Di biscotti saraceni, partenze e cappellini scacciapioggia

C’era una volta un biscotto che sperava di essere proprio un cappellino, di quelli buffi da mettere sotto la pioggia. Bè lui, impastato a farina grossa di grano saraceno e riso, proprio ci sperava. Incappò nella pupa, quella che si alza in alto, alto, si infarina che pare un pupazzo di neve e con la vocina reclama il proprio bottino. Giusto un pezzettino per far da sola, altrimenti che gusto c’è? Fortuna volle che appena sfornato e gobbosetto (qualcuno era stato poco attento a cucire bene il sopra e il sotto) arrivò la pioggia e alla fine un cappello è cappello e quando non ci si vuol bagnare anche un biscotto non è poi tanto male. E l’uccellino stupito? Che voi avete mai visto qualcuno uscire con copricapo biscottoso?

 Di tutte le ricette messe insieme col cesto d’uva (e stavolta è propria finita!) questa mi ha dato le soddisfazioni maggiori. Ok, non è stato assalto al primo morso come la focaccia (che buona!!), non mi sono sentita molto "proustiana" come col sugo all’uva, ma ho creato veramente di sana pianta mia e ho diviso l’impasto con la pupa (e il cappellino ancora ne risente:-)).  E c’è ancora mia nonna che scuote la testa e mi chiede come "cavolo faccio a cucinare con l’aliciotta": bè la nonna bis non è notoriamente conosciuta per la sua pazienza dai tempi in cui fece sparire sotto il naso di uno zio il piatto dove stava ancora mangiando mucho (troppo) lentamente per lei:-). 

La pupa da parte sua ha vissuto il biscotto copricapo come un successo culinario da ricordare: ne sa qualcosa Mr B. che è stato costretto a "cibarsene" tra l’aperitivo e la cena. 

La sottoscritta è lieta di comunicare che chiude così la sagra dell’uva e giusto, giusto per una settimana la cucina (pure a ottobre qualcuno se ne va on the road). Della serie torno subito ma anche no:-).

Che cosa aspettarsi nel frattempo? Personalmente che il mare sia di quelli autunnali: poca gente, spiaggia deserta, dune, sagre e miniere e un sacco di fotografie da fare che magari poi ve lo racconto.

Voi? Bè spero facciate i biscotti buoni quanto i nostri (e sì, buoni lo erano) magari dalle forme più nobili che mica può sempre piovere!

piesse: dimenticavo l’impasto è di quelli senza glutine, solo farina di grano saraceno e di riso, io per quello che riguarda il primo tipo ne ho utilizzata una a grana non finissima che ha fornito ai biscotti un gusto tutto particolare. 

Formato? 18-24 mesi (che c’è tanto zucchero e burro:-))

 

Ingredienti

130 gr di farina di grano saraceno

170 gr di farina di riso

1 uovo + 1 tuorlo

100 gr di zucchero di canna

scorzetta di limone

un pizzico di cannella

90 gr di burro

un cucchiaino di lievito

uva in chicchi (o mosto d’uva)

ricotta

 

Procedimento

Montare il burro sbattendo con la frusta, aggiungere lo zucchero e quindi l’uovo e il tuorlo, la scorza di limone e la cannella. Unire a pioggia le farine, quindi il lievito. Finire di impastare a mano, avvolgere nella pellicola e riporre in frigo per un’oretta. Riprendere l’impasto e stendere. Dovete ricavare con una forma di taglio biscotti tonda la parte sotto e quella sopra. All’interno io ho riempito con ricotta macchiata con mosto d’uva o con ricotta e chicchi d’uva a metà. Infornate a 175° per 10-15 minuti: i biscotti saranno pronti quando dorati ma morbidi. 

 

 

Pancakes alla moda di molti:-)

Per questa ricetta mi è venuto in soccorso un vero plotone di chef, cuoche e dee, oltre, of course, alla cucina americana in breakfast style. L’idea, mi spiace per chi di uva non ne può proprio più, era di preparare i supertradizionali pancakes con la rifinitura di chicchi d’uva. Poi il gioco mi ha preso la mano. Ho cominciato a farci un sacco di giri attorno, a sbirciare nelle cucine di altri (ad esempio le dee Nigella e Donna Hay) e a voler fare a modo anche un po’ mio.  E dopotutto fare i pancakes dolci che divertimento c’è? Ecco allora che ho scelto la versione salata e al posto dello sciroppo d’acero ci ho piazzato dell’italianissimo miele di castagno. Come dire ho fatto un gran miscuglio di tradizioni, stili eccetera, eccetera.

 

Questo è un periodo in cui ho una vera e propria fissa per gli impasti con farine alternative (il più riuscito versus Alice trattasi di focaccia con farina di ceci, che non è farinata ma per l’appunto focaccia).  E pure i pancakes per buona pace del popolo a stelle e strisce non sono passati indenni: la sottoscritta ha decretato kamut. E farina di kamut è stata usata.

 

Confesso che la pupa non pare avere una grande predilezione per il pancake, non è andata matta per la versione dolce, preparata tempo fa, non sembra aver avuto gran successo quella salata, almeno fino a quando non ci ho aggiunto del formaggio fresco sopra. Per il momento crepes e blinis battono 1 a 0 pancakes.

E voi cosa preferite? Bè, magari siete del partito "french toast": la sottoscritta lo adora da una colazione in Provenza di anni e anni fa, anche se pare che di francese abbia giusto l’aggettivo del nome, non l’origine, ma io ai tempi mica lo sapevo:-).  

Torniamo al pancake: in realtà per i pupi può essere una simpatica digressione sul tema uova e dintorni, alternativa a frittate, omelette e crepes. 

La versione dolce si può arricchire di frutta fresca, quella salata di verdure, prosciutto o uva, come abbiamo fatto noi:-).

Il formato? 18-24.  La versione salata, accompagnata da verdura, costituisce piatto completo:-).

piesse: si ringraziano Nigella e Donna per la divagazione alla ricotta:-)

Ingredienti (per una 20 di pancakes)

100 gr di farina di kamut

70 gr di farina bianca

2 uova (albumi e tuorlo separato)

100 gr di ricotta

200 ml di latticello ( o 100 latte+100 yogurt naturale)

un pizzico di sale

una manciata di uva nera

miele di castagno

1 cucchiaino di lievito istantaneo

 

Procedimento
Mescolate la farina con un pizzico di sale, il lievito, i tuorli, la ricotta e il latticello (latte+yogurt). Aggiungete gli albumi montati a neve delicatamente. Fate risposare qualche minuto, unite gli acini di uva. Riscaldate una padella antiaderente unta con poco burro. Mettete un cucchiaio abbondante di impasto e cuocete prima da una parte poi dall’altra. Se volete potete tagliare poi i pancakes con una formina (ma anche no:-)) e servire con miele di castagno e altro formaggio (tipo latteria gratteggiato).

 

 

 

 

Se è autunno chiedetelo all’estate.

E’ stato così che ho scoperto che se l’autunno inizia per l’appunto il 23 settembre è tutta colpa dell’estate. Le stagioni, spiega la geografia astronomica, hanno una durata diversa (e io che ero convinta durassero tutte allo stesso modo, beata ignoranza). Invece è proprio come i mesi: la conoscete quella canzoncina tormentone che tutti ne han 31 e solo quel poveraccio di febbraio ne ha 28 ( e a volte 29)? Bene mi chiedo perché non l’abbiano fatta anche per le stagioni visto che c’era la fregatura.

Quindi ieri era il primo giorno di autunno e io che sono ancora nella fase uva (passerà prima o poi) ci ho fatto il filetto di maiale.

 

Qualche giorno fa qualcuno mi ha detto che aveva cercato sul blog una serie di ricette verdura/frutta perché i suoi pupi proprio non ne volevano sapere dei suddetti. "E sai sul Cucchiaino, c’è grande abbondanza di ricette senza carne…". Bè sì, ho pensato, però qualche volta la carne pupa, pupone e la sottoscritta la mangiano:-). Ecco un esempio.

 

Partiamo dalla premessa. Personalmente non amo particolarmente la carne di maiale (e che non si era capito?:-)), e sarà per questo, sarà per l’"indole cucineresca" di solito, quando la faccio, cerco sempre di giocare al "camuffamento" (ebbene sì…). Ossia l’abbino a mele, prugne o albicocche secche, bacche di ginepro, un paio di chiodi (di garofano) e trito di erbe aromatiche. Il risultato? Bè, buono. 

Avevo l’uva, avevo un filetto di maiale intero (acquistato in una gita in montagna) e come orami sappiamo tutti, ma proprio tutti, è autunno.

Mi sono divertita a farci una specie di stufatino più per mamma&papà che per pupo bebè. 

Ho lavato l’uva, ho eliminato i semi, ho tagliato il filetto a piccoli pezzi, ho fatto rosolare in un cucchiaino d’olio in casseruola la carne con trito di erbe, un paio di bacche di ginepro e chiodo di garofano, mezzo cipollotto tagliato sottile, uno spicchietto d’aglio, ho aggiunto l’uva (nera e bianca), ho bagnato con brodo vegetale (o acqua tiepida) e cotto a fuoco lento per un’oretta. Ho giusto aggiunto un pizzico di sale.

Infine ho servito con una manciata di cous cous a testa.

 

Come detto questa è ricetta più da Cucchiaino di mamma&papà oppure per formato "duenne", basta tagliare a piccoli pezzettini la carne e non esagerare con le spezie.

Le dosi (per tre)? circa 400 gr di filetto di maiale, una ventina di acini di uva (fra nera, rosè se l’avete e bianca), bacche di ginepro, chiodi di garofano, mazzetto aromatico (rosmarino, salvia…), 1/2 cipollotto, 1 spicchio di aglio, un paio di cucchiaini di olio EVO, sale, circa 120 gr di cous cous bollito (come indicazioni sulla confezione).

piesse: ma lo sapete voi che ieri, in tutta la terra, il giorno ha avuto la stessa durata della notte? Ah, sì, bè, ciao, ciao:-)

 

 

 

Focaccia dolce all’uva: sa di autunno

 

Sa di autunno, basta fare un morso, affondare i denti, e perdersi. Deve essere calda, magari appena sfornata, con quel croccante proprio dell’essere focaccia, ma dolce, che proprio non te lo aspetti. Risultato? Provate a guardare le foto. 

Questa è Alice, ora 16.30, giusto rientrata dall’asilo. Direi passione al primo morso:-). Confesso che condivido. Non ho mai apprezzato le focacce dolci acquistate un paio di volte dal panettiere. Mi sono sempre parse un ibrido, poco, poco convincente. E invece questa all’uva l’ho trovata "a-d-o-r-a-b-i-l-e". 

Questo è il secondo esperimento con l’uva della cesta. In realtà niente di nuovo perché con la ricetta, di origini toscane, si sono cimentati parecchi. Bè, naturalmente, come mio solito ci ho messo qualche sperimentazione, con indubbio compiacimento: dopotutto la cucina è libera, democratica e se è creativa, ancor meglio. 

L’intenzione, quando l’ho fatta settimana scorsa presa dall’ebbrezza della "vendemmia", era di farne il piatto del 21, giusto per l’inizio dell’autunno (che per quanto ho scritto e magari avete inteso per me pareva già bello che arrivato). Poi ieri sono stata travolta da una serie di eventi.

Dall’aliciotta felice che per due giorni si è disperata (ma veramente disperata con grida e così via) all’arrivo all’asilo: direte, è normale, bellezza, bè la mamma si preoccupa, soprattutto se così non fu mai:-). 

Poi dalla chiacchierata fatta a Milano, ospiti di Prenatal, con Valentina di Design per Bambini, Sara di Smamma e Chiara di Machedavvero(ho letto in poche ore il suo libro "Quello che le mamma non dicono", e devo dire che da parecchio non mi facevo così tante risate, riconoscendomi, stando seduta in poltrona) e Chris Wilson (sempre di Prenatal).
Personalmente mi sono divertita parecchio,  per una volta ho parlato poco, poco o quasi (che ero lì a moderare:-)) e ho soprattutto scoperto delle persone reali, interessanti e con molte cose da dire. 

Ad un anno e poco più dalla messa on line del Cucchiaino, sono stata felice di aver più volte cambiato strada (almeno nel lavoro) perché tante cose non sarebbero altrimenti state:-).

 

La ricetta. Io ci ho fatto giusto due divagazioni: i semi di anice e l’uva schierata di tutte le fogge (dovevo pur terminare la mia cesta, no?).

Ingredienti

500 gr di farina manitoba

12 gr di lievito di birra

120 gr di zucchero di canna

600 gr di uva (fragola, bianca, nera…)

olio EVO

semi di anice

 

Procedimento

Sciogliete il lievito di birra in poca acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero. Lasciate risposare per qualche minuto (il lievito schiumerà e crescerà). Unite il lievito alla farina con 2/3 dello zucchero, aggiungete un cucchiaio di olio e impastate aggiungendo acqua quanto basta per ottenere un impasto morbido ma compatto (se usate il robot sarà pronto quando un’unica massa di attorciglierà al gancio). Prendete la palla, mettetela in un panno umido o ancor meglio in una ciotola e lasciate lievitare in un luogo caldo (ad esempio il forno a 35°) per un paio d’ore. Riprendete l’impasto, dividetelo in due parti e stendetelo su carta da forno: prima una parte, coprite con l’uva (togliete se possibile i semini), qualche seme di anice e spolverate con lo zucchero di canna. Ora stendete l’altra parte dell’impasto e sovrapponetelo sopra, ripiegando i bordi per unirli e chiudere.  Condite la parte sopra con olio, uva, zucchero e semi di anice. Posizionate in forno a lievitare per un’altra mezz’ora. Quindi cuocete a 210° per venti minuti circa. 

 

Il sugo di uva fragola

Quando ci ho affondato il Cucchiaino mi sono ritrovata bambina, mi è parso di sentire forte il sapore di quelle corse, di quella felicità di sporcarsi e ritrovarsi chiazzati, mani, lingua e naso. E poi ho sentito l’autunno (lo so, l’ho già detto, manca ancora qualche giorno) intenso come il profumo dell’uva fragola. 

Ed è strano, molto strano, perché di solito mi porto l’estate dietro, quasi che tenendola stretta possa farla durare di più. E quest’anno è stato tutto il contrario. Saranno state le nuvole dell’estate, sarà stata l’uva, sarà che ho passato un paio di giorni a lavorare sul Natale, sfornando biscotti e scrivendo di Santa Klaus e dintorni. Bè per me è già autunno e poco ci manca che senta pure le sante feste vicine (e di queste nei prossimi giorni mi devo assssolutamenteee disintossicare che non è cosa buona:-)). 

 

Ho aspettato un anno, un intero anno di cimentarmi col sugo di uva fragola. L’idea mi è stata messa in testa da una di voi (Elisabetta, mi riferisco proprio a te) che me ne ha parlato nei commenti più di una volta. E devo dire che mi era venuta una gran curiosità. 

Se penso budino  non è che abbia ricordi di "alta cucina", certo penso alla mia infanzia che mia madre (bravissima in tante cose ma non in cucina:-)) di preparazioni pomeridiane in bustina non me ne ha mai fatte mancare (se legge, mi spara!). E i budini parevano perseguitarmi: pomeriggi di studio dalle amiche, e la mamma di casa che propinava? Bè budino. 

 

Bene, cancellate tutto e fate rewind sul budino di uva fragola: è un’altra cosa. C’è l’infanzia dentro, ma quella che sa di pergolati, campagna e lingua colorata da mostrare (e su questo confesso di aver ingaggiato gara con la pupa al suo rientro dall’asilo con riprovazione di Mr B.).

Dunque questa è la prima delle ricette dove ho utilizzato il mosto "stellare" e di quella la preparazione ve la andate a vedere qui.

Per la preparazione del budino mi sono affidata alla ricetta che mi aveva segnalato Elisabetta, anche se ammetto che non ho resistito e un paio di modifiche le ho fatte.

Durante la cottura dell’uva non ho resistito e ci ho aggiunto una piccola stecca di vaniglia, mentre ho preferito sostituire alla farina la maizena (che mi pare più neutra come sapore finale).

Il bello della ricetta? Facile da fare, bè ci vuole un po’ di tempo a sgranare gli acini e poi schiacciare ma se vi ci mettete con un pupo vi assicuro passa più in fretta.

Il formato? Dall’anno in su è perfetto per la merenda di metà pomeriggio e non solo:-).

 

Ingredienti

400 ml di mosto di uva fragola

2-3 cucchiai di maizena 

1 cucchiaino di zucchero di canna

 

Procedimento

Mettete il mosto in una pentola e stemperate la maizena, aggiungete il cucchiaino di zucchero di canna. Fate scaldare a fuoco dolce fino a bollore. Lasciate raffreddare e poi riempite delle ciotole o stampini. A riposo per qualche ora e poi via col cucchiaino:-)

 

L’uva a settembre

Quando l’altra settimana, ancora in viaggio per un weekend di quelli che durano troppo poco, mi è stato annunciato il suo arrivo poco ci mancava  che mi prendesse un colpo. Perché di mettermi a fotografare quelle cinque o sei varietà di uva in rotta di cuffia proprio non mi garbava.  Aggiungeteci il vento e la pioggia (siamo dalle mie parti, vedi valpadana, una settimana fa) e soprattutto un caricatore di macchina che dopo affannosa ricerca ho scoperto dimenticato sull’isola. E’ bastato sentire il profumo di quel cesto di uve di vigneto (bè nel senso che erano state recuperate dalle parti di Treviso da chi con quelle di solito ci fa il vino) per cambiare idea.  

Ho sentito l’uva fragola, l’Isabella, nera e poi quella bianca e completamente conquistata ho capito che ero pronta all’autunno. 
Lo so, direte, mica è il 21, eppure oggi mi ha preso quella mia malinconia di fine estate, che sa di luce tiepida, profumo di marmellata e suoni che si fanno più lievi. Da ragazzina sentivo questo passaggio di stagione in maniera più forte di qualsiasi altro.

Non era solo la tristezza del fine vacanze, o la corsa ai compiti che dovevo terminare (sempre in ritardo, sempre nella mia vita) o tutti quei "farò e sarò" che ancora oggi metto in fila, ma erano quelle pedalate pomeridiane dove avvertivo l’aria, la luce e i profumi tutti mutati e non vedevo l’ora di cominciare a calpestare le foglie secche e raccoglierle tra le pagine del prossimo libro. 

 

Ho fotografato e fotografato e fotografato un sacco di uva  (come da richiesta del gentil donatore di cesta) nella bora che tirava sul mio terrazzo (e non sono di Trieste).
Qualche acino, sparso senza ordine in cerchio, si è pure divertito a creare colli alla Modigliani (grazie alla matita di Miss Cia).

Quindi nell’ebbrezza ho aperto la "vendemmia":-).


Bè proprio tale non la definirei, giusto una "pigiatura" e cucina monotematica. 

La cosa divertente? La pupa, senza dubbio. Tornata dai primi giorni di asilo, è stata totalmente coinvolta nel progetto e da buona manovalanza ha fatto entusiasta. E confesso che senza di lei a sgranare e poi schiacciare tutta quell’uva sarebbe stato un gran pacco, ma così tutto è cambiato.

E se l’anno passato l’uva era "quella che rimane", quest’anno ha il sapore del mosto, mio e di Alice.

Formato? 10-12 mesi.

Perché fare il mosto con un pupo? Fatelo e capirete. E poi iniziate a contare le stelle.

piesse: caso mai qualcuno non l’avesse inteso ci saranno giusto quelle quattro, cinque ricette a base di uva.

 

Ingredienti

1 chilo di uva fragola

1 pezzetto di stecca di vaniglia

Procedimento

Lavate e sgranate i chicchi d’uva. Metteteli in una pentola con la stecca di vaniglia. Cuocete a fuoco basso fino a quando gli acini si sfalderanno. Nel caso aggiungete un paio di cucchiai di acqua. Prendete un colino abbastanza ampio (o un passaverdura) e schiacciate l’uva ricavando il succo. Lasciate riposare qualche ora e poi fatene l’uso che preferite (tornate a trovarci se non avete alcuna idea:-)).