Il tortino della “tolleranza”

Prendete una pupa. Una, a caso o quasi. Perché questa un pochino la conoscete. Almeno in cucina. Mangia pressoché tutto, più o meno con passione. Sperimenta volentieri, di solito e va assolutamente matta per una lovelist che conta in topfive di sicuro formaggi, pomodorini e uovo (quello alla coque). Bene la pupa è a dieta per sette, dico sette giorni.
E dopo aver contato sulla mano quello che potevo proporle, aver cucinato sull’isola diversi brodi e vellutate a base di poche verdure stagionali, oggi è arrivato il tortino a base dei semi amati dai canarini, il miglio.
 

Tutto è cominciato sabato scorso durante i giorni di vacanza. Pic-nic a pranzo, approfittando di un sole quasi primaverile. E l’aliciotta a godersi burrata e pomodorini (ammetto è una delle pochissime verdure non di stagione che alla fine ogni tanto compro pure a gennaio). Ebbene è stato l’ultimo pranzo di passione, consumato su seggiolina fronte mare.

Perché giusto due minuti dopo sui piedi nudi della pupa abbiamo notato puntini e punti rossi. E non riuscendo Mr B. a proclamare diagnosi chiara e certa, siamo andati come tutti al pronto soccorso. 
La cosa divertente è che con la pupa mi è capitato solo due volte di ricorrere a un "presidio medico esterno", in entrambi i casi eravamo a La Maddalena.
Bene qui il pediatra decretò: orticaria virale. E Alice cominciò a contare gli alimenti aboliti dal suo menù in questi giorni. 
C’è stato un pianto, improvviso quando nella conta spuntò anche la burrata che Mr B. si affrettò a consumare in fretta dietro lo sportello del frigo:-).
L’orticaria ormai è passata e gli alimenti della lista nera stanno in piccole dosi ritornando. 
Coincidenza vuole che proprio in questi giorni io abbia lavorato ad un servizio su intolleranze e allergie. E tra le altre cose abbia intervistato un esperto allergologo (giusto per conoscenza, nel caso vogliate cercare info in più sul tema, è il dott. Attilio Speciani).
No, che pensate! Non ho approfittato per una consulenza, però ho scoperto una serie di cose inaspettate. Come il concetto di costruzione della tolleranza alimentare: per farvela breve non si tratta nel caso delle intolleranze di abolire e eliminare in toto, ma di dosare gradualmente, impostare nuovamente l’alimentazione, far adattare il sistema immunitario introducendo a piccole dosi. Una sorta di secondo svezzamento, ho pensato. 
Un approccio che ad esempio ho adottato con la pupa nel caso del pomodoro o del parmigiano: piccole dosi, con piccole interruzioni. 
Voi che ne pensate? 

Beninteso l’orticaria della pupa non era dovuta a un’intolleranza alimentare ma era un fenomeno virale che chiaramente peggiorava con alimenti per lei più difficili da tollerare (da qui la decisione di eliminare per pochi giorni).
 

Per tornare al tortino che qui la questione si fa lunghissssssima e la palpebra cede, trattasi di ricetta senza formaggio alcuno, miglio e verdure e poco più. 
 

Ingredienti (per tre tortini)
100 gr di miglio
200 gr di spinaci
2 carote
1 fetta di zucca

olio extravergine d’oliva

erbe aromatiche (tipo timo, alloro, salvia)

(eventuale prosciutto cotto, pizzico di sale dopo l’anno)

 

Procedimento
Lavate le verdure e cuocetele al vapore, prima carote e zucca, verso la fine, solo per cinque minuti gli spinaci. Nell’acqua di cottura potete aggiungere una foglia di alloro. Sciacquate il miglio e lessatelo nell’acqua di cottura delle verdure, scolate e condite con un trito di erbe aromatiche e un cucchiaio di olio. Schiacciate le carote e la zucca a forchetta e mischiate con il miglio. 
Frullate parte degli spinaci con poca acqua di cottura e un cucchiaino di olio. Intanto con il miglio riempite una piccola teglia (da minitortina o quiche) poco unta. A metà potete inserire una fetta di prosciutto cotto. Passate in forno caldo per 10-15 minuti. Sfornate e servite con la passata di spinaci. 

 

Nel mezzo del cammin… Tanti auguri, a me!

Della serie oggi sono estremamente telegrafica. Il dispaccio, portato dal gabbiano, dice "Auguri". Io aggiungo a me! E la cosa pazzesca è che sono sorprendentemente felice, e se avessi dovuto scommetterci, arrivata a quello che qualcuno definì il "cammin di nostra vita" non avrei saputo dove puntare. Certo la palla è ancora in alto, è difficile prenderla o forse il bello è proprio questo. Per oggi mi godo un pic-nic, che sa di primavera e mare d’inverno, con una pupa riccioluta e Lui (Mr B.) che mi paiono i due colpi di, uhm, fortuna più grandi.

 

Ecco inaspettatamente felice.

piesse. grazie a tutti degli auguri! Sì, questo compleanno è splendido, proprio come in tanti mi hanno scritto (tempo compreso, non sono a Milano:-))).

 

 

La vellutata bianco sedano rapa e ricette

Iniziamo dalle comunicazioni di servizio. Pare, come mi ha fatto notare qualcuno, che "Una ricetta per il libro del Cucchiaino" abbia una scadenza troppo a ridosso della Befana. Della serie le feste non hanno giovato alla raccolta e considerato che la sottoscritta chiuderà la cucina per qualche giorno (ma la riaprirà sull’isola), beh  la scadenza è prorogata di una settimana (14 gennaio)

E nel frattempo riepilogo. 

Che tipo di ricetta posso mandare?

Niente di alta cucina, il segreto è di essere proprio semplici. Scegli un piatto che al tuo pupo piace particolarmente, lo ha coinvolto e magari ha salvato parecchie volte pranzo e cena.
La maggior parte delle amiche alle quali ho detto "perché non ci provate?", hanno replicato "ma che sei pazza, mandare una ricetta per un libro e che ti mando?". Ebbene non funziona così:-). Semplici, ingredienti semplici, preparazione semplice: importante è quello che ci sta attorno (voi, i vostri ricordi e il vostro pupo). 

Dove spedirla?

Mandami ingredienti, procedimento, nome e segnalazione se vuoi dei mesi o anni:-), a info@ilcucchiainodialice.it

Dopo l’interruzione ecco la ricetta di oggi.

Nonostante a casa nostra non si siano susseguite troppe cene e pranzi e tè pomeridiani, e il massimo dei botti siano state due "pizzipizzi" (voi come li chiamate, a proposito quei bastoncini che si accendono con effetto stelline?) accesi davanti al camino, il risultato è che comunque io ho il terribile desiderio di stare leggera, leggera. E poi c’è il tempo grigio e freddo, e questo già per me si traduce in un’equazione naturale: passati, brodi e vellutate. 

Come quella di oggi, rigorosamente a base di verdure bianche e sedano rapa. 

Il tutto è nato con la pupa che con me contemplava la palla (di sedano) bitorzoluta in cucina. Fascino del soggetto? Pari a meno zero. 

Poi è arrivato un nano (si fa per dire) cercatore di sedano rapa (tipo cane da tartufo, ma molto più loquace) e con la fissa di andare alla ricerca di palle bitorzolute. Ha trovato nel paese lontano, lontano il suo personale "santo graal" grazie ad un contadino con la fissa della rotazione stagionale delle verdure: da parte sua si è impegnato a fare previsioni sul raccolto (perché il nano è magggicooo) e  in cambio ne ha avuto una cassetta di sedano rapa, un anno sì e uno no.
La ricetta preferita del nano? Passato di sedano rapa con scaglie di sedano rapa, proprio come fosse tartufo:-).


La storia è durata giusto il tempo di tagliare le verdure e mettere sul fuoco. 

La vellutata si è appropriata di tutto il bianco possibile a disposizione in casa (e commestibile), ne è uscita una ricetta formato 9 mesi con variazione per mamma&papà grazie ad alcune mele secche reduci delle gite in montagna estive. (per un bebè dividete per quattro le quantità).

 

Ingredienti (per tre)

300 gr di sedano rapa
mezzo porro

1/2 mela
1 patata piccola
1 cucchiaio di olio extravergine

finocchietto selvatico
1 cucchiaino di parmigiano

(per mamma&papà: sale, cubetti di pane bianco, poco burro, fettine di mele essiccate)

Procedimento

Pulite il sedano rapa. Tagliatelo a pezzi e pelatelo. Pelate la patata e la mela. Tagliate il porro a fettine sottili e date una sciacquata anche a quelle. 
In una pentola mettete il cucchiaio di olio e aggiungete tutte le verdure a pezzi, mescolate sul fuoco e aggiungete dell’acqua tiepida (circa un litro). Fate cuocere fino a quando le verdure divengono morbide. Frullate tutto, tenendo un pezzetto di sedano rapa e profumate con del finocchietto selvatico.

Nel frattempo in una padella saltate i cubetti di pane e le fettine di mele con poco burro. 

Togliete la porzione del pupo, grattuggiate sopra a scaglie il pezzetto di sedano rapa lasciato da parte, salate il resto della vellutata e servite per mamma&papà con i cubetti di pane e le mele). 

La stella di mezzanotte

Ripenso all’anno quasi passato e mi pare di prendere una lunga boccata d’aria e fare immersione. Riemergo in un attimo: il tempo è volato. Metto in fila i ricordi, quelli belli e quelli che lo sono stati un po’ meno. E’ facile, da qualche giorno mi sono messa a riguardare mille foto per regalare alla pupa il calendario 2011 e un libro di immagini 2010. E ogni foto è un tuffo, unico, dove ti immergi, ti perdi e ti ritrovi. E’ pazzesco come tutto sembra essere una danza, veloce, veloce, e oggi che ti fermi, giusto un giorno prima che sia l’anno nuovo, ho l’impressione che la tristezza, la fatica, e il dolore siano quasi dimenticati. Deve essere Alice, credo, e la magia dei bambini, della mia pupa che posso quasi accarezzare nelle immagini.

Strano per me, chiudo il 2010 in pace, con me stessa, con quello che avrei voluto fare, che avrei voluto vedere. Senza se e senza ma: non mi capita spesso. 

A voi lascio i nostri auguri, il cucchiaino, a cui devo tanto e una stella, beluga "doc" in un certo senso:-).

La ricetta è formato 18-24 mesi in sù, io ho scoperto le lenticchie "beluga" (sì, proprio come il caviale) per caso. Ne sono rimasta conquistata e le ho volute utilizzare per una ricetta di Capodanno speciale.

C’è stato naturalmente chi ha improvvisato coi suoi di pentolini, e anche questo qualcuno ne è rimasto terribilmente conquistato:-)

Le ho unite al bianco, nere com’erano, perché mi piacciono gli opposti, si completano e compensano, e mi paiono, bianco e nero, tanto evocativi di questi dodici mesi.

Munita di formine a stelle di diverse fogge (una notate è quella per l’uovo, a stella) ci ho giocato nel piatto così, e così. 

 

Buon 2011 e… la ricetta!

Ingredienti (per tre)

250 gr di lenticchie nere
150 gr di miglio in grani (ma potete sostituire con cous cous)
300 gr di coda di rospo o pescatrice
1 cipollotto
1 spicchio di aglio
erbe aromatiche (rosmarino, salvia, menta, alloro)
olio extravergine d’oliva
sale (o gomasio)
brodo vegetale 
 

Procedimento
Tagliate il cipollotto a fettine sottili e fate dorare in padella con lo spicchio di aglio, il mazzetto di erbe aromatiche e l’olio. Stufate dolcemente e aggiungete le lenticchie, bagnate con brodo vegetale (o acqua tiepida). Fate cuocere per 30 minuti circa, aggiungendo brodo se necessario. Insaporite con un pizzico di sale o gomasio. Cuocete il pesce a vapore in un cartoccio per 10-15 minuti, profumando con una foglia di alloro. Nel frattempo fate cuocere il miglio. Sciacquate i grani e appena l’acqua bolle unite il miglio. Dovrà cuocere per cinque minuti o poco più. Appena pronto scolate, e sgranate a forchetta con un cucchiaio di olio, profumate con la scorza di limone. Ora mescolate le lenticchie con il miglio, usate delle formine per creare delle stelle sul piatto. Schiacciate anche il pesce, condite con una goccia di olio e un pizzico di sale e formate anche con questo delle stelline nel piatto. Basta riempire le formine del composto, schiacciare leggermente con le mani e togliere la forma. 

 

 

 

 

Lapponia, questione di luce

Quella che non c’è. Quella che dura il tempo di due ore. Quella che credi sia a lì a ricordarti il tramonto e invece è il sorgere del sole. Quella che ogni finestra rincorre, senza interruzione, fra il giorno e la notte. Quella che crea la neve, sui tronchi, i tetti e il fiume. Non ho mai pensato tanto alla luce come nel paese della lunga notte. Ecco se dovessi dire che cosa mi ha affascinato della Lapponia direi senza dubbio la luce, quella che non c’è.
Perché a pensarci è come se durante la loro estate senza buio, ci fosse una grande e unica ubriacatura colossale e poi nel corso dell’inverno una ricerca continua, un tentativo di rincorrere quella poca luce che c’è, quel sole che sorge quasi a mezzogiorno e tramonta dopo essere salito di poche spanne all’orizzonte. 

Il freddo e il buio. Erano le due cose che mi spaventavano di questo viaggio. Ho dovuto ricredermi. Per il primo siamo stati fortunati, solo una media di -15:-) e la pupa talmente coperta da richiedere a gran voce di fare un giretto con lo slittino, sulla neve, dopo cena.
Penserete che siamo pazzi, beh l’avrei creduto anche io prima della Lapponia. In realtà c’è un’abitudine così naturale a convivere e vivere senza la luce del giorno che è perfettamente normale vedere qualcuno sciare o scivolare sulla neve all’ora di cena. E noi ci siamo adeguati.

Il buio poi non è quello che conoscevo. C’è una luce fatta di ombre, di azzurrino, impastata alla neve che non ti lascia mai solo. E rende affascinante il paesaggio. Poi ci sono le persone con le loro case, anche le più isolate hanno una luce alla finestra che rimane accesa sempre, quasi a ricreare così un po’ del chiarore che non hanno. 

La luce è anche quella dei fuochi, accesi per raccogliersi attorno per riscaldarsi, scrutare il cielo alla ricerca dell’aurora boreale.

E il sole quando arriva albeggia come fosse al tramonto. Il risultato sono i colori che vedete nella foto di apertura, scattata verso le undici del mattino, poco prima di un’escursione in motoslitta sul fiume ghiacciato.

Contate poco meno di 120 minuti e dall’altra parte avrete la luna, mentre il sole tinge di rosso aranciato l’altro versante.

A tutto si aggiunge la neve, e lì capisci che le persone, gli alberi, le colline, e poi quel fiume non potrebbero essere senza. Non copre le cose, non le avvolge, è nei tronchi, nei tetti, sulle strade, li illumina e li sottrae alla notte: è come se fosse perenne, tutt’uno con le cose.

Naturalmente è freddo, molto freddo, ma è come se ad ogni minuto respirassi una boccata di neve, senza limiti, compromessi ma stranamente piacevole:-).

 

Il viaggio. Non avrei mai pensato di andare in Lapponia fino a qualche anno fa. Poi due mesi fa è nata l’idea: l’invito di Babbo Natale per la pupa. E io come come al solito ho funzionato da agenzia di viaggio familiare.

Ho scovato un "cabinlog" (beh, un piccolo cottage con tanto di cucinotto, ridotto all’essenziale e sauna in casa, fantastica!!!), giusto fuori Rovaniemi, ai piedi di piste da sci e piccole discese per slittini. E’ stata la scelta perfetta.

Rovaniemi, infatti, non è particolarmente bella come cittadina, è stata distrutta prima ai russi e poi dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale e quindi ricostruita da capo, con uno stile anni ’70 tendente all’est-europeo. Triste:-).

Basta lasciare alle spalle di pochi chilometri la città e tutto cambia.
In città vale la pena fermarsi un pomeriggio per una visita all’Artikuum Museum, dove scoprire tradizioni e storia dei lapponi, un paio di compere (ai designaddicted consiglio Pentik, io ho scovato due renne porta candele proprio in lappishmood) e una cena da Nili’s restaurant, dove potrete sperimentare la cucina lappone (che ammetto non mi ha particolarmente impressionato, considerando che già partivo prevenuta nei confronti della carne di renna). 

 

In giro, sulla neve. Gli husky, le renne e Alice. Le escursioni sono state scelte considerando la nostra pupa. E dopo una prima uscita in motoslitta, classificata come "giornata da dimenticare" causa pupa non soddisfatta, direi che la corsa in slitta coi cani husky e la passeggiata con le renne al chiarore della luna piena, hanno definitivamente conquistato Alice, direi più di Babbo Natale:-).

Naturalmente in questi casi venite forniti da equipaggiamento di copertura degno di omino michelin doppio e il bambino non viene abbandonato al suo destino, ma viaggia con voi sulla slitta, avvolti nelle coperte:-). 

Io per non sbagliare ho riempito Alice nelle estremità di scaldini usa e getta: sì, avevo il terrore del grande gelo:-)

A guidare la slitta? Nel primo caso Mr B. , nel secondo Rudolph. In buone mani, no?

Il tutto percorrendo sentieri innevati.

 

La cucina. Vi ho già detto di Nili’s restaurant, in generale la cucina lappone mi è sembrata superessenziale, ridotta a poco o nulla (ma magari è tutta una mia falsa impressione). Renna, affumicata o cotta a filetto, salmone, pudding, pepperkor e poco altro. Siamo rimasti conquistati da un ristorante ma più per il suo arredamento fatto di ghiaccio piuttosto che per i piatti.  Direi che insieme alla corsa coi cani dagli occhi color del cielo (parole di pupi) il ristorante Snowland è stata la seconda esperienza da annotare.

Guardate un po’:-). Ovviamente si cena vestiti e in gran fretta!

Pensate che qui ogni anno rifanno pareti, tavoli, tetto tutto da capo (e beh, che ve lo dico a fà, è di ghiaccio), e ci mettono un mese e un pezzo. 

Io non smettevo di fotografare, peggio dei giapponesi di fianco a noi:-).

Il menù? Zuppa di renna affumicata (confesso, buona!), renna per Mr B., salmone per me e la pupa. E poi snaps (tipico liquorino del posto) per la sottoscritta in bicchierino rigorosamente di ghiaccio (confesso, l’ho preso solo per il contenitore:-)).

 

On the road, of course. Non sono io se sto ferma nello stesso luogo più di quattro giorni. E’ stato così che il quinto giorno ci siamo messi in auto, direzione Ranua. Per precisione verso lo zoo artico della Lapponia. Allora aperta parentesi. Io non amo gli zoo e dopo essere stati mesi fa allo zoo di Londra, al quinto animale da caldo africano nel gelo londinese avevo detto basta. Qui invece è stato diverso. Si tratta di animali solo del luogo e il tutto è in un similbosco che giri a piedi con pupo nello slittino e copertina. Ok, non è comunque il massimo, gli orsi polari non hanno a disposizione l’intera foresta artica ma un piccolo appezzamento, però è meglio di altri zoo visti. Chiusa parentesi.

Il bello di questo giro? La strada per arrivare. 

Ho visto il sole sorgere e poi tramontare dopo il mezzodì in una manciata di chilometri. E poi cottage colorati isolati, con appena una luce ad illuminarli. Mi sono goduta il paesaggio, chiedendomi come sia possibile vivere in tutta quella solitudine. Io ne sarei stordita.

Sotto avete l’albeggiare, non il tramonto.

 

Il motivo. In realtà conoscere Babbo Natale si è rivelato l’ultima delle ragioni di questo viaggio. Ancora oggi chi ci chiama per auguri e ci chiede ha tra la primissima domanda: "E Alice cosa ha detto di Babbo Natale?". Uhm, la prossima domanda. 

Credo alla fine che il bello stia più in tutte quelle lettere che giungono da ogni parte del mondo verso l’ufficio postale di Klaus (Santa) e l’omonimo Village. Sono il sogno e la magia, il resto l’ho trovato troppo umano (e commerciale). E la pupa, nonostante i tre anni, pare aver apprezzato di più altro. E davanti a Klaus mi è parso che avesse un’aria un pochino scettica:-). O forse era solo la mia di sensazione.

 

Il particolare che ha fatto la differenza? Neve a prova di angelo, piccolo e grande (no, eh?).

Ok, ci voglio andare anche io. Link utili? Ecco qua.

Rovaniemi, il sito ufficiale

Qui ho organizzato le escursioni 

Il nostro cottage

La webcam (ostinatamente guardata per più di un mese, ogni giorno, preoccupata che non ci fosse neve!)