da miralda | 15 Feb 2016 | 24-36 mesi, Dal Mondo, Il Cucchiaino di Mamma e Papà
La cucina è un modo per prolungare il piacere di un viaggio, per rivivere profumi e sapori, per fare a volte il giro del mondo stando fermi alla propria tavola. Di sicuro questo è uno degli aspetti che mi affascinano di più.
Sono tornata da Mauritius con tante, tante spezie, oltre a zucchero, rum e vaniglia. E ho cominciato a sperimentare. Un esempio? La ricetta di oggi a base di pollo al latte di cocco e riso pilau arricchito di lenticchie. Una ricetta per i grandi perfetta anche per i più piccoli.
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da miralda | 03 Feb 2016 | 12-18 mesi, Il Cucchiaino di Mamma e Papà, L'ora della merenda, La colazione
La sensazione di questi giorni è quella di essere stati catapultati dal dopo Natale e compleanno nel vortice multicolor del Carnevale. Passando attraverso una dimensione altra di luce, estate e azzurri smeraldi (di cui prometto racconto a breve!). In tutto ciò, ho faticato a collocare il nostro Carnevale (quello ambrosiano)
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da miralda | 31 Dic 2015 | 9-12 mesi, Dal Mondo, Il Cucchiaino di Mamma e Papà
Chissà come mai festeggiamo la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo con tanta manifesta spensieratezza. Forse è utto un rito che ci siamo costruiti per non pensare: al tempo che passa, al bilancio dei mesi che abbiamo attraversato, alle nuove volate a montagne russe che verranno. Si sta sospesi, in una bolla, e tutto appare possibile.
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da miralda | 17 Dic 2015 | 12-18 mesi, Lil Loves!, Winterzauber
Natale, è quasi domani e non me ne sono accorta. Beh, non è proprio così. I riti alla fine sono stati tutti rispettati: quest’anno addirittura un calendario doppio, con bustine disegnate e decorate dalle bimbe per riuscire ad accontentare il bisogno del biscotto quotidiano. Per un totale di circa ottanta biscotti sfornati.
Edo si diverte a decapitarne le teste degli angioletti (si issa sullo sgabello e afferra la testa dei biscotti dalle taschine del nostro calendario della Renna), ma questa è un’altra storia.
Non ho cucinato molto (al di là della sopravvivenza familiare, si intende), in compenso abbiamo creato angeli di paccheri e farfalle (sì, di pasta…), presepi nei vasetti delle conserve e lanterne equipaggiate di neve, ghirlande e cervi. Sì, non mi sono fatta mancare nulla.
Intanto ho lavorato, scritto, festeggiato gli anta di Lui (ehee?) e affidato ad Alice la preparazione di qualche ricetta tutta da sola (o quasi).
Prendiamo questo Montebianco ai cachi, semplice e bello, perfetto anche per le prossime feste. Noi, poi, veri appassionati di cachi (ci piacciono e siamo sempre alla ricerca delle posatine, lo abbiamo fatto e rifatto, dovendo smaltire le cassette di frutta.
La prima volta è stato un colpo di genio per avere un dessert che si potesse preparare in dieci minuti dieci. Ho messo insieme quello che avevo et voilà il montebianco express ai cachi. Alice mi ha aiutato e la volta dopo ha fatto da sola. E’ incredibile cosa i bambini possano fare da soli e, in una famiglia come la nostra (5!), ognuno deve fare la sua parte: ci stiamo lavorando e a poco a poco le cose migliorano, con tanta pazienza e qualche (uhm, tanti) “conto fino a dieci e poi bum”:-).
Bene. La ricetta. Potete utilizzare dei banali vasetti oppure tazzine da caffè o anche bicchieri da Manhattan, fate voi:-).
Per la base noi abbiamo adoperato degli amaretti sbriciolati, ma potretse anche preparare un crumble di farina, zucchero, frutta secca da passare in forno e sbriciolare sul fondo.
Ingredienti (per 5 vasetti)
3 cachi maturi
una decina di amaretti
vaniglia in polvere (o stecca)
una decina di marron glacè
250 ml di panna
1 cucchiaio di zucchero a velo
2 cucchiai di yogurt naturale
Procedimento
Ricavate la polpa dai cachi, frullatela con un cucchiaino scarso di vaniglia. Sbriciolate gli amaretti e formate il fondo dei vasteti (o tazzine) circa due cm scarsi di altezza.
Versate la polpa frullata di frutta riempiendo i due terzi dei vasetti. Riducete i marron glacé a pezzetti e aggiungeteli sopra la mousse di cachi.
Montate la panna ben fradda con un cucchiaio di zucchero a velo. Amalgamate delicatamente due cucchiai di yogurt naturale senza smontare la panna.
Riempite una sac à poche con la panna e decorate la superficie.
A piacere potete spolverare la panna con cacao amaro o meringhette ben sbriciolate.
da miralda | 17 Nov 2015 | In Viaggio, In Viaggio
Ha un’essenza deliziosamente decadente che sa di mare, cielo azzurro vivo e luce che si tinge di oro rosato quando si fa sera. Ci sono i luoghi da non perdere, come già ricordava poco meno di cento anni fa il letterato nazionale più conosciuto, Fernando Pessoa, in “Lisboa, Quello che il turista deve vedere”. Quelli però vengono dopo. Lisbona è una città bellissima che si afferra immediatamente lasciandoti senza fiato (che sia il panorama da uno dei sette colli o la discesa impervia del mitico tram 28): è immediata, luminosa, nostalgica e avvolgente. Basta passeggiare e guardare. Oppure allungare la mano dal tram 28 (o il 22) e quasi sfiorare con le dita i palazzi illuminati dai colori e dalle trame degli azulejos.
Arriviamo nel mezzo della settimana, lasciandoci dietro l’autunno e sprofondando in un’inaspettata primavera.
Dormiamo in un vecchio edificio, l’androne buio, le camere all’ultimo piano dopo le scale infinite ampie perché un tempo lo spazio non era una questione di cui preoccuparsi, i balconcini stretti e malandati ma dalla vista meravigliosa.
Più in là, scopro a colazione, appollaiata su uno di quei terrazzini che avevo ammirato col naso all’insù, c’è il Tejo, il Tago. Perché a Lisbona si respira salsedine ma la città è mollemente adagiata su un fiume. Il mare è più in là, le acque si confondono, un rapido passaggio di acqua scura e più torbida a un blu di oceano.
Siamo a ridosso del Barrio Alto, un tempo la zona dei nobili oggi quella dei locali e della vita notturna. Basta però lasciarselo alle spalle per inoltrarsi nel Chiado, dove ci fermiamo a bere una bica de “carioca” (caffè leggero) al Brasilera: all’esterno una statua di Pessoa ricorda fra uno scatto e l’altro dei turisti che qui lo scrittore era un affezionato habitué.
Il Chiado prosegue elegante fra piazze e boulevard nella Baixa: da ammirare piazza Rossio e piazza Figuera. Si cammina lenti sulle salite che il tram macina fra curve impossibili ed edifici a sfioro. Mi piace quel rumore di fili e ferro, ritorna puntuale e racconta storie antiche. Adoro le giornate in cui la meta conta poco, e il viaggio tutto.
A Lisbona, in due, posso permettermi di essere disordinata, negligente e spensierata. E il quartiere di Alfama, dove alla sera si confondono le note degli spettacoli di fado, è perfetto per perdersi fra la conta degli azulejus, le facciate malandate, le finestre aperte al vento e i panni affidati alla giornata di sole.
E’ inevitabile sentirsi avvolti dalla “saudade”: a differenza di altri luoghi qui non occorre spiegare la malinconia, la nostalgia, è come dire c’è il sole o la luna. Indulgere nella nostalgia ha il suo pieno diritto proprio come si potrebbe fare con l’allegria o la gioia. E qui la malinconia non ha toni grigi ma è illuminata a giorno.
Attraversiamo Alfama molto lentamente, dopo una sosta alla Cattedrale della città, mentre fotografo e fotografo, fino ad arrivare al Castello di S. Jorge dai cui bastoni dall’impronta islamica si ammira uno dei panorami più belli della città.
Sorge su una collina, come alcuni dei mirador che punteggiano Lisbona, ai quali si arriva dopo la fatica delle salite o semplicemente innalzandosi con un elevador (quello di Santa Justa sorge nel bel mezzo della città, a ridosso di due palazzi, una fila interminabile di persone come immancabile appendice per buona parte della giornata).
Ecco, a Lisbona potete scegliere un panorama diverso ogni sera per il vostro tramonto, lasciando che lo sguardo spazi sempre più in là. La sera noi saliamo per un aperitivo a Santa Caterina, è un po’ meno affollato rispetto ad altri posti: ci torneremo per un pranzo al ristorante Pharmacia e una visita all’omonimo museo (Lui era interessato al tema:-)).
La sensazione di essere meravigliosamente e pericolosamente sospesi verso l’infinito è forte anche a Belem, una zona discosta dal centro, la punta da dove partivamo i grandi esploratori del passato, fra tutti Vasco da Gama.
Ci si può arrivare anche con un tour in barca: dà la possibilità di ammirare Lisbona dal mare, che si “erge come un’affascinate visione da sogno” (Pessoa, in Lisboa).
La Torre di Belèm più che un avamposto fortificato di avvistamento militare, un tempo punto di ingresso per i marinai e i galeoni, pare un luogo magicamente proteso verso il mare, come la prua di una nave: l’effetto è molto reale, tanto più se si pensa che fino al terremoto di oltre tre secoli fa, la torre era separata dalla terra ferma, ma stava proprio nel mezzo del fiume. L’esterno, caratterizzato dalle preziose cupole moresche e le logge veneziane, è sospeso fra il cielo e il quasi mare sottostante.
Se la Torre di Belèm era il saluto di partenza e arrivo per i marinai, il Monastero di S. Geronimo era il luogo dove imbrigliare le paure e vestirsi di coraggio prima di affrontare l’infinito. Fu costruito proprio per onorare i grandi esploratori e la scoperta della via delle Indie, sopra tutti Vasco da Gama e Luis de Camoes (ricordato ancor di più per i suoi versi e sonetti che lo fanno il Dante o lo Shakespeare portoghese).
Ci si aggira in silenziosa meraviglia fra le decorazioni del chiostro, dove un tempo si raccoglievano in preghiera prima della partenza per le Indie i navigatori sognatori: la Terra, ciò che ancora non si conosceva sulle mappe costituiva quello che per noi oggi è l’universo.
A Belèm abbiamo scoperto una piccola enoteca (Enoteca de Belèm) dove ho mangiato una delle migliori uova pochè su farinata e polpo croccante degli ultimi anni. Anche qui ovviamente abbiamo assaggiato il bacalhau, credo l’ingrediente con maggiori variazioni nella cucina della città (in centro c’è persino la Casa de Bacalhau dove si mangiano solo polpette di… baccalà).
Lisboa è una città dove la cucina è un piacere in cui indulgere senza troppi pensieri, dove degustare calici di vinho verde, bagnarsi le labbra di ginjinha(il tipico liquore portoghese) o comprare scatolette di pesce in conserva (dallo sgombro al solito bacalhau) impacchettate come fossero souvenir.
E subito dopo, ho obbligato il mio recalcitrante accompagnatore alla sosta alla più famosa pasticceria del Portogallo per assaggiare la famosa Pastel de Nata, creata quasi due secoli fa proprio qui. Ecco, sì, all’esterno c’è una coda continua per l’asporto, però se ci si spinge all’interno, dopo una attesa di pochi minuti ci si può accomodare a un tavolo e assaggiare una Pastel (oltre a chiedere al cameriere di farsi preparare un comodo take away). Che dire? Deliziose, la pastella si sbriciola sotto i denti mentre il ripieno dolce e cremoso viene spolverato da un accenno di cannella.
Ho adorato attraversare e ammirare Lisbona a piedi (lasciate i tacchi a casa perché qui veramente è impossibile che li possiate utilizzare:-)), però il giro sul Tram 28 è stata un’esperienza da ricordare. A dire il vero lo abbiamo preso solo un paio di volte: di giorno è sempre affollato e accaparrarsi un posto al finestrino è quasi impossibile.
Noi ci siamo saliti di sera, sul tardi, e ci siamo arrampicati attraverso la città. Eravamo in pochi: mi sono ritrovata seduta subito alle spalle del conducente, il finestrino aperto e la mano protesa. In certi momenti il gioco di curve e salite e poi discese pareva una sorta di montagne russe su strada. E il tram sfiora realmente gli edifici, a tratti sembra li accarezzi, mentre la città ti avvolge nella sua melanconia meravigliosamente vitale e luminosa. Obrigada, Lisboa.
Due info utili
da miralda | 02 Nov 2015 | Il Cucchiaino: il libro
La mia vita è cambiata, si è trasformata, negli ultimi anni, a ritmo sorprendente. A tornare indietro per guardare avanti mi sembrerebbe talmente incredibile da non crederci. Impossibile. Io? tre libri, tre figli (ecco soprattutto questo?:-)).
A volte capita che i sogni si avverino e crescano. Il Cucchiaino è stato un vero e proprio sogno. Di quelli che avevo da bambina. Un libro, tutto mio. Da sfogliare, accarezzare e conservare negli anni. E’ stato il mio primo amore (se parliamo di libri, ehhee…). E oggi ha una veste nuova. Un’ediizone rinnovata per camminare ancora e ancora. La presento a Roma, sabato 7 alle 11, alla libreria Koob, con una Merenda d’autunno.
Il Cucchiaino. Che c’è di nuovo?
Il libro è rimasto sostanzialemente fedele alle caratteristiche che lo hanno reso utile e coinvolgente per molti (o almeno questo è quello che mi avete scritto, detto e comunicato:-)).
Abbiamo voluto una copertina nuova che ci ha coinvolto come al solito in un’impresa non semplice. Strano? Ehe, no, se si vuole avere come soggetto un pupo di 9 mesi, poco incline a lasciare intatto il piattino e soprattutto la sua faccia. Il risultato? Tanti piattini e tante magliette da cambiare e ricambiare, le esperessioni buffe della sottoscritta per divertire il soggetto e Miss Cia a fotografare come non ci fosse un domani.
E le ricette?
Ne trovate una manciata di nuove: di sicuro saranno utilissime quelle per preparare in casa l’omogenizzato (di carne, pesce o vegetariano), così semplici e collaudate che, se avete un pupo in fa di svezzamento, non potete farne a meno. E poi? Uhm, un pesto all’avocado (della serie baby guacamole), panini di mele da portarsi al parco col pupo e…
Per il resto Il Cucchiaino si conferma un manuale, colorato e divertente, per vivere lo svezzamento del proprio bambino con gioia e condivisione.
Con tante ricette, suddivise per mesi e stagioni, spiegazioni chiare su ingredienti e strumenti di lavoro, consigli pratici per ricavare dalle pappe piatti gustosi per mamma e papà, un calendario dello svezzamento arricchito dall’introduzione di una pediatra, la dott. Alessandra Zenga, che fa il punto sulle tendenze attuali alla luce delle ultime ricerche scientifiche.
Oggi, infatti, non esistono più schemi rigidi e predefiniti per introdurre gli alimenti. Anche le Linee Guida Internazionali e l’OMS ribadiscono che importante è proporre un alimento alla volta, rispettare la stagionalità e la territorialità, badare alle possibili intolleranze di famiglia e abituare il piccolo a un’alimentazione sana e corretta (niente zucchero, sale e latte prima dei 12 mesi, ridotto apporto di proteine animali, circa 3-4 porzioni alla settimana…).
Cucinare è l’opportunità meravigliosa di fare qualcosa per chi amiamo. Una convinzione che si è radicata ulteriormente con l’arrivo dei miei figli: di Alice, per prima, alla quale questo libro è dedicato, e poi di Lea e Edo. I bambini ti permettono di vedere il mondo in maniera diversa, anche in cucina. C’è la fatica, tanta, ma c’è anche la magia, l’incanto di riscoprire le cose.
Spesso lo svezzamento viene vissuto con ansia, quasi apprensione, il timore più diffuso è che il nostro bambino non mangi a sufficienza, come se sul cucchiaino ci fosse tutto il nostro amore e un rifiuto a quello fosse un rifiuto a noi, come genitori. Non è così.
Sono orgogliosa che Il Cucchiaino sia riuscito, con le sue ricette ma soprattutto l’esperienza di una mamma sempre in bilico fra lavoro, famiglia e tempo che non c’è, a raccontare tutto questo.
Oggi poi, ancor più di ieri, il bambino è diventato assoluto protagonista di questo percorso: il momento della “pappa” viene modellato sulle esigenze del singolo, diventa un modo per far conoscere stagioni, ingredienti, sapori e profumi, di costruire le basi del gusto dell’adulto futuro. E Il Cucchiaino è ancora qui a suggerire una traccia per costruire la vostra storia dentro e fuori la cucina.
L’appuntamento.
Vi aspetto a Roma, alla libreria Koob, dalle 11 di sabato 7 novembre per una “Merenda d’autunno”: i bambini potranno partecipare a un piccolo laboratorio di cucina mentre voi potrete sfogliare la nuova edizione de Il Cucchiaino.
Per info sul dove: www.koob.it, per iscriversi al laboratorio scrivere a: stampa@galluccieditore.it
Piccola postilla. Grazie al mio editore e a tutta la sua squadra per aver supportato questa nuova edizione, dove al mio fianco ha lavorato ancora una volta, col suo occhio leggero e la mano magica, Cecilia Viganò (sue, come al solito, illustrazioni e foto).