ti si piazzavano lì e avevi voglia a recuperare te stesso nelle ore seguenti).
Oggi ha smesso di farle (diciamo per via dell’età non dico vicina ai cento ma poco ci manca), non ha finito però di dar consigli. Mentre stavo facendo quelle che vedete in foto per cena, è capitata da queste parti ed ha cercato di sabotare la mia versione più leggera (meno uova, meno parmigiano).
La pupa? Confesso: tornata dall’asilo, le ho offerto un dolcetto. Bene rifiutato a favore della polpetta (e). E lì ho capito tutto:-).
Per la ricetta io ho ripreso in parte la tradizione milanese (e aggiunto carne da brodo cotta e frullata), in parte i comandamenti di mia nonna e poi, come è abitudine della sottoscritta, ho fatto a modo mio:-).
Tenete conto che ho cotto in padella, ma vi consiglio, per formati attorno ai 12-18 mesi, di preferire la cottura in forno, più digeribile e non eccedere in uova e parmigiano ed eventualmente eliminare il cipollotto.
Per l’occasione io le ho fatte piccole, piccole, poco più grandi di un bon bon. Nella panatura esterna ho mischiato farina poca, pan grattato e semi di sesamo.
piesse: la carne lessa, naturalmente ci fate il brodo con carne mista (vitello/manzo), verdure (patata, carote, cipolla, spicchio di aglio vestito, etc…) e poi ricavate la carne.
Ingredienti (per tantissime polpette!)
400 gr di carne trita (da polpa di manzo e vitello)
un pezzo di carne bollita e poi tritata (totale circa 150-200 gr)
1 panino secco
1 mestolo di brodo (o latte, o metà e metà)
2 uova
2 cucchiai abbondanti di parmigiano
1 patata piccola lessata
1 cucchiaino di cipollotto tagliato molto sottile
1 pizzico di aglio
erbe aromatiche (prezzemolo fresco, basilico, mentuccia)
pangrattato, farina, sesamo
sale
Procedimento
Fate a pezzetti il panino secco e bagnatelo con latte e brodo. Schiacciate insieme alla patata e aggiungete la carne trita e quella lessa frullata. Mescolate e amalgamate con le uova. Aggiungete il resto degli ingredienti, se l’impasto risultasse ancora troppo secco aggiungete un po’ di brodo o latte. A questo punto formate le polpette. Se cuocete in forno potete giusto passarle in poco pangrattato e sesamo e infornare, altrimenti infarinate bene e passate in padella con olio caldo.
Servite belle calde, se volete cimentarvi anche voi nell’imballaggio ricordate di passare le polpette con pazienza nello scottex (altrimenti ungete ogni cosa!)
da miralda | 18 Ott 2010 | Il Cucchiaino di Mamma e Papà, Winterzauber
Quella di oggi per me è una pappa (e sì perché il formato è proprio bebè) molto speciale. Con il color rosa (o quasi) partecipo alla giornata di prevenzione al tumore al seno organizzata dalla Lilt. Un nastro rosa che ha per me (e la mia famiglia) tanti significati dopo quella che è stata un’estate con tante nuvole. Giusto per dirvi che l’adesione è molto, molto personale e sarebbe stato impossibile oggi non fare parte di questa iniziativa e non colorare anche Il Cucchiaino di un rosa partecipato.
La ricetta? Anche gli ingredienti sono stati scelti con poca razionalità: ci sono dei ricordi lì e un filo che ti lega a chi ti è stato caro.
La cosa pazzesca di tutta la faccenda è come li ho comprati sabato. E bè sì, non avrei mai pensato di poter in territorio nazionale ritrovare pastinache, cavolo rosso e barbabietole sporche di terra in maniera così semplice.
Ci è stata una scoperta, non mia ma di un’amica (grazie Giulia!) di un gruppo di agricoltori della nostra zona che coltivano bio: questi hanno tutta una serie di prodotti di solito introvabili che al momento sono stati meglio persino di quel benedetto cappotto in saldo (che ancora oggi è un vanto di shopping illuminato):-).
Allora, prometto racconto più dettagliato e soprattutto ricette con le loro meraviglie. Per il momento l’aspetto che mi ha definitivamente conquistata è questo cesto (lo vedete, no?) con il quale ti accompagnano in campi e orti a scegliere la tua verdura. E io ho spuntato pure un gambo di rabarbaro (questo pare se lo tengano solo per loro…).
Per tornare agli ingredienti, ho scoperto che la barbabietola rossa al di là di ferro, magnesio, calcio e potassio, è ricca anche di vitamina C, acido folico (che ai pupi garantisce un ottimo sviluppo) e Bataine ed è un buon aiuto nella prevenzione dei tumori. Direi quindi che il mio filo mi ha indicato un ingredienti che è un nastro rosa da ricordare…
Per tutto il resto vi rimando alla Lilt, sono molto più bravi e preparati di me per dirvi di quanto i nastri rosa possano a volte cambiare le cose.
Formato? 7-8 mesi.
Ingredienti (per tre)
2 barbabietole rosse fresche
1 pastinache
1 patata piccola
2-3 foglie di cavolo rosso (dopo l’anno)
1 cucchiaino di olio EVO
1 cucchiaino di crescenza
1 cucchiaio di yogurt
Per Mamma&papà
sale, panna acida e erba cipollina fresca
Procedimento
Facile, facile. Pulite le verdure accuratamente (soprattutto le mie che erano stracolme di terra!). Tagliate a pezzi e mettete a bollire in acqua. fino a quando sono morbide. Una volta pronte frullate o passate tutto con parte dell’acqua di cottura e lo yogurt. Aggiungete un cucchiaino di olio EVO e servite con un cucchiaio di crescenza sopra. Per la versione per mamma&papà salate, pepate, servite con panna acida che decora e erba cipollina tagliata fine.
da miralda | 14 Ott 2010 | In Viaggio
Ha decretato così il signor "I sogni non son desideri" (che d’ora in avanti chiameremo S.N.S.D), alzandosi dalla sua sedia, in compagnia del cane Rocco e regalandoci la conversazione più divertente della settimana scorsa. Premessa e avvertenza d’uso: questo non è un post "ricetta", questo non è un post "on the road", è un "ma ci sono stata, ve lo dico, ho fatto incontri, mangiato specialità (quelle che ho cucinato io all’isola e una ve la lascio), e visto pecore, tante pecore. E poooi? Niente, che dove sono stata, per l’appunto, non c’è "niente da vedè".
Siamo partiti d’autunno: la mia idea? Freghiamo ottobre e ci facciamo un’ubriacatura di fine estate. Vero? Ma anche no.
La mia seconda idea? Andiamo a zonzo da Cagliari in su e chissà che scopriamo. Vero? Sì, a zonzo per la disperazione di Mr B. ci siamo andati qualcosa come 15 ore di auto (aiutoooo!) in tre giorni, e visto? Ci devo ancora ragionare su:-).
1.Cagliari: l’amarcord.
Ci ero stata la prima volta da ragazzina e di tutto ricordavo un ristorante (la prima aragosta alla catalana della mia vita) e i fenicotteri rosa. Che cosa ho fatto? Ho ricercato entrambi tra i vicoli del centro storico, un po’ sgarruppato.
Abbiamo fatto alla moda dei cagliaritani della domenica. Siamo stati al belvedere, giro al Poetto (la spiaggia bianca e enorme di città), e siamo finiti da Lillicu (il ristorante del mio buon ricordo) a mangiar su tavolacci di marmo, arselle, cernia fresca e papassinos (per la gioia di aliciotta).
Della serie amarcord col pupo (sapete quei "vedi qui era stata mamma tua e aveva fatto, visto e mangiato, bla, bla…").
2. I fenicotteri come le anatre di Central Park.
Ho dato dietro per ore a raccontare alla pupa di questi fenicotteri: pink, very pink. Ebbene abbiamo girato per un bel po’, chiesto ad un passeggiatore con cane che ha scrutato l’orizzonte e detto: "Sono sempre lì, che non ci sono? Strano." E io a pensare a me stessa come una novella Holden, un po’ meno giovane, si intende.
Li abbiamo trovati? Ebbene sì. Sono rosa? Ebbene sì.
Perché io dalla macchina non li vedevo? Non sono "cecata", semplicemente li ho scambiati per boe, che quelli passano l’intera giornata col collo sotto a mangiare.
Il ritrovamento e la fotografia impossibile (che quelli erano lontani centinaia di metri) hanno messo a segno il colpo della vacanza: Mr B. ha promesso un teleobiettivo alla sottoscritta. W il fenicottero!
3.Mai fare una strada pensando a panorami e soste gastronomiche. Perché potresti trovare giusto 15 minuti di panoramica (su tre-quattro ore di auto) e il ristorante che proprio volevi provare chiuso per ferie. Della serie la prossima volta fidati dei consigli che ti danno. E non te la prendere se scorgi solo capre.
4. Le nuvole di acqua.
Ok, Piscinas è uno spettacolo, arrivi e sei solo tu (o quasi, soprattutto ad ottobre) e le dune. Non è il deserto che si aspettava la mia fantasia e il cervo sardo, che popola questi posti, non si è fatto vedere da noi (avevo suggerito a Mr B. degli appostamenti che sono stati rifiutati). Però le dune e quel mare autunnale e poi il tramonto e quella coppia che uno fa da bastone per l’altro sono uno spettacolo. La cifra di questo mare è composta da continue nuvole di acqua che vedi lontano, un vapore che avvolge tutto.
Può capitare di ritrovarvi bambini a rotolarvi con la pupa sulle colline di sabbia e poi a "ciacchettare" nell’acqua. E poi contemplare il mare, voi e pochi altri.
Il massimo del mare d’autunno, magico fino a quando non incontri il signor S.N.S.D.. N.B. si ringrazia Mr B. della foto che spunta sul mio desktop.
5. Le miniere. Diamo per questo la parola al signor S.N.S.D. E alla difesa qualche scatto fotografico.
Scendo dall’auto a Montevecchio, qualche chilometro da Piscinas. E immediatamente un signore (che io a tutta prima credo cieco) chiede ad un altro "Chi arriva?". E quello "Una signora" (ossia io, che aveva visto dietro subito la pupa).
"Che è venuta a fà?" (accento romano, anzi viterbese, trapiantato in terra sarda da tre decenni)
"Me lo dica lei che devo vedè" (ho una nonna di Roma e già mi ero calata nella situazione).
"Qui non ci sta niente da vedè. Tutte "fregnacce", ci so io e Rocco".
"E il museo? E le miniere e l’ultimo paradiso del mediterraneo e gli gnocchetti alla campidanese?"
"Che legge i giornali?".
E’ finita per l’appunto che ci siamo fatti due risate con il signor S.N.S.D., che ci ha deliziato con barzellette, aneddoti (che credo racconti ogni giorno), Alice ha usato il suo bagno e bè noi non abbiamo mangiato nel campidano gli gnocchetti.
Della serie al prossimo itinerario da sogno che leggo, faccio una pernacchia lunga, lunga. Però, bè le miniere con quella atmosfera da far west un po’ di fascino lo hanno, se solo fossero visitabili da ottobre ad aprile:-).
6. L’isola. Ovvero come Mr B. ha ritrovato Itaca.
Appena giunti in prossimità dell’attracco e saliti sul traghetto verso La Maddalena, Mr B. pareva essere come quei bambini che ritrovano il proprio giocattolo o peluche o che ne so io preferito. E sì perché lui aveva fatto comunella con i signor S.N.S.D. alla grande e concordato sul "qui non c’è niente da vedè" (che un po’ vero è ma mica così tanto).
Conclusione che vi può interessare? La ricetta che ci siamo mangiati davanti a questo panorama. Gnocchetti alla campidanese rivisitati (ho sostituito la salsiccia secca con carne di agnello tritata) con l’utilizzo dello zafferano sardo di Monreale dove avevo sognato di vedere i campi viola in fiore e invece qualcuno si è rifiutato di portarmi.
Formato 2 anni.
piesse: la foto non c’è che era ora di cena e avevo a che fare con due rompiscatole:-).
Ingredienti (per tre)
200 gr di gnochetti sardi
1 bustina di zafferano di Monreale
500 gr di pomodori freschi
200 gr di carne trita di polpa di agnello
1 spicchio di aglio
1 cipollotto
sale
basilico e timo
pecorino grattuggiato (poco stagionato)
Procedimento
Tagliate il cipollotto a fettine, lasciate imbiondire con olio, l’aglio intero che poi eliminerete, e la carne trita di agnello. Aggiungete i pomodori a pezzi. Lasciate cuocere per un’oretta abbondante, salate e profumate con basilico e timo. Bollite gli gnocchetti. Sciogliete in poca acqua calda lo zafferano. Condite gli gnocchetti prima con lo zafferano, quindi unite il sugo e servite con una bella grattata di pecorino
da miralda | 11 Ott 2010 | 24-36 mesi, Happy Birthday!
Non so ancora come sarà la giornata oggi. Di certo è vero che la sto aspettando ormai da settimane, molto più del mio di compleanno, quando ero bambina. Perché questo è stato un anno speciale, un anno in cui la pupa mi ha definitivamente e irrevocabilmente conquistata. E’ stata la parola, quella che ha preso la strada delle frasi, dei periodi, dei ricordi che cominciano ad essere revocati con un "ieri" come passato generico (che può valere per sei mesi, un giorno e magari pure un anno o quasi). La parola non più casuale o a spizzichi e storpiature ha trasformato il nostro "innamoramento" da colpo di fulmine iniziale e un sacco di faticaccia, notti insonni e "ma chi me l’ha fatto fa’", in una storia d’amore di quelle da cui non ti vuoi liberare mai più. Leggera, morbida, profumata e impalpabile, giusto come una pavlova.
Oggi sarà una giornata di lunedì, l’asilo, il lavoro, una festa, piccola, piccola, diversa dall’anno scorso, quando ci siamo trovati in una domenica d’autunno in giardino. Eppure non vedo l’ora. Che arrivi stamattina: il primo sorriso di Alice, la colazione veloce e poi di corsa asilo e saluto. E io che dico per prima "Buon Compleanno, Alice".
Gli anni, tre, pare abbiano cominciato a correre: prova ne è quel lettino che oggi sarà rimpiazzato da un letto da pupo grande formato (uno dei regali per l’aliciotta). La cosa sorprendente? Credo sia lo stupore con cui guardo mia figlia, e mi paia ancor più speciale di prima.
A qualcuno sembrerà "rimbambimento da mamma", giuro e spergiuro che non è così. Dopotutto io ci sono ancora, lì coi miei sogni, la mia irrequietudine, la voglia di spazi tutti miei, quella valigia sempre pronta per partire. E poi c’è tutta una parte in più che vedo e amo nella pupa. Parte di me, di quello che sono ed ero da bambina: la riconosco, la ricordo e per una volta non mi mette più nostalgia. Poi c’è lei, con la sua unicità tra tante somiglianze. Ed è stata la parola a rendere tutto evidente, non che non ci fosse stato prima, semplicemente ora lo accarezzi e vorresti durasse proprio per sempre:-).
La cucina? Oggi, sì ormai è mezzanotte suonata per me che scrivo, la sottoscritta correrà (perché maledizione è lunedì) per preparare giusto la pasta ai pomodorini che ha richiesto la festeggiata e qualcosa per sfamare il resto dei presenti:-).
E la torta? Pavlova rivisitata, ma poco, poco. Sì per questo compleanno dopo aver meditato su torte più rustiche e frollose, aver ripensato ad un anno fa, ho capitolato all’idea della nuvola bianca, spruzzata di viola mirtilli. Mi ha ricordato noi, questo anno, e la mia pupa, oggi.
Dopo aver studiato sul sito ufficiale degli "aussie", ho creato stando sulle orme della ballerina e del suo chef, ma alleggerendo di zucchero e reinterpretando mucho la chantilly (vedi il cucchiaino di yogurt, che la pupa adoraaaa che se mi becca uno chef mi uccide all’istante:-)). Per il resto, nulla da inventare.
Formato? Bè qui siamo ormai sui tre anni!
Ingredienti (per 8-9)
5 albumi
200 gr scarsi di zucchero a velo
1 cucchiaino di aceto bianco
1 cucchiaino di cremor tartaro (o amido di mais, in tante ricette australiane si trova anche questo, il primo ha il vantaggio di far gonfiare gli albumi)
Per la crema "chantilly" rivisitata
1/2 l di latte
2 cucchiai di maizena
polvere o estratto di vaniglia (1/2 cucchiaino)
2-3 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di yogurt
200 ml di panna fresca
300-400 gr di mirtilli
Procedimento
Sbattete gli albumi (a temperatura ambiente) con le fruste a velocità massima, aggiungete a poco a poco lo zucchero a velo, l’aceto e il cremor tartaro. A questo punto riscaldate il forno a 120°, foderate di carta da forno una teglia o la placca e versate a cucchiaiate la meringa (con una sac à poche ho fatto in modo che i bordi risultassero più alti rispetto al centro).
Fate cuocere per due/tre ore: la meringa dovrà semplicemente asciugarsi, e rispetto al solito dovrà rimanere per la pavlova croccante fuori e morbida dentro.
La crema. Considerate che la base (senza tuorli) è una sorta di besciamella dolce. Quindi stemperate nel latte freddo zucchero e maizena, mettete sul fuoco e girate dolcemente unendo anche la vaniglia. Continuate a mescolare fino a quando si addenserà. Spegnete e lasciate raffreddare. Nel frattempo montate la panna (fredda di frigo). Unite parte della panna (circa la metà) alla crema insieme al cucchiaio di yogurt.
La coulisse di mirtilli. In un pentolino fate cuocere poco meno della metà dei mirtilli con un cucchiaio di zucchero, fino a quando si sfalderanno. Spegnete, fate raffreddare e passate al colino.
E finalmente ci siete! Assemblamento:-). Riempite il centro della meringa con la crema, posizionate sopra i mirtilli e con il resto della panna nella sache a poche decorate la parte sopra e i bordi. Fate colare delle gocce di coulisse sopra la panna e servite. Attenti al dito: il pupo ci prova sempre all’arrembaggio di panna e mirtilli!