Se il fico galleggia sulla ninfea


Cosa succede se in una domenica di agosto il gelato al fico galleggia su foglia di ninfea? Idea assurda, un po’ irriverente, che ho suggerito alla mano di Miss Cia. Perché volevo parlare di un gelato al fico (senza dosi né ricetta che in cucina si sono messi Mr B. e Alice) e di ninfee, o meglio delle ninfee ammirate a Palazzo Reale. Come dire di necessità virtù:-).
E dato che domani è ancora agosto, e forse Milano non è ancora Milano (caotica, affollata, senza parcheggi), forse la capatina in centro può ancora avere un senso.

Mr B., Alice e la sottoscritta si sono cimentati domenica scorsa con partenza tarda, tarda (è nel nostro DNA, purtroppo) perché dopo una colazione lenta, lenta, ci si sono messi di mezzo un chilo circa di fichi piccoli, verdi e dolci.
Io ho scelto di fotografarli, Mr B e Alice hanno voluto produrre il loro gelato. Che era buono e leggero, visto che senza alcuna ricetta ci hanno messo solo fichi, zucchero (poco, poco che la mamma conta ancora un po’), due cucchiai di miele al limone e un cucchiaio di succo di limone. Peccato che tendeva ad essere più un sorbetto che un gelato e la tenuta non era delle migliori (l’ho sperimentato quando ho cercato di tirarne fuori una foto).
 
Mentre il sorbetto (o gelato) riposavano in freezer, per la seconda volta ci siamo avventurati ad una mostra con la pupa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La prima volta non conta, che fu oltre un anno fa alla Triennale con Alice debitamente sedata dal marsupio (che bei tempi:-) e genitori in visita tranquilla. 
La prima vera prova (per noi, intendo) è stata qualche mese fa, sempre a Palazzo Reale a vedere Magritte (avete presente C’est ne pas une pipe?  il mio preferito però rimane L’impero della luce): inizio brillante, curiosità e spiegazioni per la piccoletta, con “vedi che dopotutto” e poi il caos.
In realtà quella volta fummo fortunati: ci salvò la nanna:-).
E poi ci è stato Monet, senza la grazia.
Inizio brillante, che vedere l’Aliciotta consegnare il biglietto all’omino che sta all’ingresso dà soddisfazione, curiosità per le acque di Giverny (no cara, non è mare, non è lago, è uno stagno), il caos. La salvezza è stata solo per la sottoscritta, perché ho scoperto di aver sposato un CGD (ossia un Caregiver Daddies) come ho letto qui .
In altre parole Mr B. ha fatto da baby sitter mentre io ho potuto intrattenermi con Baricco (in audioguida). A proposito al bookshop ho scoperto un libricino dedicato da Proust ai pittori, una sorta di sua lettura di Monet, Rembrandt & co. Se non conoscete questo aspetto dell’autore della Recherche ve lo consiglio.
Se avete un bimbo relax (in mostra ne ho visti di bebè piacevolmente intrattenuti in un passeggino, mentre il nostro giaceva all’ingresso snobbato dalla proprietaria) oppure se al vostro fianco c’è un CGD vi consiglio un giro in mostra, anche se fate spallucce e le ninfee le avete già viste a Parigi:-).
Le ninfee di Giverny , ripetute e ripetute fino all’ossessione da Monet (non en plein d’air come magari viene naturale pensare) per “arrivare a dipingere il niente” si intrecciano in mostra all’arte giapponese (amata da Monet) in 50 stampe di Hokusai (avete mai visto La grande onda?) e Hiroshige.
 
E se il vostro bebè si è addormentato, o fondamentalmente è uno che guarda ma non tocca (o non finge di osservare per poi toccare come la mano più veloce di casa mia) fate una capatina in Rinascente al – 1, soprattutto per i patiti del design, come la sottoscritta.

Noi ci siamo avventurati e sempre coadiuvata dal mio CGD sono riuscita anche a fare un acquisto:-) al Design supermarket. In caso di fame invece salite al + 8 e godetevi la vista sopra il Duomo ad altezza Madonnina.


 
E i fichi? Io avendone quantità abbondanti grazie alle coltivazioni casalinghe in questi giorni li ho preparati anche in versione salata.
Mi sono divertita a metterli sulla pizza focacciata: dopotutto ho sempre una nonna romana e niente è meglio di “pizza e fichi” no?.
Ho preso ispirazione dal Gambero Rosso e li ho passati in padella con scalogno, aceto balsamico e prosciutto di Parma condendoci le linguine (con grattata finale di parmigiano!). Ho fatto dei triangoli di pasta sfoglia, li ho spennellati con una salsa senapata ai fichi (acquistata al + 8), ho messo al centro un fico pulito con del pecorino, richiuso e passato in forno a 175° per 25 minuti.

Tutte idee in versione mamma e papà. Per il gelato vi lascio la ricetta dosata e rivisitata di Mr B.& Alice, formato bebè 12-18 mesi.
 

Ingredienti

700 gr di fichi puliti
75 gr  di zucchero e 3 cucchiai di miele al limone diluito in acqua (o 50 gr di zucchero invertito o glucosio-fruttosio per mantecare meglio, leggi qui)
1 cucchiaio di succo di limone

Procedimento

Passa al mixer i fichi con zucchero/miele o zucchero inverito e il succo di limone. Metti il composto in gelatiera o come me in ciotola refrigerante Mr K.Aid.

 

 

Del Crotto, della mattonella e dei mirtilli

 


Il titolo è di quelli didascalici, che più didascalici non si può. Ci sono i fatti, i tempi e gli ingredienti. Non si tratta solo di una ricetta, non è propriamente un viaggio (a meno che una fuga dal caldo di fine giornata non possa essere archiviata come tale), non è cosa tutta mia. Che al crotto mi hanno aiutato:-)

Qualche giorno fa, quando l’afa aveva spazzato via qualsiasi alito di aria potesse esistere, Mr B. è venuto in soccorso delle sue donne a ridosso della cena. E io come al solito ci ho messo del mio, cambiando il suo itinerario iniziale e finendo a Bologna. Sì Bologna, frazione di Perledo, 800 metri di salvezza e aria fresca (bè freschina): poche case, il circolo bolognese col gran vociare della partita a scopa, una piazzetta minuscola dalla quale godere uno dei panorami più belli sul lago di Lecco, da Varenna in giù. E un crotto, quello del Meo, dove sedersi su una panca di pietra e gustarsi finalmente una cena senza gocciolare. 

 

 

 


Per chi non lo sapesse i crotti sono qualcosa in più rispetto ad una comune cantina, che qui la temperatura si mantiene tra i 4° e gli 8° grazie ad uno spiraglio naturale tra le rocce da cui spira l’aria. In Valtellina (a Chiavenna) sono di origine naturale, in altri casi, come al Crotto del Meo, vengono scavati. Ed è così che vini, acqua, bresaole, salami e formaggi finiscono al fresco, in cantina:-)

Per quello che riguarda la cucina il crotto del Meo è stato una scoperta: non mi aspettavo di mangiare hummus, tatzichi (per altro deliziosi) e chutney di cipolla e uvetta nei luoghi di polenta taragna e lavarelli.
E l’Aliciotta, in serata da strappo alle regole, ha assaggiato e pasticciato dai nostri piatti prima di darsi alla fuga tra scala e prato.

Di quello che si stende ai piedi di Bologna non posso dire granché, perché Mr B. è arrivato presto dal "lavooroo" (versione Alice), ma non così presto per una capatina a Varenna, dove la passeggiata pied dans l’eau vale da sola la visita ( e credetemi è facile capire da Tramaglino&Mondella a Clooney&Canalis perché certi amori nascono qui).
Dal semifreddo al sambuco assaggiato al Meo e dalle chiacchiere scambiate con uno dei due proprietari (a proposito grazie per il mini tour al crotto) mi è venuta l’ispirazione per il dolce creato poi a casa. 


Ho voluto rifare qualcosa di simile, aggiungendoci di mio i mirtilli (arrivati coi nonni dall’Alto Adige) ed eliminando gli albumi, che credo proprio ci fossero nel dolce del Meo, più soffice rispetto al mio:-).

Volendo realizzare un dolce formato aliciotta ho preferito lasciar perdere le uova a crudo e utilizzare l’agar agar (che potevo sciogliere con lo sciroppo di sambuco). 

Un’alternativa, la proverò al prossimo semifreddo, è quella di pastorizzare le uova (montare le uova aggiungendo acqua e zucchero bollenti) o semplicemente preparare una crema inglese da unire alla panna montata.
Per il formato bebè, tenete conto che i mirtilli andrebbero introdotti verso i due anni (Alice ha fatto il solito strappo alla regola ma pare non soffra di nessuna allergia ai frutti rossi, considerando la quantità divorata).

Ingredienti (per 6)

200 ml di panna fresca
1 cucchiaio di zucchero e 1 di miele al limone
1 bicchierino di sciroppo al sambuco
1 bicchierino di acqua
2 cucchiaini di agar agar
100 gr di mirtilli

 

Procedimento

Unire agar agar, sambuco, acqua, zucchero e miele: riscaldare e mescolare fino a quando l’agar si scioglie. Spegnere e lasciar raffreddare. Montate la panna (mi raccomando fredda, fredda)  e aggiungere poco alla volta il composto preparato. Unire anche i mirtilli. Prendere degli stampini in silicone e riempirli con la base di semifreddo. Lasciar riposare in freezer per almeno due ore.

 

 

 

 

 

 

 

La panzanella senza la nepitella


Questo è un post che avrei dovuto scrivere già da un paio di mesi, bè diciamo un mese e mezzo, che il blog non è ancora così vecchio:-).
Il nostro on the road era già così estivo, così scampagnata (e questa non è la settimana delle gite, pic-nic e affini ovunque vi troviate?), che oggi eccomi a rievocare con la panzanella (purtroppo senza nepitella) il Bolgheri-Elba di fine primavera (ma vi assicuro che anche la temperatura era già tanto estate).

Giusto 60 giorni fa,  Mr B. ha inviato Miss Lice ad accompagnarlo in un viaggio di lavoro e siccome lui doveva veramente lavorare, lavorare, anche la sua ex-ragazza è stata gentilmente inclusa nell’invito. 
Era giugno, Mr B. era desiderato come relatore sull’isola d’Elba e alla sottoscritta, raffreddata e senza voce, era stata promessa dal medicaldoc casalingo, non solo una veloce guarigione, ma anche una puntatina veloce veloce, tanto siamo sulla strada, a Bolgheri.  
E qualcuno mi dirà, ma che ci sarà mai a Bolgheri da lasciare la nuova Aurelia per la vecchia: me l’aspetto, Mr B. la prima volta che lo obbligai a fermarci qualche anno fa, mi guardò un po’ perplesso.
A me parve incredibile, perchè tra la schiera di poesie mandate a memoria (a proposito si usa ancora?) quella dei cipressi "alti e schietti… in duplice filar" era stato per me un tormentone così consolante da ricordare passata l’infanzia.

E quindi perché non mostrare all’Aliciotta il viale, che anche ad un anno si possono apprezzare le cose belle, n’est-pas?
Se non ci siete mai stati, e siete di strada, fermatevi perché, Carducci a parte, è proprio vero che le due fila vi verranno incontro e avrete l’impressione che vi facciano ciao-ciao:-)
A Bolgheri concedetevi una merenda, bebè a parte, a base di schiaccia salata, prosciutto toscano e vino della costa degli etruschi. Che la merenda da queste parti ha una gioia tutta sua che ti fa tornar bambino. 

 

 


L’Aliciotta non è che abbia visto molto di Bolgheri, che Mr B. già scalpitava per il ritardo accumulato, fan del centesimo di secondo nemmeno fossimo all’arrivo del giro d’Italia, mentre la sottoscritta spesso dimentica a che ora ha promesso di arrivare:-).
Però i cipressi (e la schiaccia al pomodoro fresco) le sono piaciuti, checché ne abbia a dire qualcuno:-).

 

Dell’Elba ho poco da dire, è uno di quei posti che tutti conoscono, da Napoleone in poi. Aggiungo solo che a giugno, poco affollata di turisti e in piena fioritura di colori e profumi, val bene una visita.
Lo confesso per me è un po’ troppo grande per essere l’isola del mio cuore, ma coi bambini, tra le spiagge di sabbia e le camminate attorno al Monte Capanne, è un posto incantevole, si dice così no?:-)

Nei tre giorni a disposizione, ho fatto due puntatine, con Alice che ama andare a spasso ma non fare il tragitto motorizzato che ti permette di arrivare da qualche parte. E quando dico non ama, intendo non ama:-)
Solitarie ci siamo viste Fetovaia e Capoliveri, ho persino azzardato un tratto della panoramica, che dopotutto senza Mr B. poteva nascere una nuova Thelma&Louise se Alice fosse stata più silenziosa e contemplativa:-).


Di foto ne ho scattate pochine che Alice proprio non ne voleva sapere, poco importa che dell’Elba ne hanno parlato e ne parleranno tanti altri.

Mi sono fatta una cultura in quanto a schiaccie, salate e dolci, ubriache e non. Un goccio di alchermes è la schiaccia guarda come ti diventa.

Della cucina elbana ho adottato la panzanella che, in formato bebè, ben si prestava. Di versioni di panzanella ne esistono molte: alla base di pappa al pomodoro di pane si possono aggiungere capperi, cipolla, acciughe o olive. Personalmente ho eliminato tutte le aggiunte vista la presenza del cucchiaino di Alice, eccetto il tonno sott’olio (che avevo a casa la varietà di corsa e mi pareva così buono per un’iniziazione) e ho bagnato il pane solo con acqua, niente aceto.
E non potendo fare come gli isolani che ci mettono la nepitella, ho utlizzato la solita menta di coltivazione casalinga.
Dopo essermi fatta una cultura in quanto a nepitella (le ricerche delle medie a volte sono meglio di wikipedia),  mi sono pentita di non aver cercato tra le fioriture elbane la piantina selvatica di mentastra.
La mia panzanella non sarà così bella senza nepitella… mi devo rassegnare:-)

 

Ingredienti (per tre)

200 gr di pane raffermo
una ventina di pomodorini a ciliegina (o circa 300 gr di pomodori belli rossi)
olio evo
Menta
Basilico
Tonno

Procedimento

Spezzate il pane raffermo e bagnatelo con acqua, ammorbidendolo.  strizzatelo per bene e mettetelo in una ciotola capiente. Condite con olio, menta e basilico a pezzettini, aggiungete i pomodori tagliati e il tonno di corsa. Lasciate insaporire per una mezz’oretta e servite.

Aperanto Galazio 2.


Aperanto galazio, immenso blu… a distanza di una settimana dal ritorno dalla Grecia pare proprio che l’ubriacatura non mi sia passata.

Può essere che il primo post, Aperanto Galazio, fosse legato al contesto: si sa come i luoghi e i momenti abbiano presa su di noi, e poi coi ritorni tutto evapori. Invece è ufficiale: la sbornia di luce, colore, e ancora luce, e ancora colore continua.

Ci sono una serie di ragioni imputabili… Sarà che nell’ultima settimana ho visionato un migliaio di foto: da buona neofita non ho fatto altro che scattare, è proprio quello che sto facendo nella foto sopra, messa a disposizione da Mr B..
Sarà che ho persino già sfornato, complice una noiosa domenica di calura lombarda, una moussaka formato Alice, con melanzane rigorosamente a vapore.
Sarà che l’ouzo con ghiaccio ci ha fatto compagnia nelle ultime sere (intendo Mr B. et moi, of course), sarà che Alice ancora ricorda Ay su, il ciao greco, sarà che mi sono innamorata dell’ultima isola visitata: proprio da girare in un fiato di bicicletta.


Per me ci sono viaggi fatti di sensazioni e ossessione per i particolari: l’ultimo è stato uno di questi.
La Grecia, con le persone, le luci, i colori, le case e le chiese, chiesette e tabernacoli bianchi e blu, le spezie, le taverne, il lento attraccare dei traghetti, i paesini anni ’50: quasi, quasi  il mare era solo una comparsa o semplicemente un continuum di colore con tutto il resto.


 
Ammetto che la nuova passione per la fotografia ha esasperato il tutto, tanto che Mr B., ad un certo punto, ha lamentato l’assenza di foto più “didascaliche”.
Sapete il genere per far capire agli amici dove si è stati e cosa si è visto:-)

 

E’ stato un vero conforto allontanarsi dalla pazza folla di Mikonos per arrivare in un luogo tranquillo e incontaminato come Mikri Vigla a Naxos (efharisto Mrs Ydreos , lei sa perché:-), per chi volesse scoprirlo www.ydreos.com.).
Qui le giornate piaiono allungarsi sempre più, forse per cogliere il sole che cade in mare dietro a Paros.
La massima fatica giornaliera era dover decidere, in caso di vento eccessivo per il nuoto dell’Aliciotta, di traslocare nella spiaggia vicina, una lunga striscia di sabbia che si butta in acqua trasparenti.
E poi per il pranzo c’è una deliziosa taverna pieds dans l’eau, quelle che hanno il sapore delle Cicladi: tavoli e sedie in azzurro, tovaglia di carta a scacchi e un’infinità di mezedes tra i quali scegliere. 
Io per l’ennesima volta ho voluto testare il tatzichi (lo so può essere banale…) ma vi assicuro che tornata da questo viaggio ho capito come riconoscere il migliore e come riprodurlo a casa.
Alice, al bando i rigori materni, ha apprezzato le polpette made home aromatizzate alla menta. 
Dopo qualche giorno è stato facile capire come mai Dionisio abbia raccattato la povera Arianna proprio a Naxos:-)

E se poi avete voglia di arrampicarvi in auto verso la parte più alta dell’isola, ci sono paesini fatti di nulla, come Halki e Apiranthos. Val la pena andarci? Mr B. non ha risparmiato la sua ironia verso Lonely Planet & company: la sottoscritta invece è molto più positiva.
Da vedere (ma direi più da testare) ad Halki una distilleria di kitron (liquore al cedro, da parte mia continuo a preferire l’ouzo), l’Olivier (www.fish-olive-creations.com), una galleria di ceramiche e gioielli in argento ispirati al tema dell’ulivo e del pesce, dove Alice ed io abbiamo rimediato un regalino di Mr B., e una taverna con uno grosso spiedo sulla strada (che spettacolo!). 
Se vi spingete poco più in là la Panagia Drosiani, una delle chiese più antiche della Grecia, immersa in un giardino di ulivi, con le strette e bianche candele ortodosse immerse nella sabbia.

Ad Apiranthos c’è ancora meno, ma le sue viuzze, le case diroccate, le finestre scalcinate che incorniciano ritagli di cielo, i volti dei vecchi (sono rimasta letteralmente affascinata da queste facce, mai viste barbe più candide) valgono bene una visita. Cercate in questa fotografia…


Le guide raccomandano poi ad Hora (il principale centro di Naxos) il kastro di memoria veneziana (che qui a Naxos la Serenissima è stata un po’ di anni), la Portara e il centro storico… il mio lil loves è stato però un negozietto scovato per caso, in una delle vie centrali, a ridosso della parte storica, stracolmo di spezie, erbe, formaggi, olive e chincaglieria.
Da guardare e fotografare.
Il mio acquisto? Camomilla bio per Alice, erbe per tatzichi e infuso alle rose. 

La nostra quasi ultima tappa (che abbiamo fatto toccata e fuga aerea da Santorini) è stata Koufonissi, per tanti un’isola da sogno, con spiagge e mare caraibico, per me la possibilità di essere in un posto e contenerlo tutto in testa date le sue dimensioni small.
L’arrivo è stato lento, con il traghetto storico Skopelliti che fa una tappa dopo l’altra, così da riuscire a capire quale isola c’è prima, quale dopo.

A Koufonissi per la sottoscritta alcuna ansia di visita, consolante sensazione di poltrire davanti al panorama di casa (per la cronaca la nostra casetta si chiamava Aperanto Galazio, scelta via internet per il suono del nome, la proprietaria Johanna è rintracciabile al tel/Fax: +30 22850 71437 o cell. +30 6978085105), beatitudine di Alice di girare in bici e finire in un batter d’occhio sulla spiaggia (di sabbia, altra felicità sua:-), gioia infantile di incontrare le stesse facce, alla stessa ora, sulle stesse sedie azzurro scrostato sulla stradina del paesino. 

Koufonissi, con Kato Koufonissi ( insieme Koufonisia…  che da casa proprio non mi spiegavo i due nomi, una volta uno, una volta l’altro a seconda del sito) fa parte delle Piccole Cicladi, autentici gioielli, dove tutto è bianco, blu e lontano, lontano dalla pazza folla:-).

Sull’isola pochi negozi, qualche locale, diverse taverne, qualcuna sul mare,  e le chiacchiere dei locali sulla strada principale, che ritorna ad affollarsi al fresco della sera.
E’ allora che compaiono tavoli e sedie per strada, si lanciano i dadi sull’immancabile backgommon di legno e si bevono frappè ghiacciati.

Certi luoghi, come Koufonissi, sono di quelli che bisogna fare in fretta ad andarci perché il rischio è che fra una manciata di stagioni tutto cambi e certi volti non ci siano più. 

I tramonti più belli si ammirano dopo il porto nuovo, spingendosi più avanti ci sono una chiesetta e un mulino che abbiamo scoperto si può affittare per dormire (Mr B. ha promesso di tornarci solo per quello:-)  

Le spiagge si girano a piedi, in bicicletta o in caicco. Noi abbiamo optato per la bicicletta e in una mattinata siamo arrivati nella baia di Pori: mare trasparente da una parte, blu intenso e irrequieto dall’altra.
Ho creduto di morire su una salita, ho tergiversato con la scusa sto fotografando, ho fatto tappa per ammirare il panorama e mostrare pecore, mucche e ovini all’Aliciotta, ma sono arrivata subito in coda a Mr B. e la pupetta. 

Il nostro viaggio si è chiuso come un cerchio: arrivati nel caos di Mikonos siamo ripartiti da quello di Santorini. Poche ore per rimanere affascinati da un luogo che da lontano pare lunare, con i suoi centri aggrappati e sospesi intorno alla caldera, e una volta immersi ti travolge per la moltitudine di gente con la quale sei costretto a condividerlo:-)

La promessa nel nome è stata pienamente mantenuta (ne avevo parlato no del cerchio che descrivono le Cicladi intorno a Delos:-), andateci che per ognuno il cerchio si apre e chiude in maniere diverse e sorprendenti:-)

 Per informazioni potete consultare:

www.naxos.com

www.turistipercaso.it (per me un must per ogni viaggio:-)

www.koufonissia.net

www.koufonisia.net

 

Aperanto galazio

Aperanto galazio. Blu immenso. Per me un’ubriacatura di bianco e blu:-)

Lo so, quando si pensa alle isole grece, tanto più le Cicladi, l’immagine che immediatamente si associa sono le case, in calce bianca e imposte blu.
Fa talmente parte dell’immaginario collettivo, tipo il sushi per i japp, gli spaghetti per gli italiani e cicale e lavanda per la Provenza da diventare uno stereotipo. Cosa che solitamente mi costringe a cambiare direzione e cercare altro. Ma questa volta, stereotipo o no, mi sono lasciata prendere dall’ubriacatura di bianco e blu. Sarà che sono in pieno periodo bianco (l’ho detto no che mi piace sottrarre, sottrarre, riassumere, riassumere, e il bianco vi assicuro è talmente perfetto dal design all’abbigliamento allo stato mentale che ne ho fatto il mio ultimo credo), sarà che il blu placa la mia ansia di spazio poco circoscritto, sarà che con l’Aliciotta tutto si vede con occhi nuovi… bè benedetto stereotipo, grazie di esistere:-)

Tra l’altro ho scoperto che c’è persino una legge che obbliga al doppio cromatismo (anche se pare che negli ultimi anni almeno  sulle imposte ci si possa sbizzarrire). Figuratevi una legge: chissà una cosa del genere cosa avrebbe potuto in Italia:-)

Una lunga premessa per dire che siamo in Grecia, Mr B., Alice ed io, abbiamo già girato due isole più una – che Delos è un grande museo archeologico all’aperto disabitato e conta la metà:-)

Dopo una sosta a Mikonos (osteggiata da Mr B,, imposta dalla sosttoscritta per la già citata Delos), ora stiamo a villeggiare a Naxos (definisco così l’essere stanziali a 50 metri da una spiaggia, comunque abbastanza isolata, per Mr B. la vera vacanza, che ognuno ha il suo punto di vista)… I miei due compagni di viaggi, ognuno per i suoi motivi, pare abbiano apprezzato i primi giorni. 

Alice ha capito che i leoni le incutono un certo timore anche se hanno perso la voce da qualche millennio, che le statue la affascinano incredibilmente e che bè, sarà ancora un po’ bebè, ma l’assaggio di moussaka e tatzichi (per l’orrore di mamma e la gioia di papà) è stato un vero piacere… Mr B., a corto di una valigia, ha apprezzato il passaggio nella Piccola Venezia greca per munirsi del minimo necessario per sopravvivere (arrivato a Naxos ha affermato felice che ormai sa di poter viaggiare con non più di due cambi, beato lui:-) 

 

Mikonos: c’è troppa gente, troppo caos e i prezzi, lasciamo perdere. Però se vi capita di farci scalo fermatevi. Giusto il tempo per un rapido giro ad Hora: il centro tutto bianco e blu è affascinante, la Piccola Venezia non ha nulla a che vedere con la Serenissima ma il tramonto vale un aperitivo a base di mezedes. Se avete qualche ora che vi avanza, spingetevi fino a Fokos, pranzate alla Taverna omonima e godetevi un bagno lontano dalla folla di Mikonos.

E poi Delos, la ragione per la quale ho voluto fermarmi a Mikonos: è l’antica isola sacra al dio Apollo a dare il nome "cicladi" alle isole che appunto descrivono un cerchio attorno ad essa. Qui vita e morte in epoca ellenistica erano bandite: era una città di luce dedicata al dio del sole e della musica. Andateci e capirete perché.  P.S. L’Aliciotta (formato un anno e un pezzo) era uno dei visitatori più giovani (che dopotutto Mr B. è abbastanza stoico e io temeraria) e nel suo indicare e sgambettare uno dei più soddisfatti.

Wireless permettendo, a breve i prossimi aggiornamenti sulla cucina greca (credo di aver mangiato mai così tanta feta in così pochi giorni, annaffiata da ouzo e dolci, vedi baklava e kataifi (questi sono i simili ai primi ma direi che si riesce ad affrontarne almeno la metà in solitaria), che più dolci non si può, e un paio di chicche su Naxos (mica pensavate che stavamo veramente fermi, fermi, no?)

E poi Koufonissi, l’isola piccola, piccola, dove sogno di riuscire a smaltire tramite bicicletta tutti gli assaggi che ho voluto fortissimamente fare da quando sono arrivata (che devo pur provare se poi voglio sperimentare at home). 

Da Fiè a Siusi: ein Fruehlingstraum

Una volta era il roseto del re Laurino e dei suoi nani. O almeno le leggende raccontano così. Perché l’alpe di Siusi, uno dei paradisi naturalistici più belli dell’AltoAdige, vanta tutta una serie di storie, più o meno vere, di principesse, nanetti, guerrieri e streghe. 

Le sue cime frastagliate ricordano nella luce del tramonto il fiabesco roseto (e si chiamano per l’appunto Rosengarten). Sarà per queste leggende, sarà che per la seconda volta ci siamo capitati Alice, Mr B. ed io sul finire della primavera, io sono letteralmente “caduta in estasi” (senza sindrome di stendhal, che qui c’era da trottare) per l’innumerevole quantità di fiori, erbe e relativi cromatismi presenti in questa stagione.
Risultato? Non ho fatto altro che fotografare ranuncoli, arnica, melissa, stella alpina & Co. (ma il mio preferito è stato di sicuro il soffione che, candido e leggero come qui, non ne avevo mai visti).

  

 

Mentre canticchiavo per Alice di un fantomatico elefante senza proboscide in partenza per il Congo (sapete com’è, per aver un po’ di quiete si fa di tutto), ripensavo a quei versi “Per fare un prato ci vuole un filo d’erba e un’ape, un filo d’erba e un’ape, e un sogno”, che, da quando sono mamma, nello sdoppiarmi (e nel frattempo rispondere anche uhm, uhm a Mr B.) non mi batte più nessuno. 

Memore di un delizioso latticello (si ricava dalla trasformazione della panna in burro, Buttermilch), bevuto l’anno prima dopo una camminata fino a 2600 metri (con tanto di foto che documenta l’Aliciotta nello “zainone”, sulle spalle di Mr B.), ho voluto fermarmi in una malga sulla via di ritorno (che pranzato avevamo purtroppo già pranzato).

 

Scelta non fu mai più indovinata (fortunata, visto che, a questo giro, proprio non mi ero informata) perché la malga Schweige di Franz Mulser è una delle tappe gastronomiche più interessanti dell’altipiano.
Lo chef, grembiulone blu (che più altoadige non si può) e cucina due metri per due, è conosciuto per la sua creatività che mette erbe e fiori di montagna in “pentola”.



Ed è qui che mi è venuta l’idea di utilizzare un mix di erba e fiori per creare qualcosa per i più piccoli (che dopotutto è l’Alicina la protagonista delle ricetteJ

Veniamo ai consigli… Andateci: dicono che “chi vede l’Alpe di Siusi in fiore, non può che rifiorire”, credetemi è vero. Andateci: i bambini impazziranno per gli animali liberi, mucche, cavalli, puledri e asini. Alice era tutto un additare e fare sì, sì: per lei, felicità al massimo grado.
Andateci: Fiè è uno dei paesini lì vicini, piccolo, piccolo, pare sospeso, il campanile, un’antica pieve e le montagne. E in centro un ristorante-albergo, il Turm, che è una favola (ha avuto successo persino con l’Aliciotta formato dieci mesi).

Infine dicono che la montagna aiuti a meditare ( l’esperienza di Nietszche & Co. insegna). Magari vi chiedete da dove venite e dove state andando, ma soprattutto, come la sottoscritta, "Chi ha fregato la marmellata"?. Chissà mai che troviate la vostra risposta.

All’Alpe di Siusi potete comodamente salire con la cabinovia e poi camminare senza troppe difficoltà sull’altipiano (altezza 1930 metri), oppure scegliere di salire fino ad uno dei rifugi più in alto (e noi l’anno prima, Alice al seguito, l’abbiamo fatto). Se invece preferite (causa bambini piccoli e consigli pediatra & Co) rimanere più in basso, ci sono delle belle passeggiate attorno al laghetto di Fiè (col passeggino ci andate che è un piacere, non come noi che ci muoviamo sempre con il fatidico zainone, per la felicità di Mr B:-)

Per saperne di più www.seiseralm.it

Lasciando da parte strudel, canederli e speck che dopotutto è difficile non conoscerli e per i bebè non sono tanto indicati, il mio souvenir è tutto “vedo primavera”:-)

Risotto della strega di Siusi (per i piccoli)
Zuppa di fieno e speck (per mamma e papà)