L’uovo nel nido. Buona Pasqua!

Mi sono accorta solo pochi giorni fa che la Pasqua era veramente dietro l’angolo. Colpa del raffreddore che ha colpito la sottoscritta e la pupetta, della pioggia e della luce, che pare non aver compreso che il 21 a primavera è passato ormai da qualche settimana. Ho messo insieme giusto ieri i piatti per il pranzo di domanica, spedito stamattina Lui e Alice al mercato e messo via, che era ormai ora, i gingilli autunno-inverno in giro per casa. Come dire i cuscini con le renne a Pasqua anche no. E mi sono concetrata su uova, profumi e giallo-verde che sanno di stagione. E’ stato allora che ho pensato al nido. Quello da cucinare e quello in cui sono immersa in questo periodo. Completamente e senza rimpianti, senza dito puntato sul mappamondo per pensare e sognare o programmare di essere altrove. Una vera Pasqua di primavera.

Perché Pasqua per me è sinonimo di vita nuova, rinascita. Ogni volta come fosse la prima. Questa è la cosa incredibile, ce la portiamo dentro quando la luce cambia, gli alberi si rivestono e nei parchi si risentono le corse dei bambini. Non importa quante primavere abbiamo già vissuto: se apri gli occhi e guardi attentamente puoi ritoccare tutto come quando da bambino hai iniziato a contare i mesi sul calendario e a comprendere che le fragole arrivano a primavera. Se poi hai accanto, ora, un bimbo ripeschi tutto al volo. 

 

Ecco nella lista delle cose semplici e veloci da preparare per il nostro pranzo, ci sono oltre alle immancabili uova colorate (domani le farò con Alice che me lo chiede ormai da giorni) anche dei piccoli nidi al sapore di parmigiano, colorate di verde primavera con un piccolo uovo posato. Belli da vedere, buoni da mangiare e divertenti da pasticciare pr i più piccoli:-)

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Happy Easter a tutti!

piesse: per i cestini di parmigiano due o tre consigli pratici, pratici, per non fare un pasticcio come la sottoscritta:

– Usate esclusivamente Parmigiano Reggiano (fidatevi, il Padano non funziona)

– Aiutatevi con carta da forno da posizionare subito dopo attorno a una tazzina o ciotola per dare la forma e premere con carta assorbente (a meno che il caldo forte, forte sulle vostre mani non vi faccia un baffo o abbite una buona dose di automasochismo:-))

– Uova di quaglia: sode in 3 minuti!

 

La ricetta (per 4 cestini)

9-10 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattuggiato (io qui ci ho aggiunto poca, poca scorza di limone per aromatizzare)

100 g di fave

100 g di piselli

una decina di asparagi (selvatici)

4 uova di quaglia

sale, olio Evo

timo, menta

 

Procedimento

Bollite fave e piselli sgusciati (se come me utilizzate quelli freschi) in acqua salata. Ci vorranno circa 20 minuti, negli ultimi 5 minuti inserite anche gli asparagi. Scolate e passate in una padella con un cucchiaio di olio le verdure (affettate finemente gli asparagi, aromatizzando con timo e menta. 

Preparate i cestini. In una padella antiadarente posizionate un cerchio di carta da forno leggermente più grande della base della tazzina o ciotola che userete. Metteteci sopra due cucchiai abbondanti di parmigiano e lasciate sciogliere a fuoco dolce. Ora trasferite la carta da forno sulla tazzina rovesciata, premete attorno (ricordate carta assorbente) e lasciate che prenda la forma. Fate raffreddare quindi togliete la carta da forno e rovesciate il cestino.

Ora le uova: mettete in acqua che bolle a cuocere per 3 minuti.

Ora componiamo: sulla base del cestino posizionate le verdure, inserendo le punte in verticale, al centro l’uovo di quaglia.

Tagliolini alla carruba con ragù d’anatra

L’idea era di utlizzarla per i prossimi gelati home made, considerate le sue ottime proprietà addensanti che la rendono l’ingrediente segreto di gelati&co. Poi ho cominciato a leggere in rete e a elaborare sperimentazioni. Ok, gran parte sono ancora nella mia mente, perché il tempo in questo periodo è v-e-r-a-m-e-n-t-e p-o-c-o, scandito lettera per lettera, sì, sì. Sono ferma alla prima: tagliolini alla farina di carrube con ragù d’anatra. Pensata per chi come me è in debito di ferro, vitamine etc. etc… , ma perfetta anche per chi vuole presentare una ricetta nuova, nuova per il pranzo di domenica. Beh, è Pasqua, no?

L’interesse per "e ora che mangio" è arrivato il giorno della dimissione mio e della pupetta, quando il medico, gran sorriso, mi ha detto: "La vedo in gran forma, ma mi dia retta fegato e milza, milza e fegato nelle prossime settimane". Faccia scettica mia al suo "Non le piacciono?". E beh, anche no. La milza non l’ho presa in considerazione "manco" per scherzo,  per me rimane una di quelle cose che nominavo da piccola quando correvo troppo forte, e tale credo rimarrà. Lui mi ha convinto per l’assaggio del fegato, sfoderando una ricetta di famiglia: fegato alla veneta, con "tantissimeee cipolle". Non so Lea, ma io ho abbandonato alla prima volta pur adorando la zuppa di cipolle, sì, sì.

Ho deciso però di aumentare la presenza di carne e così è finita che i tagliolini, che in un altro momento avrei condito diversamente (ecco proovateli con un ragù di funghi, devono essere ottimi:-)), si sono sposati con un ragù di anatra. Ricca di ferro,  considerato che rientra fra le carni rosse. 

Al contempo sono rientrate dosi massiccie di lenticchie rosse decorticate, perché lo spauracchio "coliche, pianti, canta e cammina" vissuto con Alice è ancora vicino, vicino. 

 

La farina di carrube è stata una gran bella scoperta: al di là di vantare proprietà astringenti (da usare quindi anche in caso di diarrea nei bambini), è un prodigioso riminalizzante, perfetto quindi in cure ricostituenti o in caso di spossatezza. Vedi puerpere "allattanti":-).

La prossima sperimentazione sarà di sicuro dolce, proprio come fosse cacao.

Ammetto di aver approfittato della presenza di due aiutanti, amanti della preparazione della pasta homemade, per realizzare la ricetta. Io ho fatto l’impasto, Lui e Alice hanno tirato fuori 500 g di tagliolini scuri, scuri.

Della serie questa è un’idea da imitare se anche voi avete qualcuno di volenteroso al vostro fianco e in questo momento siete messe come la sottoscritta.

La ricetta. Ovviamente non è solo per puerpere e pranzi pasquali:-)

piesse: la regola imporrebbe 1 uovo per ogni 100 g di farina, io ne ho usato uno in meno, di solito infatti diminuisco sempre la quantità di uova, per avere una pasta più leggera.

 

Ingredienti

La pasta.

400 g di farina di grano duro

100 g di farina di carrube

4 uova

acqua, sale

 

Il ragù

400 g di petto d’anatra tritato medio

3 carote

1 gambo di sedano verde

1 cipollotto

1 spicchio di aglio

olio EVO

sale

rametto aromatico di rosmarino, timo e salvia, 1 chiodo di garofano

1 cucchiaio di maizena amalgamata in mezzo bicchiere di brodo vegetale (o latte).

 

Procedimento

Su una spianatoia versate a fontana le due farine mescolate insieme, create un buco al centro e sgusciate dentro le uova.  Aggiustate con un pizico di sale, eventuale goccio di acqua e impastate a mano. Lasciate riposare l’impasto avvolta in un canovaccio per una mezz’ora, quindi ricavate le sfoglie con l’apposita macchina o col mattarello e quindi i tagliolini.

Il ragù. Fate stufare il cipollotto affettato sottilmente con lo spicchio d’aglio e le erbe aromatiche (che alla fine toglierete) e il chiodo di garofano. Aggiungete le carote e il sedano a dadini piccoli, quindi la carne.  Mescolate, rabboccate con del brodo vegetale (circa un mestolo o due) e fate cuocere a fuoco dolce. Salate. Verso fine cottura addensate il ragù con la maizena. 

Bollite i tagliolini in acqua salata dove avrete aggiunto un cucchiaio di olio (così da evitare che la pasta appiccichi). Scolate e condite con il ragù, una spolverata di parmigiano e un rametto di rosmarino fresco.

 

 

 

 

 

 

Zagare per il 21 a primavera

Non esiste un’altra stagione che mi metta una simile ebbrezza. C’è l’inverno con la sua magia bianco candido,l’autunno in multicolor e l’estate con i cieli senza nuvole e la luce sfacciata, assoluta. Ma la primavera è unica per quel suo senso di attesa, rinascita, di vita nuova. Ogni volta aspetto il 21, impaziente, annusando l’aria, spiando gli alberi, ascoltando dalla finestra socchiusa i segnali. Quest’anno sono stata meno fedele all’attesa, ho avuto la fortuna di cogliere il 21 nell’8 marzo e oggi, ho la chiara sensazione di trovarmi la primavera in casa. Di accarezzarla e contemplarla con un’ebbrezza tutta nuova. Intensa come i fiori di arancio.

Sono nate così le frolle per Lea, leggere e profumate di primavera, di vita nuova. Hanno preso le forme della piccola leoncina, scomposte e ricomposte, i profili di aria, liquidi e fluidi. L’idea di creare qualcosa che mi ricordasse la primavera, in realtà, risale a settimane fa. La memoria del colore e della luce ha richiamato il profumo, quello potente delle zagare, essenza liquida dei fiori di arancio.

E navigando in rete ho trovato l’acqua di fiori di arancio 100%, di origine libanese.
Per i biscotti ho testato due impasti: il primo simile a una ricetta presente nel libro ("I biscotti del sor-riso), a base di un mix di farina 00 e farina di riso, burro, panna e zucchero, il secondo in sostanza identico, ma con l’olio di mais al posto del burro. E ovviamente in entrambi i casi l’acqua di fiori di arancio. Devo dire che la frolla con l’olio mi ha soddisfatto parecchio, leggera, leggera e molto friabile.
Con Miss Cia ci siamo poi divertite a disegnare impronte e musi di leoncina, come omaggio alla nuova pupa.
Felice 21 marzo di primavera!
La ricetta. 
Ingredienti
200 g di farina 00
100 g di farina di riso
80 g di burro (o la stessa quantità di olio di semi di mais o oliva delicato)
circa 80 ml di panna fresca 
2 cucchiaini di acqua di fiori di arancio
80 g di zucchero


Per la glassa: zucchero a velo, acqua, succo di limone (o acqua di fiori di arancio)
 
Procedimento
Mescolate lo zucchero con burro o olio. Aggiungete la panna e l’acqua di fiori di arancio, quindi le due farine stemperate insieme. Regolatevi con le quantità: se il composto risultasse troppo morbido, unite ancora della farina. Dovete ottenere una palla morbida ma compatta. Lasciate riposare in frigo per una buona mezz’ora, quindi riprendete, stendete e ritagliate i biscotti (con uno stampino a piacere, non fate come noi che siamo andate a mano in mancanza di stampi a leoncina:-)).
Decorate con la glassa.
 

 

Lea, la mia seconda primavera

E’ arrivata una settimana fa puntuale come la sottoscritta non è mai riuscita a essere in tutta la sua vita (salvo rare e dovute eccezioni). Inaspettatamente, che neanche due giorni prima mi avevano rimandato con la mia pancia al monitoraggio da cominciare subito dopo il termine. Lea ha deciso altrimenti e ha scelto un giorno che piaccia più o meno, sia simbolo di diritti da rivendicare o differenze da celebrare, o semplicemente una tradizione ormai inflazionata, come i cioccolatini e i fiori il 14 febbraio, è di per sé speciale. L’8 marzo, col suo giallo che pare voler già fare uno scatto veloce per arrivare al 21, e dire "è primavera". Perché, come mi ha scritto un’amica mesi fa, una bambina è sempre sinonimo di primavera. E Lea, per me è come fosse uan seconda primavera, uno di quei regali che non ti aspetti perché pensavi di avere avuto tutto, di essere ben al di là del confine di poter tanto emozionarti per altro. Bene, mi sbagliavo. Questi mesi mi hanno insegnato tanto, e all’arrivo mi hanno fatto vedere le cose come completamente diverse, facendomi sentire una vera ingenua. La cosa stupefacente? Guardate il disegno sopra, bene questa è Lea, tratteggiata pochi giorni prima della nascita quando ho spiegato a Miss Cia (grazie!) l’idea che ho inseguito per mesi di questa pupa: una leoncina fatta di acqua e aria. Il nome, Lea, a guardarla ora pare portarsi dietro il suo destino, che vedo chiaro e tiepido come una giornata di primavera. 

piesse: grazie a tutti, amici virtuali e non, per i tantissimi auguri!

La tatin del dì di festa

E’ diventata la tatin della domenica, del tutto simile nella parte superiore al dolce rovesciato, morbido e soffice invece per l’impasto. Una sorta di ibrido, facile, facile da fare, studiato su misura per Alice. Il primo esperimento è stato solitario, in uno di quei risvegli di prima mattina, causa "panza" (a proposito pare che qui qualcuno proprio non ne voglia sapere di essere puntuale).
Volevo preparare un dolce, subito pronto per la colazione di Lui e la pupa, da mangiare tiepido e dalla consistenza "tortosa" che all’Aliciotta piace sempre. 

Ho avuto ragione, per di più nelle divagazioni successive mi ha sempre accompagnato la pupa nella preparazione. E così è nata la nostra "tatin eretica".

 

Che cosa apprezzo? La rapidità di esecuzione e la bellezza luminosa appena

sfornata, subito e senza compromessi di tempo. 

In questo periodo in cui non ho molta voglia di trascorrere lungo tempo ai fornelli, un must rimane però quello del dolce. Una sorta di coccola per me e per gli altri. E il bello è che potete modificarla in due o tre ingredienti pur mantenendo la base, senza grosse difficoltà.

Io ho utilizzato frutta di stagione: pere e mele, cambiando poi le note abbinate, una volta gocce di cioccolato fondente e cannella, un’altra volta uvetta, chiodi di garafono, anice e pinoli. E infine quella della foto, dove ho aromatizzato la copertura di pere, affettate finemente,  con una granella composta da scorza di limone, mandorle e zucchero. 

Il risultato è stato coccoloso ma al contempo fresco, per via del limone, molto più primaverile e meno invernale rispetto alle altre versioni.

Per l’impasto niente burro o latte, ma olio di semi di mais spremuto a freddo e yogurt bianco intero. Ho montato gli albumi a neve, per ottenere un impasto soffice, e utilizzato un mix di farina 00, amido di mais e farina integrale.

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Unico appunto rispetto alle altre versioni, la lucidatura zuccherosa ha perso un pochetto della sua bellezza a causa della granella di mandorle che al prossimo giro inserirei solo nell’impasto.

 

Ingredienti

2oo g di farina 00

100 g di amido di mais

50 g di farina integrale

3 uova

70 ml di olio di semi delicato

1 barattolo scarso di yogurt naturale

130 g di zucchero (circa 50 g sono per il fondo della copertura)

2 pere 

la scorza grattugiata fine di un limone

2 cucchiai di granella di mandorle

vaniglia liquida o in polvere

1 bustina di lievito

una noce di burro

 

Procedimento

Imburrate una tortiera da 18-20. Mescolate 50 g di zucchero di canna circa con la scorza di limone e la granella di mandorle. Mettete questo composto sul fondo della tortiera, creando uno strato. Ora affettate le pere molto finemente, l’ideale è con una mandolina giapponese. Posizionatele su tutto il fondo, salendo anche di un centimetro lungo i bordi. Spruzzate con succo di limone.

Ora l’impasto. Montate gli albumi a neve ben ferma e teneteli da parte. Sbattete i tuorli con lo zucchero restante, quindi unite olio, yogurt e un cucchiaino di succo di limone e la vaniglia. Ora gli albumi molto delicatamente.

Stemperate insieme farine, maizena e lievito e unite al composto girando e amalgamando.

Trasferite il composto nella tortiera e cuocete in forno a 175° per 30 minuti circa.

Fate raffreddare una decina di minuti quindi rovesciate la torta su un piatto da portata e servite.