Lapponia, questione di luce

Quella che non c’è. Quella che dura il tempo di due ore. Quella che credi sia a lì a ricordarti il tramonto e invece è il sorgere del sole. Quella che ogni finestra rincorre, senza interruzione, fra il giorno e la notte. Quella che crea la neve, sui tronchi, i tetti e il fiume. Non ho mai pensato tanto alla luce come nel paese della lunga notte. Ecco se dovessi dire che cosa mi ha affascinato della Lapponia direi senza dubbio la luce, quella che non c’è.
Perché a pensarci è come se durante la loro estate senza buio, ci fosse una grande e unica ubriacatura colossale e poi nel corso dell’inverno una ricerca continua, un tentativo di rincorrere quella poca luce che c’è, quel sole che sorge quasi a mezzogiorno e tramonta dopo essere salito di poche spanne all’orizzonte. 

Il freddo e il buio. Erano le due cose che mi spaventavano di questo viaggio. Ho dovuto ricredermi. Per il primo siamo stati fortunati, solo una media di -15:-) e la pupa talmente coperta da richiedere a gran voce di fare un giretto con lo slittino, sulla neve, dopo cena.
Penserete che siamo pazzi, beh l’avrei creduto anche io prima della Lapponia. In realtà c’è un’abitudine così naturale a convivere e vivere senza la luce del giorno che è perfettamente normale vedere qualcuno sciare o scivolare sulla neve all’ora di cena. E noi ci siamo adeguati.

Il buio poi non è quello che conoscevo. C’è una luce fatta di ombre, di azzurrino, impastata alla neve che non ti lascia mai solo. E rende affascinante il paesaggio. Poi ci sono le persone con le loro case, anche le più isolate hanno una luce alla finestra che rimane accesa sempre, quasi a ricreare così un po’ del chiarore che non hanno. 

La luce è anche quella dei fuochi, accesi per raccogliersi attorno per riscaldarsi, scrutare il cielo alla ricerca dell’aurora boreale.

E il sole quando arriva albeggia come fosse al tramonto. Il risultato sono i colori che vedete nella foto di apertura, scattata verso le undici del mattino, poco prima di un’escursione in motoslitta sul fiume ghiacciato.

Contate poco meno di 120 minuti e dall’altra parte avrete la luna, mentre il sole tinge di rosso aranciato l’altro versante.

A tutto si aggiunge la neve, e lì capisci che le persone, gli alberi, le colline, e poi quel fiume non potrebbero essere senza. Non copre le cose, non le avvolge, è nei tronchi, nei tetti, sulle strade, li illumina e li sottrae alla notte: è come se fosse perenne, tutt’uno con le cose.

Naturalmente è freddo, molto freddo, ma è come se ad ogni minuto respirassi una boccata di neve, senza limiti, compromessi ma stranamente piacevole:-).

 

Il viaggio. Non avrei mai pensato di andare in Lapponia fino a qualche anno fa. Poi due mesi fa è nata l’idea: l’invito di Babbo Natale per la pupa. E io come come al solito ho funzionato da agenzia di viaggio familiare.

Ho scovato un "cabinlog" (beh, un piccolo cottage con tanto di cucinotto, ridotto all’essenziale e sauna in casa, fantastica!!!), giusto fuori Rovaniemi, ai piedi di piste da sci e piccole discese per slittini. E’ stata la scelta perfetta.

Rovaniemi, infatti, non è particolarmente bella come cittadina, è stata distrutta prima ai russi e poi dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale e quindi ricostruita da capo, con uno stile anni ’70 tendente all’est-europeo. Triste:-).

Basta lasciare alle spalle di pochi chilometri la città e tutto cambia.
In città vale la pena fermarsi un pomeriggio per una visita all’Artikuum Museum, dove scoprire tradizioni e storia dei lapponi, un paio di compere (ai designaddicted consiglio Pentik, io ho scovato due renne porta candele proprio in lappishmood) e una cena da Nili’s restaurant, dove potrete sperimentare la cucina lappone (che ammetto non mi ha particolarmente impressionato, considerando che già partivo prevenuta nei confronti della carne di renna). 

 

In giro, sulla neve. Gli husky, le renne e Alice. Le escursioni sono state scelte considerando la nostra pupa. E dopo una prima uscita in motoslitta, classificata come "giornata da dimenticare" causa pupa non soddisfatta, direi che la corsa in slitta coi cani husky e la passeggiata con le renne al chiarore della luna piena, hanno definitivamente conquistato Alice, direi più di Babbo Natale:-).

Naturalmente in questi casi venite forniti da equipaggiamento di copertura degno di omino michelin doppio e il bambino non viene abbandonato al suo destino, ma viaggia con voi sulla slitta, avvolti nelle coperte:-). 

Io per non sbagliare ho riempito Alice nelle estremità di scaldini usa e getta: sì, avevo il terrore del grande gelo:-)

A guidare la slitta? Nel primo caso Mr B. , nel secondo Rudolph. In buone mani, no?

Il tutto percorrendo sentieri innevati.

 

La cucina. Vi ho già detto di Nili’s restaurant, in generale la cucina lappone mi è sembrata superessenziale, ridotta a poco o nulla (ma magari è tutta una mia falsa impressione). Renna, affumicata o cotta a filetto, salmone, pudding, pepperkor e poco altro. Siamo rimasti conquistati da un ristorante ma più per il suo arredamento fatto di ghiaccio piuttosto che per i piatti.  Direi che insieme alla corsa coi cani dagli occhi color del cielo (parole di pupi) il ristorante Snowland è stata la seconda esperienza da annotare.

Guardate un po’:-). Ovviamente si cena vestiti e in gran fretta!

Pensate che qui ogni anno rifanno pareti, tavoli, tetto tutto da capo (e beh, che ve lo dico a fà, è di ghiaccio), e ci mettono un mese e un pezzo. 

Io non smettevo di fotografare, peggio dei giapponesi di fianco a noi:-).

Il menù? Zuppa di renna affumicata (confesso, buona!), renna per Mr B., salmone per me e la pupa. E poi snaps (tipico liquorino del posto) per la sottoscritta in bicchierino rigorosamente di ghiaccio (confesso, l’ho preso solo per il contenitore:-)).

 

On the road, of course. Non sono io se sto ferma nello stesso luogo più di quattro giorni. E’ stato così che il quinto giorno ci siamo messi in auto, direzione Ranua. Per precisione verso lo zoo artico della Lapponia. Allora aperta parentesi. Io non amo gli zoo e dopo essere stati mesi fa allo zoo di Londra, al quinto animale da caldo africano nel gelo londinese avevo detto basta. Qui invece è stato diverso. Si tratta di animali solo del luogo e il tutto è in un similbosco che giri a piedi con pupo nello slittino e copertina. Ok, non è comunque il massimo, gli orsi polari non hanno a disposizione l’intera foresta artica ma un piccolo appezzamento, però è meglio di altri zoo visti. Chiusa parentesi.

Il bello di questo giro? La strada per arrivare. 

Ho visto il sole sorgere e poi tramontare dopo il mezzodì in una manciata di chilometri. E poi cottage colorati isolati, con appena una luce ad illuminarli. Mi sono goduta il paesaggio, chiedendomi come sia possibile vivere in tutta quella solitudine. Io ne sarei stordita.

Sotto avete l’albeggiare, non il tramonto.

 

Il motivo. In realtà conoscere Babbo Natale si è rivelato l’ultima delle ragioni di questo viaggio. Ancora oggi chi ci chiama per auguri e ci chiede ha tra la primissima domanda: "E Alice cosa ha detto di Babbo Natale?". Uhm, la prossima domanda. 

Credo alla fine che il bello stia più in tutte quelle lettere che giungono da ogni parte del mondo verso l’ufficio postale di Klaus (Santa) e l’omonimo Village. Sono il sogno e la magia, il resto l’ho trovato troppo umano (e commerciale). E la pupa, nonostante i tre anni, pare aver apprezzato di più altro. E davanti a Klaus mi è parso che avesse un’aria un pochino scettica:-). O forse era solo la mia di sensazione.

 

Il particolare che ha fatto la differenza? Neve a prova di angelo, piccolo e grande (no, eh?).

Ok, ci voglio andare anche io. Link utili? Ecco qua.

Rovaniemi, il sito ufficiale

Qui ho organizzato le escursioni 

Il nostro cottage

La webcam (ostinatamente guardata per più di un mese, ogni giorno, preoccupata che non ci fosse neve!)

Non chiamatelo minipanettone:-)

Tornata ieri a casa la sensazione è stata molto strana. Mi è capitato di partire in inverno. Alcune volte per posti caldi: appena rientrata mi prendeva di solito lo sconforto e lo slancio, tipo salto in triplo lungo, verso la primavera. Altre volte per posti freddi, giusto un po’ più freddi e con neve non occasionale. Mai invece di partire per un luogo veramente freddo, oserei dire polare, con neve dall’aspetto perenne, tornare e sentirmi a perfetto mio agio con lo zero di oggi e la poca neve sui tetti. A mio agio al freddo, fantastico (e dovreste conoscermi per capirlo proprio bene), "Let it snow" sullo sfondo e io a impastare delle mini cupcakes natalizie, che paiono minipanettoncini ma non lo sono. 

Del viaggio nel grande freddo prometto racconto, intanto rassicuro: siamo tornati e non ci siamo trasformati in cubetti di ghiaccio. Però mi è presa l’idea di sfornare, fra le valigie da disfare, mail da guardare, risposte da dare, e mannaggia domani devo proprio andare nella Milano prenatalizia (in auto) per lavoro. 

Accantonata la possibilità di un vero minipanettoncino (avrei dovuto decidermi un paio di giorni fa considerando i tempi di lievitazione), ho optato per qualcosa di molto più veloce, ma profumato, bello e mignon e che soprattutto solo a guardarlo ti parte il "Let it snow" e "Buon Natale, Merry Ch’stamas", etc…

Per di più il mese scorso avevo comprato dei fantastici pirottini, ammetto che l’acquisto era stato dettato da puro e semplice motivo estetico e quando sono arrivati li avevo fatti sparire sotto la montagna di contenitori e simili che ci sono del secondo cassetto sotto il forno.

Mi sentivo in colpa, dopotutto mica mi mancavano i pirottini. Bene, sbagliato. Perché non sai mai quale pirottino ti può capitare a tiro e non tutti i pirottini sono uguali. Questi hanno la meravigliosa capacità di accompagnare la lievitazione verso l’alto del tuo dolcetto (o almeno questa è stata la mia impressione), addirittura strabordando (se non amministri con saggezza le quantità, cosa che io non ho fatto) e di regalarti una sorta di muffin travestito da cupcake che oggi, 22 dicembre, Italia, a tanti potrebbe apparire un panettone mignon.

Con tutto il bianco che ho ancora negli occhi non ho potuto fare a meno di imbiancarli, una volta usciti dal forno, giusto un po’ di glassa reale a limone, zucchero e acqua. 

Pensate che per ora questo è stata la cosa più simile (di foggia) a un panettone mangiata a tutt’oggi. Bè rimedierò per la vigilia.

Infine. Il dolcetto è molto semplice, per di più è morbido con mele fresche quindi perfetto per pupi formato 12 mesi abbondanti. Evitate al limite la glassa per non abbondare con troppo zucchero coi bebè più piccoli.

piesse. Io ho in realtà preparato due versioni, una per bebè, la seconda per adulti, mettendo le mele a bagno nel glogg (una sorta di vino speziato natalizio dei paesi nordici di cui io vado matta in questo periodo) e utilizzando un paio di cucchiai nell’impasto . Dove lo trovate? Uhm, credo si trovi al supermercato, altrimenti di sicuro c’è l’immancabile bottiglia all’Ikea natalizia. Alternativa? Utilizzate del vin brulè:-)

 

Ingredienti

200 gr di farina

50 gr di farina integrale

70 gr di zucchero di canna

2 uova

50 ml di olio di semi (o oliva molto delicato)

1/2 barattolo abbondante di yogurt naturale

100 ml di latte

1 /2 mele renette

1 cucchiaino di cannella e zenzero

1/2 bustina di lievito

scorza di limone e arancia

 

Per la glassa

acqua, zucchero a velo, limone

 

Procedimento

Mescolate insieme uova, olio, latte e yogurt, a questo punto aggiungete gli ingredienti solidi. Le due farine stemperate con le spezie, lo zucchero e il lievito. Unite al composto anche le mele a cubetti piccoli (come detto se volete fare come la sottoscritta lasciatele a bagno una decina di minuti nel glogg o vin brulè), tenete separati i due composti se optate per una versione più "alcolica". Riempite i pirottini fino a 3/4 e infornate a 175° per circa 20-25 minuti. Una volta pronti (lo saprete perché dovranno essere ben gonfi che con una crepa nel mezzo), lasciate riposare fino a quando si raffreddono, quindi decorateli con la glassa bianca fatta con zucchero a velo e qualche goccia di limone e acqua.

 

Un libro, ma, bò, forse, sì! Partecipate?

Ebbene sì, mi pare ancora strano e non riesco a figurarmelo, anche se proprio l’altro giorno ho consegnato i quasi ultimi testi e ci sono mille foto suddivise per capitolo messe in diligente fila da Miss Cia. Perché faccio molta fatica solo a nominarlo: il mio libro, il nostro libro. Di Alice, del blog, di Miss Cia, e del webguro, e di tutti quelli che hanno chiacchierato e pasticciato con noi in questo anno e un pezzo. 

Chissà perché ho pensato tutto il giorno a questo post, riderete ma mi sentivo proprio nervosa. Un po’ come dovessi aprire un regalo, o forse consegnarlo, ansia mista a eccitazione. Ed è come se solo a scriverne e dirne mi pare di vederlo un po’ più concreto, nonostante ci stiamo lavorando ormai da un paio di mesi.

Tutto questo per dire che in piena primavera, dopo il freddo, l’inverno e la neve, dovrebbe arrivare pure il nostro libro.

Uhm, cominciamo dal principio. 

Chi cavolo ha pensato di farti scrivere un libro (cosa che ancora mi chiedo anche io)?

Pomeriggio di piena estate e noce di cocco che si ostinava a rimanere chiusa nonostante ripetuti tentativi con mannaia (dicasi coltello da cucina dalle proporzioni da film horror). Suona il telefono quando finalmente la noce di cocco viene aperta (da Mr B., benedetto il suo ritorno). 

"Pronto, è il Cucchiaino?".

"Sì" (ma anche no, la luce sta calando, devo scattare io la foto e ci metterò un bel po’, è quasi ora di cena e vorrei proprio impiattare il cocco che pareva duro come il piombo fino al ritorno dell’eroe). 

"Ho visto i pasticciamenti del Cucchiaino, pubblico libri e mi piacerebbe tradurre in pagine il blog. Disturbo?".

"Naturale che no, non ero per nulla occupata, mangiare? ma no…" (e dopotutto chi se ne frega della noce, del cocco, e poi c’è l’eroe a preparare la cena). 

E così iniziò. Con l’editore al telefono, la noce di cocco, Mr B. e la pupa che alla fine si divertirono a scattare loro le foto (e ho promesso che prima o poi le pubblico).

La risposta alla domanda è quindi sì, c’è qualcuno. Per me fino a quando non mi ha mandato un bel pacco con una scelta di suoi libri, era l’editore di quei libri per bambini fantasticamente illustrati da Nicoletta Costa. Ossia Gallucci.

Ok è il blog tradotto in un libro?

Non proprio, perché l’idea di fare una copia un po’ più ordinata e stampata non mi piaceva del tutto. E quindi naturale che ci sono parecchie ricette del blog (e alcune sono d’obbligo parlando di svezzamento) ma ce ne sono anche tante nuove, nuove, suddivise in quattro capitoli (che riflettono la nostra vita quotidiana) più uno invece diciamo molto pratico e poco scientifico che sintetizza la nostra esperienza di "svezzamento" e di cucina senza dare troppi comandamenti. 

E ci sono le foto?

Naturale che sì, altrimenti non sarebbe il Cucchiaino e ci sono anche le illustrazioni. Con me ha lavorato Miss Cia (grazie!).

E’ un libro sullo svezzamento?

Credo di sì, visto che ci sono ricette dai 6 mesi ai 3 anni, ma vorrei che fosse qualcosa di più. Non è un libro di verità assolute, non è il libro con cui i bambini "faranno la pappa" (perché non credo nelle strade uguali per tutti), è una possibilità tutta da costruire, e se fosse altrimenti non sarei io, non sarebbe il Cucchiaino e beh sarebbe pure un po’ noioso. Per ora non riesco ancora a capire se il "qualcosa in più" c’è o no, me lo direte.

Sono curioso, magari una copia me la posso pure regalare per la Befana

Direi di no. Il libro non è ancora finito. Terminati i testi, terminate le foto ora abbiamo un intero mese e due settimane di impaginazione prima della stampa. Spero di avere la mia copia per l’estate:-).

E ora la parte più interessante. Perché se ci sarà un libro merito è anche vostro che ci avete seguito fino a qui.

Come già detto nel libro ci sono quattro capitoli più uno. Nel quarto si parla di "lil loves" o piatti del cuore della pupa (l’ho detto no che non è un manuale da svezzamento supertradizionale, no?). Ed ecco qui entrate voi. 
Mi piacerebbe inserire tre piatti del cuore tutti vostri: quelli che avete creato coi vostri pupi, quelli che i vostri formati hanno amato e apprezzato. 

Tre per tre tappe diverse: dai 6 ai 9 mesi, dai 9 ai 12 mesi, dai 12 ai 24 mesi. 

Cosa devo fare per vedere la mia ricetta pubblicata nel libro?

Semplice, mandare il vostro (tuo e del tuo formato) piatto entro (il 7) 14 gennaio con ingredienti ed età, oltre a due righe per raccontarmi cosa ha significato per voi quella ricetta. Ricordo, emozione, il sapore della tua infanzia, un sacco di pazienza persa, etc…
Sceglierò tre ricette che naturalmente saranno cucinate, fotografate (e assaggiate dalla pupa) e poi finiranno nel libro.

Dimenticavo l’indirizzo per l’invio è info@ilcucchiainodialice.it! Se vi va diffondete su facebook, twitter, il vostro blog, raccontate alla vicina o ditelo alle amiche del parchetto. 

 

Ci sono post che non sai proprio come prendere, questo era uno di quelli:-). Wow, è quasi finito!

L’idea di un libro fino a due anni fa non era sulla mia strada, così come quella di un blog. Fatico ancora a capire come sia possibile che in un momento in cui pensavo di aver perso qualcosa, all’improvviso ho ritrovato tanto. Pensandoci bene, non fatico nemmeno troppo. A volte basta guardare chiaramente quello che hai davanti, osservare bene e aprire gli occhi. E i bambini, la mia pupa, hanno questa capacità pazzesca: di farti vedere le cose in maniera nuova, speciale e inaspettata. 

 

piesse: della serie torno presto, tra i regali di questo fine anno, è arrivato anche un invito, per Alice, la sottoscritta e Mr B. da Babbo Natale (quello vero che abita al Polo Nord). La cucina riaprirà se riuscirò a tornare in forma umana e non di ghiacciolo da cocktail grande formato. 

 

Spekulatius e il diabolico (in legno)

Non l’ho pensato nemmeno per un momento che fosse facile. Ma non ho creduto fosse impossibile. Dopotutto lo stampino per biscotti in legno mi è piaciuto subito: visto, click, acquistato. E mi è sembrata una brillante idea cimentarmi proprio il giorno di San Nicola con la pupa a casa per ponte, e festività milanese aggiunta alla causa pur abitando in provincia. 

Ecco è stato bello fino a quando non è venuto il momento di cominciare ad appoggiare la "deliziosa" formina in legno per ricavare il biscotto. 

Alla pazienza infinita si è aggiunta la mia espressione perplessa quando ho sfornato gli Spekulatius: le incisioni di albero, candela, barba di Babbo Natale e vischio erano diventate ombre cinesi, direi talmente cinesi da essere indecifrabili.
 

 

 

Gli Spekulatius (o Speculoos per dirla alla Cavoletto) sono uno dei biscotti tipici, stratipici dei paesi del Nord, dalla Germania al Belgio per l’appunto. L’aspetto che mi ha affascinato di questo biscotto è naturalmente la possibilità di creare bellissime forme incise. Già mi vedevo con la pupa e poi la sua espressione stupita, visto che non si trattava più solo di forma o lati ma di superficie con particolari da manuale. Bene, tutto archiviato. Almeno fino a più liete notizie o utili consigli da qualcuno che leggendo alzerà la mano, dicendo: "Ho io la soluzione, cuoca pasticciona!".

 

E giusto pour parler gli Spekulatius andrebbero fatti, regalati il giorno di San Nicola, il 6 dicembre, o almeno questa è la tradizione nei paesi del Nord, dove l’antico vescovo (appunto san Nicola) è diventato un personaggio tra Babbo Natale e la Befana:-). 

L’unica rimasta soddisfatta è di sicuro la pupa. Mentre io mi affannavo a ricavare le forme con lo stampino in legno, lei si è cimentata con forme molto più semplice e meno "diaboliche", e una volta sfornati, badando poco alle "ombre cinese" ha inzuppato nell’infuso caldo del pomeriggio. 
Perché, stampo a parte, il sapore, morbido e speziato, era veramente "so di Natale".  Entrata anche la renna nel gioco, ci ho fatto piovere neve di zucchero sopra e mi sono consolata.


Il formato è dai 18 in su per la presenza di farina di mandorle e tanto burro.

piesse: io temendo l’effetto lievitazione in forno (e la perdita della forma incisa) non ci ho messo lievito, bè non è servito comunque, voi mettetene pure un mezzo cucchiaino
 

Ingredienti

300 gr di farina
100 gr di burro
50 gr di farina di mandorle
1 uovo 
100 gr di zucchero di canna
1 cucchiaino di spezie miste: cannella, cardamomo, chiodi di garofano, zenzero
scorza di limone

 

Procedimento

Mescolate le due farine, aggiungete lo zucchero, le spezie, un cucchiaino di scorza di limone e cominciate ad amalgamare col burro a temperatura ambiente, unite anche l’uovo. Impastate fino ad ottenere una palla morbida, avvolgetela nella pellicola e lasciatela riposare in frigo per qualche ora (io ho lasciato tutta la notte). Riprendete l’impasto, stendetelo e ricavate i biscotti (vi sconsiglio l’utilizzo dello stampino di legno!). Cuocete in forno a 180° per dieci minuti.

 

Introvabili: zucca hokkaido&tatsoi

Sì, c’è ancora lui, quello che la gran parte di voi, ma pure io, non aveva mai sentito neppure nominare. Ma ora giusto un paio di cose in più sappiamo su tatsoi e dintorni. E considerato che quando scopro o compro qualcosa di assolutamente nuovo poi tendo ad accanirmi sul soggetto, scarpe o verdura che sia, ci ho riprovato. Tirando fuori dalla cucina due interpretazioni. La prima si avvale della zucca migliore mai assaggiata dalla sottoscritta e famiglia, la hokkaido, la seconda di un aggeggio di cui più volte la pupa ha chiesto notizia e possibilità di vederlo all’opera, la wok. 
Signori e signori, ecco la zucca che gira, girella attorno al tatsoi verde spinacio ma dal sapore cavolesco e la mia amica wok, che conta anni e anni di onorato servizio. 

Cominciamo dalla zucca hokkaido. Per me è stata la scoperta più interessante dell’autunno. Proviene anche questa dal cesto di agricoltura locale (benedetto cesto!) e ha un sapore dolce con note di castagna. La prima volta l’ho cucinata al vapore e poi ho frullato tutto, allungato con poca acqua e …. servito! Perché l’hokkaido ha una scorza esterna molto sottile, perfetta per finire anche quella nella vellutata, e un sapore che se volete apprezzarla semplice, semplice, non ha bisogno di alcuna aggiunta. di erbe, sale o formaggio. Quindi perfetta per i pupi inizio svezzamento:-).

E’ stato naturale sancire il matrimonio col tatsoi, dal sapore molto meno facile e più amarognolo. Dato però che il Cucchiaino è il Cucchiaino, veniva troppo banale mischiare tutto e abbiamo preferito dividere e incorniciare: il tatsoi in mezzo e la zucca a ballare intorno. Formato bebè 8-9 mesi.
 

Che cosa vi serve?

1 fetta di zucca hokkaido (o zucca di altro tipo se non vi riesce di scovarne)

50 gr di tatsoi (o bietole, se proprio di tatsoi nemmeno l’ombra)

1 patata piccola

1 cucchiaino di parmigiano

1 cucchiaino di olio extravergine

 

Come lo fate?

Uhm, mette tutto a cuocere a vapore, cominciando con patata e zucca e aggiungendo negli ultimi cinque minuti il tatsoi.

Frullate la patata e il tatsoi con qualche cucchiaiata di acqua di cottura. Aggiungete un cucchiaino di olio. Intanto frullate la zucca con un cucchiaio o due di acqua di cottura, potete semplicemente metterla ai latti del piatto facendo un cerchio o aiutarvi con una sac à poche. In centro mettete il passato di tatsoi, spolverate di parmigiano e servite.

 

La seconda variazione è nata dall’ispirazione d’origine del tatsoi (bè area asiatica) e dalla wok che con la pupa ho forse usato appena una volta o due. E siccome Alice aveva additato e chiesto di quella pentola, grande, nera e dal peso considerevole, ho pensato che la wok col tatsoi ci andava perfetta. E’ bastato aggiungere patata dolce a pezzetti, patata (di quelle normalissime), un paio di spicchi di mela e dei bocconi di filetto di pollo, da far saltare nella wok giusto una decina di minuti. Formato? 18-24 mesi, usate con moderazione la salsa di soia, ricca di sale.

Con questo naturalmente si chiude la saga del tatsoi, quell’emerito sconosciuto in cui sono inciampata in un orticello appassionandomi alla causa. 

Che cosa vi serve?

40 gr di petto di pollo
30 gr di tatsoi
1/2 patata dolce
1 patata piccola

1 spicchio di mela
qualche fettina di porro
1 cucchiaino di olio extravergine
1 cucchiaino di salsa di soia
1 foglia di alloro

 

Come lo fai?

Prendete la wok o semplicemente una casseruola dal fondo spesso, ungete con l’olio e fate saltare le patate e la mela a pezzetti piccoli, le fettine di porro e i bocconcini di pollo. Profumate con la foglia di alloro. Girate (ed eventualmente bagnate con poco brodo). Fate cuocere fino a quando le patate si ammorbidiscono e unite anche il tatsoi. Mescolate per qualche minuto, insaporite con un cucchiaino di salsa di soia, mescolate di nuovo e servite. 

 

 

 

 

Renna, volpe e riccio: i biscotti di Natale

La prima volta che quest’anno ho pensato al Natale era fine agosto. Mai così presto, credo. Però sono giustificata, era per lavoro. E ancora con l’estate addosso ero lì ad impastare un po’ spaesata. Ora che il Natale sta per arrivare per davvero mi pare sia stata un’attesa lunghissima. La pupa, da parte sua, aspetta una lettera, sembra infatti che le debba arrivare un invito da Santa Klaus e folletti (o almeno Mr B. lo sostiene). Da parte mia io ho impastato, giusto oggi per avere quei 24 biscotti da afferrare da domani. Come l’anno scorso, ci sarà il calendario , quello della renna, ma anche una scatola, che i biscotti sono fuori formato rispetto alle finestrelle.

Per i nostri biscotti natalizi abbiamo convocato un bosco intero a dare forme e profili. Ci sono la renna (un vero simbolo per noi nelle prossime settimane!), la volpe, il riccio, l’orso polare e lo scoiattolo. Qualcuno, prima di cadere nella scatola, ha pensato bene di inzupparsi nel cioccolato: chi la zampa, chi il musetto, chi le corna. 

 

Ammetto che mi sembra quasi strano che domani sia veramente il primo di dicembre. Questi mesi sono volati e ora mi sento come da bambina quando impaziente aspettavo e aspettavo, e ogni giorno pareva dover portare una sorpresa. La cosa pazzesca è che ora ho una complice irresistibile, mia figlia.
Lei, bè, un paio di desideri li ha già espressi, vi dico solo che uno riguarda un mattarello "piccolo, piccolo" per aiutare la sottoscritta a pasticciare:-). 
Io, per i miei, sto incrociando le "fingeres" come diceva una volta un’amica, per intenderci le dita di tutte e due le mani.

I biscotti. Sono molto leggeri, infatti ho impastato con olio e succo di arancia e limone. C’è giusto l’aggiunta di cioccolato a renderli più speciali (da escludere se il pupo è sotto i due anni, se non per una leccata piccola, piccola).
Miss Cia, poi, ha creato una scatola immaginaria per contare i giorni da qui alla vigilia. In mancanza o in alternativa di un calendario è un modo divertente per coinvolgere il pupo ad una caccia al tesoro che dura quasi un mese.
 

Ingredienti

200 gr di farina
40 gr di maizena
succo di due arance e mezzo limone
1 uovo

75 gr di zucchero a velo

cannella

70 ml di olio di semi o oliva molto delicato
1 cucchiaino di bicarbonato

1 tavoletta di cioccolato fondente
(1 cucchiaino di sciroppo di glucosio)

Procedimento

Sbattere l’uovo con lo zucchero a velo, aggiungere il succo di arance e limone e l’olio.  Unire la farina stemperata con la maizena, il bicarbonato e la cannella.

Continuate ad impastare fino ad ottenere una palla abbastanza morbida. Avvolgetela in pellicola e mettete in frigo a riposare per un’oretta. Tirate fuori e stendete. Con le formine ricavate i biscotti (del bosco, a stella o come più vi piace).
Cuocete in forno caldo a 175° per dieci minuti. 

Nel frattempo fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria, una volta sciolto unite lo sciroppo di glucosio (serve a rendere la glassa più lucida, potete anche farne a meno). 
Immergete una punta o anche tutto il biscotto nella glassa al cioccolato, quindi appoggiate su carta da forno e lasciate asciugare per qualche ora.

Riempite una scatola e via al conto alla rovescia.