Tornare…

430 … e avere ancora negli occhi il blu, quello del mare, quello dell’orizzonte e del cielo. Dove vivono sospesi i gabbiani. E ci si sente perennemente in preda del mal di terra. Tornare e avere l’estate dentro, come fosse un secondo abito dal quale non vuoi separarti. Faticare coi grigi di oggi, con i semafori infiniti, quando per quasi due mesi ne ho contati giusto due (di cui uno perennemente lampeggiante). Avere l’eco dell’andirivieni dei traghetti, che a volte si incontrano a volte no. Vai a scommettere quando. E il gioco delle spiagge o delle uscite comandato dal vento. Tornare come se non si fosse tornati. 

Ormai so del tempo che vola e scivola, poco stupore quindi per un’estate che si è consumata veloce nella sua lentezza infinita. Le piccole abitudini: la sveglia presto, la corsa in bicicletta per accompagnare Alice al corso di nuoto in mare, l’odore intenso della salsedine al ritorno, appena imboccavo la discesa, il mercato del mercoledì, l’attesa dei primi fichi e la scelta del melone bianco.  La connessione sulla quale maledire durante le mattinate lavorative, il porticciolo dove ammirare le barche sul finire della giornata coi profili delle case che hanno un sapore di altri tempi,

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lo sguardo perso verso il panorama, a valutare tramonti all’ora dell’aperitivo casalingo,

o invidiare gli alberi, quelli sul mare.

il bagno della pausa pranzo, le prime sgambettate in acqua di Lea, e il mare che scorgi improvviso fra gli alberi e le rocce. Il giro al parco, a far finta di essere pirati nei giorni brutti (uhm, forse due:-)).

 

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La conta dei fari, fino a quello più lontano, degli isolotti Barrettini. 

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E ti può capitare di scorgere i delfini fra le onde o girare il collo come fanno certi uccelli, persi nell’orizzonte o attaccati al loro scoglio.

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Non è stato viaggio, non è stata vacanza, almeno per la maggior parte del tempo, ma una sorta di breve trasferimento altrove, quando cominci a vivere e riconoscere e organizzare.

Però quello lo lasciamo da parte perché tornare, almeno oggi, è raccontare i momenti, quelli più belli e speciali dell’isola,  La Maddalena. Fatta di luce, che filtra nel blu cangiante del mare, nel verde dei pini di Caprera, e di vento, che urla o sussurra nel canto dei gabbiani, alle prime ore del mattino.

Per me è impossibile stare qui senza desiderare di andare. O meglio di non rimanere a terra, senza perdere di vista la partenza. E i luoghi dove navigare sono tanti e tali che ammalarsi di mal di terra qui è quasi banale.

Ecco Bonifacio, le sue falesie, il bianco accecante nei giorni dell’estate. E l’impressione di avere fra le dita tutto quello di cui hai bisogno. Per un momento.

 

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E poi i tuffi, i primi di Alice senza se e senza ma, contati a voce alta, con le amicizie nate per caso. Tipo che abbiamo lo stesso costume e amiamo lo stesso rosa per l’innaffiatoio ("Ciao Riiiitaaa!!":-)).

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Per oggi l’estate è ancora qui, mentre sogno l’isola, quella che mi somiglia. 

 

 

Di stelle alpine e fiori di campo. Arrivederci a settembre…

Luglio è passato veloce, tra le prime vacanze e i bagliori di estate assoluta. I giorni sono corsi, come ormai sanno fare mio malgrado. Tra le mani le prime manciate di ricordi, quelli della montagna, che odorano ancora di fiori di campo mentre nelle orecchie ho, ora, la voce forte e calda delle cicale. Davanti settimane sull’isola tra i primi “bagni” della pupa piccola e le nuotate di quella più grande, ormai in stile libero:-).

Come non mai, tra i sentieri, in montagna, fiori e fiori e ancora fiori. Il profumo dell’erba, verde smeraldo, punteggiata da viola, gialli e bianchi. Da ammirare e cogliere. E far mazzetto e sistemare fra i capelli. Per la gioia delle bambine.
Quest’anno abbiamo vissuto un’intera settimana in quota, in una casa nei prati, affacciata sulle montagne dell’Alta Val Badia, di fronte la cime del Sassongher.  Con noi amici, per la gioia di Alice in compagnia di una delle amiche del cuore. Come dire, tutto più semplice perché due bambine=gioco= annullamento= – 2 (o quasi:-)). 
 
Ci siamo dati un taccuino di marcia a misura di pupi, quelli a piedi e quelli nello zaino, sulle spalle. E nonostante i capricci del tempo, abbiamo potuto segnare diverse croci sui sentieri che volevamo percorrere. Fino ad arrivare oltre i 2000 metri.
Paesaggi che riconciliano con gli animi più irrequieti, lontani dalla folla. Serate così fresche che a volte non pensi nemmeno possa essere anche lì estate. La soddisfazione di far fatica, gambe in spalla, ognuno con il suo peso più o meno maggiore, la scorta di acqua e qualcosa da mangiare sul plaid disteso sull’erba. Ed enormi poltrone, che sanno di legno, sulle quali alzare gambe e occhi al cielo, e contemplare cime in ogni punto.
Tutto sa di aria, che entra nella testa, nelle orecchie, negli occhi. Chiara, leggera e dolce. 
Sono ritmi che nulla hanno a che vedere con quelli del mare, dove sono ora e la quantità di gente sulla spiaggia, vicino al mio asciugamano aumenta in maniera esponenziale al crescere dei giorni sul calendario.
 
Come al solito, a stupirmi, là la quantità di attività proposte per i più piccoli: sentieri didattici dove raccogliere timbri attraverso il riconoscimento di impronte di animali, malghe nelle quali i bambini di città capiscono che il latte non lo produce l’omino del banco frigo e si stupiscono della facilità di produzione di panna e burro, fermate in alta quota dove non mancano mai giochi all’aperto o pennarelli per colorare se la pioggia arriva improvvisa. 
Poi si ritorna all’aperto, con i verdi che sono ancora più verdi.
Il ladino, a inframmezzare le lingue nazionali, italiano e tedesco. E cene, in posti tanto belli e d’atmosfera quanto cordiali con le famiglie.
Tra tutti segnatevi L’Murin Osteria, gemella della Stua de Michil de l’Hotel La Perla: noi ci siamo andati per cena con 4 bambine, arrivati c’erano già pennarelli e fogli per disegnare e occupare l’attesa dei piatti, in un ambiente da favola e una cucina, informale e di una manciata di proposte, di chiara appartenenza all’altro ristorante stellato dell’albergo. E ci siamo sentiti completamente a nostro agio, nonostante la confusione che ci abbiamo portato.
A proposito qui ho fatto merenda (anzi abbiamo, visto che Alice lo ha adorato:-)) uno degli strudel migliori della mia vita, rigorosamente di stagione, ripieno di albicocche con una morbida pasta sucrè. 
 
Con gli anni mi sto accorgendo che sto sviluppando una passione sempre più accentuata per la montagna d’estate e il mare d’inverno, sarà mai che sto invecchiando o sviluppando un’intolleranza via via maggiore alla folla?:-) 
 
La ricetta di oggi è in perfetto spirito del post, come dire sconsigliata a chi si trova ad altitudini poco sopra il livello del mare o nella calura della città. In questo caso, archiviate e mettete da parte per i primi freddi autunnali. Ne vale la pena!
Da accompagnare con Weizen per i grandi e birra dei piccoli per i pupi (ovvero succo di mele 100%)
 
piesse: arrivederci a settembre! (mi pare un po’ di essere ritornata ali tempi della scuola con queste vacanze lunghe, lunghe quest’anno!)
 
Ingredienti (per 5-6)
500 g di pasta colorata (io ho usato il formato stelle alpine, so cute:-))
 2 patate grosse
2 mele
1 cipollotto
150 g di formaggio tipo latteria saporito
150 g di speck cotto (assomiglia a un prosciutto cotto affumicato ma poco affumicato e più dolce, perfetto per i più piccoli, in alternativa usate prosciutto cotto)

qualche cucchiaio di latte o panna fresca e brodo vegetale
olio EVO

burro (magari di malga:-))
sale, rosmarino

 
 

Procedimento
Pelate le patate e sbucciate le mele. Grattugiate tutto a julienne, affettate il cipollotto e fatelo dorare in una grossa padella con un cucchiaio abbondante di olio. Aggiungete patate e mele, mescolate, profumate con il rosmarino e bagnate con brodo vegetale se si asciuga troppo. Portate a cottura, aggiustate di sale. Mantecate il condimento con latte o panna e una bella noce di burro. Ora bollite la pasta, e passatela al dente in padella. Servite con una buona grattugiata di formaggio a scaglie. 


Per info sull’Alta Val Badia
www.altabadia.org

L’insalata di Lui che va bene per tutti

Come già spiegato, qui l’ultima frontiera (per sopravvivere:-)) sono i piatti che si fanno da soli (o quasi). Incrociamo le dita che sia proprio l’ultima. Beh, a dire il vero ci sono anche quelli che prepara qualcun altro per te, così facili e veloci che vanno proprio bene, ma proprio bene, per tutte le tipologie di specie. Single, neomamme con le due braccia impegnate, l’amica vegana e mia madre, con un’antipatia innata per cucina e pentolame.
L’insalata di oggi, con qualche variazione a seconda della disponibilità del frigo, è di Lui. Il suo diktat ultimamente, quando sto già correndo verso impasti&co? Miralda, qualcosa di semplice. In questo caso la facilità di esecuzione è stata tanta e tale che la sottoscritta ha delegato alla sua dolce metà:-).

Non so se l’avevo già scritto, ma uno dei pochi prodotti “fruttoverduriferi” che compro fuori stagione e a chilometro tutt’altro che zero è l’avocado. Lo amiamo in famiglia, soprattutto Alice. Ultimamente ho scoperto che viene coltivato anche in Sicilia ma non sono mai riuscita a trovarne (ecco se qualcuno sa qualcosa parli:-)). L’avocado rientra spesso come salsina veloce, veloce da preparare a forchetta, oppure a pezzettoni in insalata o in fantastici involtini “che si fanno da soliiii” a base di bresaola, coriandolo e lime. 
Peccato che spesso lo si trovi duro tipo pietra (che se qualcuno si azzardasse al lancio avrebbe tra le mani un’arma letale), devi dimenticare di averlo comprato per tipo quattro o cinque giorni, e una volta pronto hai perso il momento giusto. 
Tra l’altro si presta per le prime pappe dei pupi, tanto che all’estero lo si usa spesso, un po’ come noi faremmo con zucchine o patate. 
 
La ricetta, quindi. Telegrafica o quasi, dedicata a tutti coloro che soffrono di mancanza di tempo, chissà mai che oggi guadagnino cinque minuti, cinque per stendere finalmente uno smalto supercolorato e non il solito trasparente che così mi dura una settimana e forse anche due. E a coloro che di tempo ne hanno tanto (beati voi!) ma vogliono impiegarlo fuori dalla cucina:-)
Piesse: io ho usato un cous cous di mais (giallo canarino, carino!), ma potete ovviamente utilizzare il solito di grano. 
ripiesse: ovviamente adatta ai pupi, dai 18 mesi in poi e ai picnic da spiaggia e non.
 
Ingredienti (per 3)
200 g di cous cous di mais (o grano)
1 avocado
200 g di mais dolce
foglie di lattuga
4 zucchine baby
timo limonato
olio extravergine d’oliva, sale
lime
 
Procedimento
In un bicchiere emulsionate circa 50 ml di olio con un pizzico di sale, un cucchiaino di succo di lime e foglioline di timo limonato. 
Preparate il cous cous. Sgranatelo a forchetta con un cucchiaio di olio extravergine in una ciotola, nel frattempo riscaldate dell’acqua leggermente salata. Versate l’acqua sul cous cous (lo stesso volume in quantità della semola) e coprite con un coperchio. Dopo qualche minuto il cous cous assorbirà tutta l’acqua gonfiandosi, nel caso ci fosse bisogno aggiungete ancora qualche cucchiaio di acqua. 
Ora le verdure. Grattugiate le zucchine a julienne e sbucciate l’avocado, tagliandolo a cubetti, spremeteci sopra qualche goccia di lime. Unite zucchine, avocado e mais al cous cous, condite con l’emulsione di olio e servite su foglie di lattuga.

Se è confit è superfast!

Quando sono diventata mamma la prima volta è stato, almeno all’inizio, come se niente potesse più essere come in passato. Ed effettivamente un po’ è così, anche se non spaventosamente vero come ti pare all’inizio. Lo capisci quando arriva un pupo e alle amiche, che indagano e ti chiedono, è impossibile spiegare fino a quando non ci sono dentro. Non è che non lo vuoi confessare, quasi fosse una loggia massonica e tu un adepto poco convinto, ma è che sarebbe del tutto inutile spiegare. Devi sperimentarlo. La cosa che più mi pesa e continua a mancarmi? La mancanza di tempo. La mancanza di solitudine. Poi c’è tutto il resto. Ovvio. L’arrivo di Lea non ha spostato molto i pesi, non fosse altro perché Alice è stata (ed è) una bambina estremamente "impegnativa" (e considerate che questo è un eufemismo:-)), mentre la seconda Miss è la pace fatta pupa.

Bene comunque il tempo scappa e io gli corro dietro. Anche a pranzo. Come dimostra la ricetta di oggi.

Sono nella fase "ci voglio mettere giusto 15 minuti o poco più", il resto lo fa il forno o il freezer. Non la sottoscritta. Sto sperimentando ricette di gran soddisfazione che mi permettono di non litigare troppo con gli altri (beh, Lui) e il tempo capriccioso.  Da tutta una variazione di cheesecake a primi a base di cous cous "cinque minuti cinque". 

Lo so, fa caldo e al forno sarebbe meglio fare una pernacchia o quasi. Ma a volte è molto meglio che spadellare e in questo caso bastano giusto 20-25 minuti per trasformare pomodorini e strisce giallo sole di peperone in un perfetto condimento estivo. E quel nome, confit, pare dire che avete preparato qualcosa di estremamente "chiccoso".

 

Per me che fatico spesso a rimediare il mio pranzo è diventata un’ottima soluzione veloce per mangiare tra un articolo da consegnare, una lavatrice da caricare scaricare e una pupa da alimentare. 

Per chi allatta diventa un piatto completo, non ci sono problemi particolari per il peperone se non di digestione (per chi ne ha già solitamente), in questo caso eliminate la pellicina esterna.

 

Ingredienti (per una mamma e una pupa di 4 anni e un pezzo che in quetsi giorni è a casetta)

120 g di spaghetti

1 peperone giallo

300 g di pomodorini

erbe miste (io ho usato timo limonato, basilico, menta)

olio extravergine d’oliva

ricotta salata

scorzetta di limone

sale e zucchero

 

Procedimento

Estremamente facile. Lavate i pomodorini e tagliateli a metà, lavate il peperone e tagliatelo a striscioline. Disponete le verdure su carta da forno, conditele con le erbe tagliuzzate, un pizzico di zucchero, una spolverata di scorzetta di limone, aggiustate di sale e finite con un filo d’olio abbondante. Cuocete in forno a 160° (io uso lo statico) per 25-30 minuti. 

Preparate gli spaghetti, conditeli con le verdure e serviteli con della ricotta salata grattugiata. 

Bianco, rosso Charlotte. E sono 3!

Non credo ci sia stato un anno intenso come quest’ultimo. Il libro, l’arrivo di Miss Lea e una nuova casa fra qualche mese. Ci sono stati momenti di sconforto, fatica e folle entusiasmo. Perché io fondamentalmente sono così. Sempre un po’ sospesa fra cielo e terra, capace di pensare a un nuovo progetto quando si sta per chiuderne uno. E il blog è ormai diventato un angolo speciale, confortante, anche quando, come in questi ultimi mesi, il tempo scivola fra le mie dita e non è semplice afferrare e ricordare. Tanto che oggi gli anni sono tre… (sospiro) wowww!

Il blog è stata una delle scommesse meglio riuscite nella mia vita (oltre Lui:-)), e anche ora, pur faticando a tenere il ritmo nel cucinare, scrivere e raccontare, la sensazione è che faccia ormai parte di me, di noi e da buon amico vada comunque coccolato. Mi ha dato molto in termini di ricordi, entusiasmo e possibilità di ritrovarmi, mi ha permesso di mettere insieme parole e immagini che non pensavo nemmeno ci fossero. 

E ormai è impossibile farne a meno. Un po’ come quel vecchio diario che tenevo da bambina: le pagine qui però non ingialliscono, non ci sono chiavi a chiudere perché none siste solo un mio. 

Il blog, per la sottoscritta, è diventato la prova chiara e certa che a volte i sogni si realizzano, tanto più quando pensavi la strada si fosse interrotta. 

Ora sono qui a scrivere, c’è Lea che gioca sul tappeto, vicino un nuovo amico, il pupo Leonardo (grazie Miss Cia!) e mentre la guardo, penso a quanto ci sia ancora da raccontare e fare. Con lei, con Alice. Anno dopo anno. 

Un pezzo dopo l’altro che avvicina e congiunge, tiene dietro quello che ero e quello che continuo a essere pur crescendo. 

E il Cucchiaino qui a testimoniare e confortarmi. 

Grazie a voi di esserci, grazie a Miss Cia per le sue splendide immagini, grazie a Edo che riesce a metterci insieme che sia in rete o nelle pagine di un libro!

 

Piesse: la Charlotte di oggi, con quei biscotti morbidi e leggeri,  il bianco e il rosso, mi pare il simbolo migliore per condividere un pezzettino con ognuno di voi!

 

La ricetta.

Primo capitolo. I savoiardi (o come li chiamano gli inglesi, "Ladyfingers":-))

Lo so, la forma non è perfetta, ma diciamo che la mia mano non era così ferma. Li ho fatti con Lea nel marsupio, di corsa che avevao un appuntamento dieci minuti dopo. Però il gusto, la morbidezza erano eccezionali. Da vero savoiardo!

Ingredienti
3 uova
90 g di farina
circa due cucchiai di amido di mais
70 g di zucchero

50 g di zucchero a velo

 

Procedimento
Separate i tuorli dagli albumi e sbattete questi ultimi a neve, ben fermi. Aggiungete a poco a poco lo zucchero, incorporandolo agli albumi e continuando a sbattere. A parte sbattete i turoli con una forchetta e uniteli alla meringa molto delicatamente. Stemperate le due farine insieme e amalgamatele al composto poco alla volta. Fate attenzione a girare veramente delicatamente altrimenti l’impasto si smonta e i savoiardi non cresceranno.

Ora al via con la sac à poche con una punta liscia e piatta. Riempitela con il composto e formate i classici biscotti su carta da forno. 

Spolverate i biscotti con lo zucchero a velo, lasciate asciugare per qualche minuto e cospargete di nuovo. Passate quindi in forno caldo a 175° per 10-15 minuti. Devono essere appena dorati e morbidi.


La Charlotte. Crema e assemblamento.

Io ho scelto una semplicissima crema chantilly con tanti lamponi fra gli strati. E del succo di lampone e sambuco per bagnare leggermente i biscotti.

La crema. Montate 250 ml di panna fresca ben fredda aromatizzando con un pizzico di vaniglia in polvere o semi di un bacello di vaniglia. Quando è ben montata aggiungete un cucchiaio abbondante di zucchero a velo e icorporate al composto. Tenete da parte.

Ora la charlotte. Prendete uno stampo a cerchio (se apribile ancora meglio, farete meno fatica a sguantare poi il tutto) e bagnate leggermente i savoiardi nel succo (mi raccomando, non vanno imbevuti troppo!). Posizionate dei savoiardi sulla base, quindi rivestitte con altri savoiardi i bordi.

Prendete circa 250 g di lamponi, schiacciatene un terzo e posizionateli sulla base, quindi coprite con uno strato di crema chantilly. Di nuovo dei lamponi interi e schiacciati, di nuovo crema chantilly.  Passate in frigo per un’oretta o due, togliete lo stampo a cerchio, decorate con una bella manciati di lamponi interi e servite.