Alzi la mano chi ha mai fatto il gioco delle posatine, quelle minuscole che ci trovi nei semi dei kaki dopo averli spezzati coi denti. Io da bambina lo facevo sempre e credo fosse uno dei motivi che mi facevano piacere i kaki. Non ci pensavo da anni e anni all’ultimo cucchiaino trovato, fino a quando ieri ho considerato l’ultimo cachi, lasciato da parte per accompagnare una ciambella di acqua e appunto kaki. Tra i quattro che avevo, guarda un po’, era il più asciutto e pensare di farne una cremina fresca senza frullare o aggiungere impossibile. Al solito, ho pensato, fino a quando mi sono accorta che il suddetto conteneva ben quattro semi, dico quattro, che ultimamente trovarne uno è già un’impresa.
Ne ho preso uno e l’ho messo sotto i denti. E sono tornata bambina.

 

Non ho trovato in successione tutte e tre le posatine (cucchiaio, forchetta e coltello), ma una serie di cucchiaini (chissà come mai:-)).  E il kaki incriminato mi è stato immediatamente simpatico. 

Ho sempre trovato stupefacente la pianta. Da bambina ricordo che ne vedevo diverse tornando da scuola, pieno novembre freddo, e quelle palle arancione acceso appese su rami che mi parevano secchi e morti. Un vero controsenso, o forse anche no, dopotutto gli opposti (sapete no, luce buio, vita morte, maschile femminile e così via…) convivono e la bellezza della vita sta anche in questo, no? Della serie la filosofia dei kaki:-).

Bè passiamo alle cose pratiche. La mia ciambella. Per una benedetta volta avevo deciso di seguire una ricetta, non mia, e aggiungerci giusto i kaki e la vaniglia. 

La ciambella all’acqua in realtà è venuta veramente buona, prova la pupa che tornata dall’asilo si è issata ben due volte sullo sgabellone in cucina per recuperare, secondo lei non vista, due pezzi.
Ecco due pezzi. Non due fette, tagliate carine e perfette, perché la ciambella ha deciso di staccarsi a fatica dallo stampo in silicone (continuo a preferire i tradizionali magari infarinati o unti o rivestiti di carta:-)). 

La base della ciambella (ma potete farci anche un plumcake o una torta) all’acqua è molto interessante perché permette di evitare il ricorso a qualsiasi latticino e ottenere un dolce molto morbido e leggero (perfetto quindi per i tutti i pupi, non solo gli intolleranti al lattosio).
Come dicevo ho aggiunto i kaki (e diminuito lo zucchero, avendo dei frutti dolci e maturi), farina integrale, del succo di limone (e anche qui usato una dose minore di olio) e vaniglia, che coi kaki a me piace molto.

 

Kaki. Potete sottoporre ai primi assaggi del vostro formato già dall’ottavo, nono mese, scegliete quelli ben maturi, perché c’è poco di più terribile di quel fastidiosissimo gusto "allappante" dei kaki acerbi!

Ingredienti

 

2 uova

100 gr di zucchero
90 gr di acqua
2 cucchiai di succo di limone
60 gr di olio di semi (o di oliva molto delicato)
130 gr di farina bianca
40 gr di farina integrale
polpa di due kaki
1 cucchiaino di vaniglia liquida (un pizzico di vaniglia in polvere)
1 bustina di lievito per dolci

(salsina ai kaki per accompagnare)

Procedimento
Sbattete le uova (a temperatura ambiente) con lo zucchero per dieci minuti (con delle fruste elettriche). Aggiungete l’olio, l’acqua, il succo di limone, la vaniglia e la polpa di kaki. Mescolate e unite le due farine setacciate col lievito.
Trasferite in uno stampo a ciambella (o normale come volete) e infornate a 175° per una buona mezz’ora.  Potete servire con della salsina di kaki e succo di limone o arancia. (basta schiacciare o frullare la polpa con il succo).