Renna, volpe e riccio: i biscotti di Natale

La prima volta che quest’anno ho pensato al Natale era fine agosto. Mai così presto, credo. Però sono giustificata, era per lavoro. E ancora con l’estate addosso ero lì ad impastare un po’ spaesata. Ora che il Natale sta per arrivare per davvero mi pare sia stata un’attesa lunghissima. La pupa, da parte sua, aspetta una lettera, sembra infatti che le debba arrivare un invito da Santa Klaus e folletti (o almeno Mr B. lo sostiene). Da parte mia io ho impastato, giusto oggi per avere quei 24 biscotti da afferrare da domani. Come l’anno scorso, ci sarà il calendario , quello della renna, ma anche una scatola, che i biscotti sono fuori formato rispetto alle finestrelle.

Per i nostri biscotti natalizi abbiamo convocato un bosco intero a dare forme e profili. Ci sono la renna (un vero simbolo per noi nelle prossime settimane!), la volpe, il riccio, l’orso polare e lo scoiattolo. Qualcuno, prima di cadere nella scatola, ha pensato bene di inzupparsi nel cioccolato: chi la zampa, chi il musetto, chi le corna. 

 

Ammetto che mi sembra quasi strano che domani sia veramente il primo di dicembre. Questi mesi sono volati e ora mi sento come da bambina quando impaziente aspettavo e aspettavo, e ogni giorno pareva dover portare una sorpresa. La cosa pazzesca è che ora ho una complice irresistibile, mia figlia.
Lei, bè, un paio di desideri li ha già espressi, vi dico solo che uno riguarda un mattarello "piccolo, piccolo" per aiutare la sottoscritta a pasticciare:-). 
Io, per i miei, sto incrociando le "fingeres" come diceva una volta un’amica, per intenderci le dita di tutte e due le mani.

I biscotti. Sono molto leggeri, infatti ho impastato con olio e succo di arancia e limone. C’è giusto l’aggiunta di cioccolato a renderli più speciali (da escludere se il pupo è sotto i due anni, se non per una leccata piccola, piccola).
Miss Cia, poi, ha creato una scatola immaginaria per contare i giorni da qui alla vigilia. In mancanza o in alternativa di un calendario è un modo divertente per coinvolgere il pupo ad una caccia al tesoro che dura quasi un mese.
 

Ingredienti

200 gr di farina
40 gr di maizena
succo di due arance e mezzo limone
1 uovo

75 gr di zucchero a velo

cannella

70 ml di olio di semi o oliva molto delicato
1 cucchiaino di bicarbonato

1 tavoletta di cioccolato fondente
(1 cucchiaino di sciroppo di glucosio)

Procedimento

Sbattere l’uovo con lo zucchero a velo, aggiungere il succo di arance e limone e l’olio.  Unire la farina stemperata con la maizena, il bicarbonato e la cannella.

Continuate ad impastare fino ad ottenere una palla abbastanza morbida. Avvolgetela in pellicola e mettete in frigo a riposare per un’oretta. Tirate fuori e stendete. Con le formine ricavate i biscotti (del bosco, a stella o come più vi piace).
Cuocete in forno caldo a 175° per dieci minuti. 

Nel frattempo fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria, una volta sciolto unite lo sciroppo di glucosio (serve a rendere la glassa più lucida, potete anche farne a meno). 
Immergete una punta o anche tutto il biscotto nella glassa al cioccolato, quindi appoggiate su carta da forno e lasciate asciugare per qualche ora.

Riempite una scatola e via al conto alla rovescia.

 

Pudding kaki o cachi o delle posatine:-)

In questi giorni ho giocato ancora con tatsoi e kaki (ne avevo una cassetta intera dopotutto da smaltire!). E ho cominciato a "biscottare" giusto per prepararmi a riempire le caselline dal primo al 24 dicembre (e qui partirà il solito mi pippone "amo Natale" nel giro di pochi giorni:-)).

Però è ancora novembre, ci sono la cassetta di kaki e l’entusiasmo dimostrato per le posatine (grazie a tutti, mi sono sentita in ottima compagnia:-)). In più si è aggiunta la neve, la prima che ancora non ti aspetti (abitiamo giusto qualche metro sopra il livello del mare). E i kaki sono finiti nel pudding, morbido, morbido, molto british e perfetto per il cucchiaino del pupo.

E’ la seconda volta che mi cimento con una di quelle preparazioni che fanno parte dei classici, ma proprio classici manuali da cucina inglese (per la quale non c’è personalmente una passione sfrenata:-)). 

Comunque la prima volta che ho tentato il pudding era stato molto divertente perché era l’inverno scorso, eravamo a Londra e mi ero dovuta arrangiare con un pentolone senza cestino a vapore, stampo o altro, e quando entusiasta avevo rovesciato il fantomatico dolce diciamo che non aveva tenuto la forma (giusto per utilizzare un eufemismo). 

Al secondo giro ho voluto tentare l’aggiunta dei kaki e ci ha guadagnato in ulteriore morbidezza con consistenza quasi budinosa e molto inglese (a detta di Mr B. che ha decretato "uhm, buono, ma british", tra le righe, "non gradisco":-)). 

In realtà ‘sto pudding si parla strabene con una giornata di fine novembre, che ha il sapore dell’inverno, anche se la neve "è ancora poca" (la pupa dixit versus entusiasmo sottoscritta di stamane). 

Utilizzate una forma da budino, magari anche più d’una da poter proporre monodose (non avrete così l’incubo dell’impiattamento). Tuffarci il cucchiaino nel dolce ancora tiepido è il gesto perfetto di questa giornata. Sarà inglese, sarà un po’ d’antan ma a chi importa?

Per la ricetta ho seguito la traccia di Mrs Pattern, già testata l’altra volta con qualche piccola modifica., il formato è sempre dai 12 mesi in poi.

Ingredienti
 

1 tazza di farina (circa 150 gr)

40 gr di burro
1/2 tazza di latte
2 cucchiai di zucchero di canna
1 uovo
1 cucchiaino di vaniglia in

1 cucchiaino di succo di limone

la purea di due kaki

1 cucchiaino di lievito

 

Procedimento

Mischiate farina, zucchero, lievito, vaniglia e burro. Aggiungete l’uovo sbattuto e il latte. Dovete ottenere una consistenza cremosa. Amalgamate purea di kaki e il succo di limone. Riempite con il composto uno stampo da budino o più stampi piccoli. Coprite con carta  (tipo domopack o carta da forno) e legate il tutto. Posizionate nel cestello a vapore in una pentola con acqua, portate ad ebollizione poi abbassate (e lasciate ancora per 20 minuti). Potete anche posizionare direttamente nella pentola (io avevo fatto così l’altra volta), fate attenzione di chiudere molto bene con la carta lo stampo (giusto per evitare effetto pudding bagnato:-)).

 

 

 

 

 

Tatsoi, tatsoi, tatsoi e mo’ che ci faccio?

Bello era bello. Immaginate (e poi bè lo vedete in foto) un cespo di foglie simili a spinaci che ricordano una rosetta. Quando l’ho visto la prima volta ho pensato: lo voglio. Sono passate settimane, perché non sono più riuscita a ripassare dal gruppo di agricoltori locali dai quali avevo fatto acquisti ad ottobre. Finalmente venerdì il tatsoi è arrivato. Splendido (e strapieno di terra). E subito dopo ho pensato: e mo’ che ci faccio?

Prima cosa ho cercato di capire come si catalogasse, non so voi ma io non avevo la minima idea di che diavolo fosse il tatsoi fino all’altro ieri. Mi avevano detto, gli agricoltori, che era una sorta di spinacio, senza però nitrati e acido ossalico che possono dare fastidio ai più piccoli. In realtà spulciando in rete è molto più vicino per parentela al bok choi. E bè a questo punto le idee saranno chiarissime:-). Diciamo che è quasi spiccicato allo spinacio ma l’odore e il sapore ti dicono immediatamente che è della famiglia delle rape.

 

Capito tutto ciò ho guardato le cinque o sei rosette della cesta e ho cominciato a pulire e lavare. Ecco erano le foglie più terrose che io abbia mai avuto fra le mani e il lavaggio ha preso una mezz’ora e più.

Ed è stato mentre lavavo e lavavo e lavavo che ho avuto la prima idea. Ho lasciato da parte una rosetta da fotografare e ho pensato al mio pranzo. 

Passo indietro. Era venerdì, mezzo sole dopo giorni di pioggia, ero inaspettatamente a casa (saltato appuntamento lavoro del venerdì:-)), da sola, lavavo i tatsoi ascoltando questo qui.  E ho scelto qualcosa che volevo mangiare io senza tanto pensare a cena, pupa e pupo. 

Sono nate le gallette. E ho deciso che non posso cucinare e fotografare da sola (I miss Miss Cia) perché finisco per mangiare troppo:-).

Le gallette di tatsoi: ho assaggiato prima, durante e dopo.  Per me le ho rosolate in padella (bè direi fritte:-)), poi con il resto dell’impasto ne ho interpretato una versione più leggera in forno per la sera (ecco questa è quella per i pupi, almeno sotto i due, tre anni). 

Chiaramente una volta scoperto un soggetto ho deciso di applicarmi alla causa, giusto per dirvi che non finisce qui col tatsoi:-).

Le gallette. E ora dove lo trovate voi lo "spinacio asiatico"? Non lo so. Provateci, e se proprio non va sostituite con spinaci o foglie di cavolo a striscioline sottili, sottili. 

Nota a margine. Prendete la base delle gallette, variate con gli ingredienti e avrete un modo diverso per proporre le verdure al pupo.

Ingredienti (per 15 gallette)

 

200 gr di tatsoi freschi
1-2 patate (circa 300 gr)

1 uovo
2-3 cucchiai di farina
2 cucchiai di yogurt
scorza di limone
1/2 cucchiaino di lievito
(eventuale sale,  yogurt o salsa di soia per accompagnare, salsa di soia dai 24 mesi)
 

Procedimento

Pelate le patate e grattuggiatele a julienne (basta usare una grattuggia a fori grossi), tagliate le foglie di tatsoi a strisce sottili. In una ciotola sbattete l’uovo, aggiungete le verdure e la farina setacciata con il lievito. Unite lo yogurt quanto basta per avere una pastella abbastanza densa. Profumate con il limone e lasciate riposare per una mezz’ora.

In forno: prendete della carta da forno e con un cucchiaio di impasto formate delle polpette piatte. Passate a 175° per venti, trenta minuti.

In padella antiaderente: ungete con olio, fate scaldare e formate delle specie di piccole frittatine con un cucchiaio di impasto per volta, girate da una parte e dall’altra e servite. 

Acqua, cachi e posatine

 

Alzi la mano chi ha mai fatto il gioco delle posatine, quelle minuscole che ci trovi nei semi dei kaki dopo averli spezzati coi denti. Io da bambina lo facevo sempre e credo fosse uno dei motivi che mi facevano piacere i kaki. Non ci pensavo da anni e anni all’ultimo cucchiaino trovato, fino a quando ieri ho considerato l’ultimo cachi, lasciato da parte per accompagnare una ciambella di acqua e appunto kaki. Tra i quattro che avevo, guarda un po’, era il più asciutto e pensare di farne una cremina fresca senza frullare o aggiungere impossibile. Al solito, ho pensato, fino a quando mi sono accorta che il suddetto conteneva ben quattro semi, dico quattro, che ultimamente trovarne uno è già un’impresa.
Ne ho preso uno e l’ho messo sotto i denti. E sono tornata bambina.

 

Non ho trovato in successione tutte e tre le posatine (cucchiaio, forchetta e coltello), ma una serie di cucchiaini (chissà come mai:-)).  E il kaki incriminato mi è stato immediatamente simpatico. 

Ho sempre trovato stupefacente la pianta. Da bambina ricordo che ne vedevo diverse tornando da scuola, pieno novembre freddo, e quelle palle arancione acceso appese su rami che mi parevano secchi e morti. Un vero controsenso, o forse anche no, dopotutto gli opposti (sapete no, luce buio, vita morte, maschile femminile e così via…) convivono e la bellezza della vita sta anche in questo, no? Della serie la filosofia dei kaki:-).

Bè passiamo alle cose pratiche. La mia ciambella. Per una benedetta volta avevo deciso di seguire una ricetta, non mia, e aggiungerci giusto i kaki e la vaniglia. 

La ciambella all’acqua in realtà è venuta veramente buona, prova la pupa che tornata dall’asilo si è issata ben due volte sullo sgabellone in cucina per recuperare, secondo lei non vista, due pezzi.
Ecco due pezzi. Non due fette, tagliate carine e perfette, perché la ciambella ha deciso di staccarsi a fatica dallo stampo in silicone (continuo a preferire i tradizionali magari infarinati o unti o rivestiti di carta:-)). 

La base della ciambella (ma potete farci anche un plumcake o una torta) all’acqua è molto interessante perché permette di evitare il ricorso a qualsiasi latticino e ottenere un dolce molto morbido e leggero (perfetto quindi per i tutti i pupi, non solo gli intolleranti al lattosio).
Come dicevo ho aggiunto i kaki (e diminuito lo zucchero, avendo dei frutti dolci e maturi), farina integrale, del succo di limone (e anche qui usato una dose minore di olio) e vaniglia, che coi kaki a me piace molto.

 

Kaki. Potete sottoporre ai primi assaggi del vostro formato già dall’ottavo, nono mese, scegliete quelli ben maturi, perché c’è poco di più terribile di quel fastidiosissimo gusto "allappante" dei kaki acerbi!

Ingredienti

 

2 uova

100 gr di zucchero
90 gr di acqua
2 cucchiai di succo di limone
60 gr di olio di semi (o di oliva molto delicato)
130 gr di farina bianca
40 gr di farina integrale
polpa di due kaki
1 cucchiaino di vaniglia liquida (un pizzico di vaniglia in polvere)
1 bustina di lievito per dolci

(salsina ai kaki per accompagnare)

Procedimento
Sbattete le uova (a temperatura ambiente) con lo zucchero per dieci minuti (con delle fruste elettriche). Aggiungete l’olio, l’acqua, il succo di limone, la vaniglia e la polpa di kaki. Mescolate e unite le due farine setacciate col lievito.
Trasferite in uno stampo a ciambella (o normale come volete) e infornate a 175° per una buona mezz’ora.  Potete servire con della salsina di kaki e succo di limone o arancia. (basta schiacciare o frullare la polpa con il succo). 
 

 

 

Formaggi dalla cascina

La cosa buffa è che quando ho visto l’enorme sacchetto non ho capito subito. Mica mi ricordavo di aver ordinato tutte queste cose. Bè, come direbbe Mr B., è tipico, ma proprio tipico della sottoscritta. I formaggi, in realtà, erano solo la punta, poi c’erano riso, frumento in grani, pasta di farro e segale (dico segale, ma perché non ne ho presi due di pacchetti?) e poi patate come piovessero. Il problema sta tutto nella lista on line: tu la vedi lì e aggiungi, aggiungi senza renderti conto. Bè oggi rimedio: il mio pranzo solitario sarà a base di "elicuccie alla ricotta". E poi stasera formaggi, formaggi.

 

 

Ecco, signori e signore, è arrivato il mio pacco (one). E dentro ci stavano un sacco di cose buone. 

In realtà non ho ritirato io ma amici che già ci passavano per uno loro di pacco (etto) e devono aver fatto una buffa espressione quando si sono visti presentare il mio. 

Personalmente non ho avuto tempo di considerare gli acquisti fino a domenica sera. Perché per prima cosa domenica sono rimasta a letto, sì nel senso che non sentito sveglia (nè io nè gli altri due). Direte: poco male. Sbagliato se aspetti gente per simil brunch da lì a dieci minuti. 

Mi è andata comunque bene. Il pupo degli amici mi ha salvato con una nanna di metà mattina che si è prolungata fino a farli arrivare un’ora dopo. Benedetti bambini!

In quell’ora ho preparato le focaccine alle patate e formaggio (impastate la sera prima) e visto che a quel punto avevo tantooo tempo ho preparato le sfogliatine ai formaggi e pere (pasta sfoglia già pronta, of course!) e dei mini muffin salati al tonno in fantastici pirottini che pare "hai passato tutta la mattina a cucinare, cavolo!". 

 

I formaggi. Provengono da qui. Sto ancora testando. Per ora promossi lo spettinato, mi piace molto lo trovo originale, la ricotta, un ok per la mondina (alla fine è giusto un similbrie) e negativo per la mozzarella, non è il fiordilatte che amo io. 

Perfetti per i pupi: ricotta, primosale, mozzarelle, fin dal sesto, settimo mese, ok per formato dal nono lo spettinato, aspettare dopo l’anno per la mondina, più grasso. 
 

Le sfogliatine? Dopo i bambini che ti salvano, benedetta la pasta sfoglia, salvezza di tutte le volte che hai giusto dieci minuti, dieci. Per i pupi aspettate dopo l’anno e preferitela nella versione più light. All’interno che ci ho messo?

Pere, cipollotto, rosmarino e formaggio misto. 

Consiglio? Per mamma&papà aggiungete, se disponibile gorgonzola o roquefort, contrastano bene col sapore dolce delle pere. Infine una manciata di sesamo e via in forno per 20 minuti.

 

piesse: le foto sono state fatte sul far della sera, ecco spiegata luce pari allo zero:)