Muffin orzo e cioccolato (nel vasetto)

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Per me è un piccolo rito quando lavoro a casa (quindi la maggior parte della settimana, lol!). Dopo la pausa pranzo sprint, caffè d’orzo in tazza grande. Con aggiunta di un quadruccio di cioccolato fondente. Rigorosamente senza zucchero (non per motivi di dieta ma perché io le bevande, dalle tisane al caffè, le amo al naturale, senza zucchero, idem gli altri di casa).

Ecco, quindi orzo e cioccolato. Rigenerante, in quella tazza arrivata da Parigi, souvenir di Lui, durante un viaggio di lavoro.

Ho persino traviato mia mamma. Lei che ha sempre e solo bevuto caffè, ora sposa l’orzo, in tazza grande.

Come molti con bambini al seguito, dopo Pasqua abbiamo tanto cioccolato. Ormai da noi arriva solo il fondente (unico che viene gradito ed apprezzato pure dalle pupe e in micropezzetti pure dal pupo:-)), perfetto anche per essere utlizzato in cucina.

L’idea è arrivata veloce, mentre contemplavo ancora tre uova da scartare: muffin, muffin e ancora muffin, al cioccolato e… orzo!

Perfetti a colazione, un boccone dopo l’altro, am anche per la mia pausa “tazza grande”.

Reduce da un laboratorio di cucina, sabato scorso, dedicato proprio ai muffin (ma con le fragole e lo yogurt!) che ho fatto cucinare ai bambini nei vasetti di vetro, ho voluto ricreare la stessa cosa  a casa: mi piace l’idea poi di poter chiudere il vasetto e portarselo comodamente in giro per bocconcini qua e là (ad esempio a scuola per la merenda).

Potete utilizzare i vasetti di vetro un po’ grosso, tipo da confettura: non fate però come me che nella fretta ieri ho invasato in vasetti (bellissimi, ehhh) ma più larghi sotto, più stretti sopra. Ecco, tirarli fuori è stato comico:-)

Per la ricetta ho scelto un impasto leggero, a base di olio e latte di soia.

Ultimamente infatti siamo diventati consumatori appassionati di latte di sioia, di riso, di riso e mandorla, soprattutto Alice che ha testato tutte le variazioni possibili:-). Il mio preferito? Riso e mandorla!

Le quantità degli ingredienti sono a vasetto: considerate grosso modo le dimensioni di un vasetto di yogurt o un bicchiere scarso.

Ingredienti (per una decina e più di muffin)

3 uova

1 vasetto di olio di semi di mais 

1 vasetto di farina 00

1 vasetto di fecola

1 vasetto di farina di farro (o integrale)

2 vasetti scarsi di zucchero

1 tazza (o vasetto) di caffè d’orzo (con latte di soia o semplice acqua)

1 bustina scarsa di lievito per dolci

80 g di cioccolato fondente

Procedimento

Setacciate le farine e la fecola con il lievito e lo zucchero, tenete da parte.

Sciogliete un cucchiaio di orzo solubile in una tazza di latte di soia (latte o acqua) tiepido. Sbattete leggermente le uova con l’olio, amalgamate e versate il caffè d’orzo.

Tritate grossolonamente il cioccolato.

Ora unite gli ingredienti solidi a quelli liquidi mescolando con il cucchiaio per circa 12 giri. I muffin infatti non vanno mescolati troppo, dovete ottenere un impasto quasi grumoso. 

 

Riempite i vasetti leggermente unti, aggiungete in ognuno un cucchiaio di cioccolato tritato e cuocete in forno preriscaldato a 185° per 20 minuti circa. 

 

 

Elogio al riccio: il cavolo (kale) col biancomangiare

vellutata e chips di cavolo riccio

La mia può essere la scoperta del cavolo. Tutti lo usano, tutti lo vogliono e  io finora l’avevo quasi ignorato. Poi una decina di giorni fa mi sono imbattutata in una serie di nuovi cavoli: il rapone delle Murgie (prometto ricetta) e il cavolo riccio. E si sa per me ciò che è riccio è quasi di famiglia. Impossibile farne a meno.

Il cavolo riccio o “kale” come lo chiamano a New York (dove pare faccia concorrenza a bagel e hot dog) è un vero e proprio elisir di proprietà nutritive tanto da entusiasmare chef e non ed essere pure lui diventato un caso di “Cinquanta sfumature…” (di cavolo e ricette ovviamente).  Da noi è poco consumato se si eccentua il cugino (nero) per la ribollita toscana.

In attesa che Oltreoceano istituiscano anche il Kale Day (fantastici ‘sti americani) io tifo per il riccio: il suo aspetto è veramente grazioso, certo un po’ grinzoso ma la forma ripaga il tatto.

Ho cominciato a cucinarlo in diversi modi: semplicemente lavato e mondato della parte più dura del gambo e saltato con aglio, olio e scorza di limone in padella, aggiunto con le foglie più tenere tagliuzzate in insalata, croccante come fossero tante chips in forno o utilizzato come ripieno insieme a pomodorini per cestini di pasta fillo chiusi con le uova sode (che mi sono avanzate da Pasqua:-)).

La ricetta delle chips è liberamente ispirata a quel genio di Jamie Oliver: io ho unito una spolverata di gomasio, granella di mandorle e una spruzzatina di olio extravergine. Niente di più: il resto lo ha fatto il forno.

L’effetto è veramente cric croc: basta riempire tanti piccoli coni di carta colorata e voilà l’aperitivo è servito.

Ho deciso di utilizzare le chips di cavolo per accompagnare una sorta di biancomangiare salato: la base tante patate (della varietà a buccia rossa), scalogno, panna, yogurt, sale rosa con fiori eduli. E il timo limonato, quello appena arrivato sul mio terrazzo..

Semplice, veloce, green e chic, con tutto quel riccio:-)

Ingredienti (per 4)

500 g di patate

1 scalogno

olio extravergine d’oliva

brodo vegetale (circa 1,5 l)

4 cucchiai di panna fresca

2 cucchiai di yogurt naturale

timo limonato

sale

fiori eduli

300 g di cavolo riccio

gomasio

scorza di limone

granella di mandorle

 

Procedimento

Pelate le patate, sciacquate e tagliate a tocchetti. Fate appassire lo scalogno affettato finemente con un cucchiaio di olio, aggiungete le patate e un paio di rametti di timo (che poi eliminerete). Mescolate e sfumate con il brodo vegetale, aggiungete il resto, coprite e portate a cottura le patate. Quando sono pronte frullate tutto per bene, unendo la panna e lo yogurt, aggiustate di sale.

Intanto lavate per bene il cavolo riccio: eliminate la parte più dura dei gambi finali e asciugate con un panno le foglie (o nella centrifuga per insalata).

Prendete una pirofila abbastanza ampia, rivestita di carta da forno e sistemate le foglie di cavolo riccio: condite con una generosa manciata di gomasio (o sale più sesamo), una spruzzata di olio e spoverate con la granella di mandorle.

Cuocete in forno a 180° per 10-15 minuti: le foglie di cavolo dovranno diventare croccanti.

Servite la vellutata con le chips di cavolo e una leggera spolverata di sale ai fiori eduli.

 

 

La tarte col cuore rosso lampone

La vita a volte va troppo in fretta. Anzi è meglio dire che è troppo affollata e non mi lascia il tempo di annotare. Scrivere. Tenere traccia. Prendete il post di oggi. Era da scrivere un paio di settimane fa. Per ricordare la Miss di casa, la leoncina  molto simile a una farfalla. Lea, coi suoi tre anni, l’8 marzo. Però è stato impossibile raccontare. Perché nel mentre ci sono state consegne di lavoro, il correre quotidiano, valigie da preparare, una vacanza sulla neve e un ritorno con tanto di corso di cucina il giorno dopo (ce l’ho f-a-t-t-a e non ci credevo:-)).

Oggi è lunedì. Sole pieno, i primi fiori sul terrazzo (che soddisfazione!), quasi tutto sotto controllo e una mezz’oretta per scrivere. 

Con il passare degli anni e i pupi che sono diventati tre (?!) mi diventa sempre più complicato riuscire a inventare ogni volta una festa speciale. Proprio come se ognuno di loro fosse quasi un figlio unico e quel compleanno irripetibile: così deve essere. Parto con anticipo e mi dedico esclusivamente a poche cose. La torta, sempre. Mi piace che sia mia. E che contenga ciò che il festeggiato ama. 

E’ nata così la festicciola di Lea. 

Lea. Assomiglia sempre di più a una farfalla: frizzante, gioiosa, colorata e leggera.  Lea che ama ballare. E cantare e ascoltare musica e note. Lea che è la Miss che adora i vestiti che ballano. Certo perché la gonna è bella se balla:-)

Sarà che è nata l’8 marzo, sarà che per me è come se fosse arrivata con lei una seconda primavera. Sarà che nel giorno, nella stagione pare essere scritto anche il suo carattere. 

Quest’anno ha atteso il suo compleanno: cominciando a segnare i due che diventavano tre sulle dita, allendandosi a canticchiare Happy Birthday prima al complenano di Edo poi al mio. E il suo giorno era felice, piena di vita.

Anche questa volta (come già per Edo) abbiamo organizzato una merenda: palloncini (tanti, anzi tantissimi, tema Elsa&Anna, ebbene sì qui abbiamo due pupe pazze per Frozen!), dolcetti, un tre fatto di panini soffici, tanta frutta, macaron, biscotti arrivati da Villa Villa Colle (con tanto di effigie di Pippi Calzelunghe, altra passione delle pupe di casa) e la torta.

Sono arrivati gli amici, le madrine, i nonni e i regali (fra cui dei mini pupetti di Miss Cia per la nostra casa delle bambole, belli!).

E infine via col soffio sul tre!

La torta. E’ nata mettendo insieme una crostata a base di farina 00, farina di riso, panna e uova, e burro, e un curd profumato di lamponi. Infine una glassa di cioccolato fondente per disegnare a mano libera il primo fiore di primavera.

Ingredienti (per una torta da 26 cm di diametro)

Per la frolla

300 g di farina 00
100  g di farina di riso
1 tuorlo

40 ml di panna fresca

200 g di burro morbido

220 g di zucchero fine

semi di vaniglia

 

Per il curd
400 g di lamponi
180 g di zucchero
3 uova
100 g di burro
1 cucchiaino di succo di limone

 

 

Per la glassa di fondente
200 g di cioccolato fondente (60-70%)
25 g di burro

150 ml di panna fresca
35 ml di glucosio liquido

 

 

Procedimento

Preparate la frolla. Montate il burro morbido con lo zucchero, fino a ottenere un composto omogeneo. Aggiungete le farine setacciate, il tuorlo e la panna, infine i semi di vaniglia (un cucchiaino scarso). Lavorate il tutto velocemente in modo da avere una palla morbida e compatta. Avvolgete nella pellicola e lasciate riposare per un paio d’ore al fresco.

Ora preparate il curd. Cuocete i lamponi a fuoco basso per una decina di minuti, quindi passateli al setaccio. Sciogliete a bagnomaria lo zucchero e il burro, aggiungete la purea di lamponi e amalgamate, unite le uova leggermente sbattute e mettete sul fuoco a bagnomaria. Fate addensare dolcemente la crema: ci vorranno 10 minuti circa. Togliete dal fuoco e mettete da parte (io l’ho preparata due giorni prima e l’ho conservata poi in frigorifero).

Riprendete l’impasto, stendetelo e rivestite uno stampo da crostata ben imburrato. Coprite la superficie con carta da forno e legumi o riso che vi facciano da peso per la cottura in bianco. Cuocete in forno preriscaldato a 175° per 25 minuti. Sfornate e lasciate raffreddare per qualche ora.

Preparate la glassa. Sciogliete il cioccolato a bagnomaria, riscaldate la panna con il glucosio in sciroppo. Una volta che la panna è calda, versatela nel cioccolato continuando a mescolare, unite il burro. La glassa è pronta. Lasciate raffreddare per una decina di minuti.

Riempite la crostata con il curd i lamponi, livellate per bene. Decorate la superficie con la glassa: io ho disegnato un fiore e poi aggiunto tanti lamponi passati nello zucchero semolato.

Fate riposare per un’oretta in frigorifero.

 

 

 

 

 

La zuppa di cipolle al cucchiaino

zuppa cipolle dolci

Ci sono giornate che sanno già di primavera. E’ periodo di attesa, piante, cielo, animali e persone pronti a risvegliarsi. E’ periodo di passaggio, con quei campi che sussurrano il 21 che sta arrivando. L’inverno però è ancora qui. Le montagne in lontananza, da noi, sono imbiancate, anche le cime più vicine.E la sera, soprattutto per chi come noi è stato malato a turno, ti mette ancora una voglia di coccole, di un piatto caldo che riconcili con la giornata. Come zuppa di cipolle.

Non ho mai presentato una delle nostre zuppe preferite. E dico nostre che non l’avrei mai immaginato, seduta anni fa in un bistrot parigino, che la zuppa di cipolle dolci potesse diventare un piatto del cuore anche per i bambini. Però così è stato. Sarà per via delle cipolle, appunto così dolci e francesi, sarà per via di quel profumo alla cannella che ci aggiungo io, sarà per via del cucchiaino di pane da intingolare e sgranocchiare.

Tutto è nato l’anno passato quando ci siamo trasferiti nella casa nuova. Il fruttivendolo vicino aveva delle cassette di cipolle francesi in bella vista. Non ho resistito e più e più volte ho proposto la zuppa durante lo scorso inverno. L’abitudine è continuata in questi mesi, utilizzando anche le cipolele dorate italiane. Importante è che siano dolci e saporite.

Tempo fa poi avevo visto la foto di una ricetta di Cuoca Mattarella (che nulla c’azzecca con questa:-)) dove però aveva usato lo stampo a cucchiaino. Bene , detto fatto. E finalmente in possesso dello stampo ho creato i cucchiaini di pane, alle noci, per la zuppa.

Dopo due settimane di raffreddore e stato da ammalata nel weekend (sì, stranezze che nel corso della settimana resuscito e lavoro, e al sabato ricado ko) questa zuppa è quello che ci voleva.

Marzo intanto è iniziato, non vedo l’ora che sia il 21, che per me è sempre una data magica, e intanto corro. Tra le cose belle, c’è da star bene perché fra due settimane abbiamo un’intera settimana in montagna (crossing le fingeres:-)) e da chiudere i miei tre libri che vanno in ristampa con qualche piccola novità (stay tuned!).

Intanto la ricetta. Sul brodo da utilizzare io alterno brodo di pollo e brodo vegetale, devo dire che ultimamente preferisco la versione più leggera con brodo di verdure, vedete voi!

 

Ingredienti

  • 1 kg di cipolle dolci
  • un pizzico di cannella
  • 1 chiodo di garofano
  • 1 cucchiaio di olio EVO
  • 1 tocchetto di burro
  • 1 cucchiaio di maizena
  • brodo di pollo o vegetale
  • sale
  • gruviera o emmental

Per i cucchiaini

  • 400 g di farina forte (o manitoba)
  • 100 g di farina di castagne (o farro)
  • lievito madre essiccato
  • sale
  • zucchero
  • acqua
  • noci

 

Procedimento

Pulite le cipolle e affettatele finemente (per evitare di piangere come non ci fosse un domani, passate le cipolle tagliate a metà sotto acqua fredda, dovrebbe funzionare!).  Fate stufare dolcemente le cipolle con un cucchiaio di olio e il tocchetto di burro, aggiungete n pizzico di cannella e il chiodo di garofano (che poi eliminerete): coprite e lasciate che si ammorbiscano per buoni venti minuti, facendo attenzione che rimangano dorate.

Quindi aggiungete un cucchiaio abbondante di maizena, stemperate per bene e versate il brodo (circa un litro). Fate cuocere per altri 30 minuti. Aggiustate di sale.

Per i cucchiaini: mescolate le farine con il lievito, aggiungete un cucchiaino di zucchero e  l’acqua tiepida (circa 300 ml). Sciolgiete il sale, un cucchiaio da cucina, in due dita di acqua calda. Versate anche quello. Impastate, se necessario unite altra acqua. Aggiungete anche le noci sbriciolate. Dovete lavorare l’impasto fino a ottenere una palla morbida ma compatta che metterete a lievitare in un luogo caldo (circa 30°) per un paio d’ore.

Riprendete l’impasto, ricavate piccole porzioni e stendetele in quadrati alti un buon centimetro. Ritagliate i cucchiaini (o un’altra forma che vi piace).

Spennellateli con poco olio o latte e lasciate lievitare per 30 minuti. Infornate a 190° per 20 minuti circa.

Servite la zuppa ben calda con dell’emmental grattugiato e il cucchiaino di pane. Bon appétit!

 

 

 

Waffel, gaufre o waffle: è Carnevale!

waffel apertura

Ne sono sempre stata affascinata. Credo sia dovuto alla frequentazione dei paesi nordici: solitamente in inverno, solitamente a ridosso di Natale se si escludono i periodi delle vacanze studio. E quel profumo che si perde nell’aria catturandoti come un cane segugio (almeno nel mio caso) ha una presa che niente al confronto o quasi. Per me sono meglio delle frittelle, quelle che si consumano per strada. E per anni ho inseguito la possibilità di farmele home made, tutte quelle volte che avevo voglia di Nord, di qualcosa di morbido e soprattutto veloce. Poi è arrivata lei. La cialdiera. Infilata tra parentesi fra un acquisto e l’altro. Bene, è stato amore anche per i pupi (prima Alice e Lea, ormai anche Edo). Gaufre, waffle, nido d’ape, ma per me soprattutto waffel, alla tedesca.

 

La ricetta ha diversi millenni, pare che le prime cialde siano nientemeno da far risalire all’Antica Grecia, per poi perdersi nel Medioevo fino ad arrivare dall’Olanda e dal Belgio tramite i Padri Pellegrini nelle Americhe.

Li ho fatti e rifatti spesso, io ma anche Lui. L’altro giorno ho pensato, fra le nebbie dell’influenza che mi ha costretto per due domeniche a letto, dopo l’interludio lavorativo settimanale, che forse valeva la pena farne un post. Perché, ecco, magari voi la cialdiera non l’avete. Credo però che al di là che si possano fare in padella (ma non è la stessa cosa) sia un investimento minimo per grandi imprese (le più economiche si aggirano sotto i 20 euriii, questa non è pubblicità, ovvio, ehh).

Ho sperimentato diverse ricette. Lo sapete, non sono una purista su certe cose e mi dò facilmente alle versioni eretiche. Ho iniziato con la ricetta classica, con uova separate, zucchero, farina, burro tanto etc… Fino ad arrivare a versioni più leggere, senza glutine, senza burro e… salate, da accompagnare come simil crostoni di pane a vellutate e zuppe.

Lo so, sarete tutti presi con chiacchiere e bugie, però potete darvi anche ai waffel. Perché sì nei paesi del Nord si usa cucinarli e consumarli proprio per il Martedì Grasso di Carnevale.

Quindi Waffel per tutti:-)

piesse: piccolo cambiamento di header. Miss Cia ha disegnato e reinventato una vsete nuova, nuova.

 

Di seguito la ricetta dei waffel dolci (che potete volendo variare diminuendo la farina e aggiungendo cacao amaro, farina di mandorle o cocco) e poi quella salata con vellutata al seguito.

 

 

Ingredienti (per 4-5 persone)
100 g di farina 00

50 g di farina di riso
50 g di farina integrale o avena
60 g di zucchero
40 ml di olio di semi di mais
2 uova

150 ml di latticello (altrimenti metà yogurt e metà latte ben mescolati)

scorza di limone

vaniglia in polvere

 

Procedimento

Setacciate le farine e mettete da parte. Montate le uova a crema con lo zucchero, aggiungete vaniglia e scorza di limone. Quindi a filo l’olio e il latticello. Infine incorporate la farina e lasciate riposare per una mezz’oretta.

Riscaldate la cialdiera, unta con poco burro o olio, dopo qualche minuto versate un mestolo di impasto. Chiudete e lasciate cuocere fino a doratura.

Servite i waffel caldi, con una spolverata di zucchero a velo o cacao, oppure composta di frutta. Nel nostro caso abbiamo utlizzato composta di lamponi e mele renette a spaghetti condite con succo di limone.

Waffel alla farina di castagne con vellutata di patate e nocciole
Ingredienti

Per i waffel

200 g di farina

100 g di farina di castagne

2 uova

2 cucchiai di olio evo

2 cucchiaini di sale

100 g di emmental grattugiato o latteria (per un gusto più delicato)

speck a striscioline

un pizzico di lievito
Per la vellutata

1 kg circa di patate

qualche fettina di cipolla dorata

olio

100 ml di panna fresca

brodo vegetale

erba cipollina

sale con erbe (il mio con fiori eduli)
Procedimento

Preparate per prime le patate. Sbucciatele e lavatele. Affettate finemente la cipolla, fatela stufare con un cucchiaio abbondante di olio, quindi unite le patate a tocchetti. Mescolate e sfumate con il brodo vegetale portando a cottura. Se volete utilizzare per bebè sotto l’anno, togliete la porzione occorrente, quindi aggiustate di sale e versate la panna.

Prepariamo i waffel. Setacciate le farine con il lievito e il sale, mettete da parte. Sbattete le uova, aggiungete l’olio, l’emmental grattugiato e le striscioline di speck sottile. Unite le farine incorporando delicatamente.

Versate nella cialdiera, unta (con olio o burro) e calda, un mestolo di impasto e chiudete.

Decorate la vellutata di patate con un filo di erba cipollina e un pizzico di sale ed erbe, servite con il waffel ben caldo.

 

Uno (tris) pieds dans l’eau

Il piccolo Lui ed io. Un 9 e un 10. Consumati in un fiato, tra una candelina una e una candelina che stava lì per tante. In riva al mare o come dicono i francesi, pieds dans l’eau (che ogni volta benedico chi ha inventato un’espressione tanto ma tanto felice capace di sintetizzare un mondo, soprattutto il mio:-)).

Siamo partiti il 9, di gennaio, destinazione l’isola, via Alghero. E ci siamo immersi in una primavera che sapeva di inverno. 

Lo so, sono già passate settimane, ma il tempo è quello che è e io mi ritrovo con il solito post a perdifiato, dove raccontare e raccontare. 

 

Amo il mare di inverno. Credo di averlo già detto. Sì, lo amo, perché ti regala giornate e scorci inaspettati. E ti concede di godere delle cose da tutta un’altra prospettiva.

Abbiamo camminato tra i sentieri di Caprera. Cielo terso, Corsica quasi a vista e i Barrettini col loro faro bianco.

Il sole tramonta prima dalla finestra grande di casa, la luce accarezza diversa le cose che conosco ormai a memoria, e poi le spiagge abbandonate, lasciate ai gabbiani e a qualche spavaldo viaggiatore.

I bambini, loro, si accorgono poco della differenza, il mare è mare, la spiaggia spiaggia. E basta poco per alzare una bandiera da pirati e impossessarsi del mondo.

Edo ha spento la sua prima candelina ad Alghero sopra una semplice pallina di gelato di frutta. Era felice. E rideva.

Ci siamo persi col vento fra le viuzze spagnoleggianti di Alghero, per poi metterci sulla strada interna che porta quasi dall’altro lato dell’isola grande.

Due ore di viaggio in completo silenzio, o quasi, visto che i i tre dietro dormivano alla grande. E la sottoscritta si è pure fermata lungo la via a fotografare.

Il giorno dopo ho spento la mia candelina su una mini tortina di formaggella. Ecco, c’è questa cosa, che io a La Maddalena adoro le formaggelle, o pardule. Il loro involucro di ricotta, scorza di limone e arancia. Ne mangerei a colazione, pranzo e dopo cena. Col rischio di trasformarmi pure io in una formaggella:-). 

Dato però che l’uno è uno, anche se per noi era un po’ tris, il piccolo Lui è stato festeggiato anche al ritorno a casa. Piccola festa con merenda del pomeriggio tra amici e nonni e cuginetti. A base di gelato (della nostra gelateria del cuore, L’Albero dei gelati:-)), macaron, spiedini di frutta, panini dolci e torta (della sottoscritta che ha molto apprezzato gennaio, dopotutto il terrazzo diventa un bel luogo dove conservare ogni cosa per qualche ora:-)).

Coi panini ho costruito un grande uno in onore del festeggiato (uhm , devo dire apprezzato pure dagli altri, visto che ne è rimasto poco o nulla!).


 

Bene, messi da parte mare e compleanni, ho riaperto la cucina con un dolce che ha il sapore delle vacanze. Almeno per me. Una formaggella torta o quasi, dove ho modificato la parte esterna e conservato l’interno.

Ho trasformato l’esterno in una brisè arricchita di scorza d’arancia candita e farina fioretto, mentre per il ripieno mi sono attenuta alla tradizione.

La ricetta.

Ingredienti

150 g di farina 00

100 g di farina fioretto

50 g di amido di tapioca (o maizena)

90 g di burro freddo

acqua ghiacciata

60 g di zucchero

 

Per il ripieno

350 g di ricotta di pecora

1 tuorlo

scorza di arancia

un pizzico di zafferano

60 g di zucchero

uvetta

 

Procedimento

Mescolate le farine con il burro freddo a pezzetti e lo zucchero, aggiungete acqua ghiacciata quanto basta per impastare. Una volta formatasi una palla, avvolgetela nella pellicola e mettete a risposare in frigorifero per un’oretta.

Lavorate la ricotta a crema con lo zucchero e il turolo d’uovo. Unite lo zafferano e la scorza di arancia. A piacere aggiungete uvetta o gocce di cioccolato.

Riprendete la pasta, stendetela e rivestite uno stampo da crostata, riempite con la crema di ricotta e cuocete in forno a 180° per una trentina di minuti.