da miralda | 16 Feb 2010 | 12-18 mesi, L'ora della merenda, La colazione, Li'l spoon in London

Non ho grande passione per l’inizio settimana. Però siamo a Londra e dopotutto devo sfruttare i due forni di cui è dotata questa cucina, senza pentole e tegami. E poi c’è Alice rimasta imbrigliata nel sistema prescolastico inglese che prevede a febbraio una settimana di half term. Niente di più facile per consumare il tempo di impasti e biscottamenti.
La pupa ci si tuffa felice e contenta, aggiunge, aggiusta, assaggia e riassaggia.
Pretende ad ogni attimo di dosare il baking powder e riassaggia. La sottoscritta tenta, invano, di regolare e consigliare, di parare i colpi sull’obiettivo nuovo, nuovo e di salvare un minimo impasto (personalmente preferisco la versione dopocottura). Fortuna che la ricetta è di quelle semplici, a prova di pupo. Nel senso che quando hai in mano pochi ingredienti, niente da sbattere o frullare, puoi pensare di ottenere un risultato mangiabile anche con la pupa che pare essere uscita da uno di quei programmi di cucina di Gordon Ramsay (della serie fast and furious).

A Londra poi cucinare con i bebè sembra essere “so fashion”. Non c’è scuola, corso, club e pure supermercato (da Wholefoods c’è la kidsection il lunedì) che non abbia il suo angolo di “kidscooking”. E non c’è libreria dove non ci sia una bella sezione con le ultime novità “su cosa, come e quando cucinare con il bebè”. Come dire altro che cucchiaino.
L’idea è di sviluppare regimi alimentari sani creando consapevolezza fin da piccoli su ciò che si cucina e si mangia. Devo confessare che mi ha stupito quanto tutto questo sia diffuso proprio nel paese dell’English breakfast e gravy a gogo. O forse è proprio questa la ragione, voi che dite?
Pensate che un paio di anni fa il governo ha promosso una campagna di insegnamento obbligatorio nelle scuole di cucina, giusto insieme a matematica e abc francese.
Un vero e proprio piano di combattimento contro la diffusione sempre maggiore di obesità infantile che ha avuto nel Jamie nazionale il suo Ministry of Food. Nel senso che quest’ultimo si è lanciato nella rivoluzione dei costumi gastronomici, al grido rivoluzionario “Tutti possono imparare a cucinare” (non vi ricorda un po’ un certo topo in quel di Parigi?).
Certo, e che velo dico proprio io, questa pratica mi piace mucho. Tanto che uno dei prossimi lunedì pure l’aliociotta parteciperà alla sessione di cooking al nido ( e ci andrà pure io che voglio vedere!), caso mai le lezioni di mamma non fossero sufficienti:-).
Nel frattempo vi suggerisco questi link, uno dei quali è il sito di Annabel Karamel (grazie Smamma!), una vera istituzione in Gran Bretagna. date un’occhiata al sito e ditemi se sembra una bibbia di cucina per bambini (of course in Bristish style).
www.annabelkarmel.com
www.thekidscookeryschool.co.uk/
www.letsgetcooking.org.uk/Home
www.guardian.co.uk/education/2008/jan/22/schools.uk1
Per tornar alla ricetta siamo ancora in territorio britannico e dintorni. Si tratta di biscotti di riso soffiato, divertenti da preparare ( dalla faccia dell’aliciotta) e da mangiare (parola di Mr B. che ha sgranocchiato dopo il ritorno dalle nebbie inglesi). Tre biscotti (dico tre) hanno subito la variante alice, ossia la sottoscritta per sedare la furia, ops per agevolare lo chef da furba souschef ha suggerito di creare biscotto sorpresa per papà. E così lo chef ha introdotto poco gentilmente, spiaccicando con le manine, il chicco di caffè cioccolatoso.
Tenete conto che il biscotto di riso soffiato è da sottoporre a formato dopo i 12 mesi.
Ingredienti
150 gr di farina
1 tazza di riso soffiato
1 uovo
50 gr di burro
50 gr di zucchero grezzo (o bianco)
scorza di limone bio
2 cucchiai di latte
1 cucchiaino di baking powder
Procedimento
Non ho seguito il procedimento tradizionale che prevede di preparare l’impasto e passarlo poi nel riso soffiato (indovinate perché?). Vi dico come li abbiamo fatti. Mischiato burro e zucchero fino ad ottenere una crema morbida. Aggiunto l’uovo e la scorza di limone. E subito veloce la farina per fermare il continuo assaggio. Risultava non troppo morbido e ho unito due cucchiai di latte (che potete evitare e aumentare di 20 gr il burro). A pioggia il riso soffiato. E girato, girato. Il lievito: in tante ricette non è presente ma desideravo si alzassero un pochino e quindi ci ho messo un cucchiaino di baking powder (se volete fare lo stesso usate un pizzico di lievito per dolci italiano).
da miralda | 13 Feb 2010 | 24-36 mesi, Dal Mondo, Li'l spoon in London
Di haddock e dintorni sapete ormai tutto, grazie alla prima puntata. Si dà il caso però che la sottoscritta di eglefino ne avesse acquistato parecchio al Fish Shop (sì, si chiama proprio così, tanto per non sbagliare). E che da un po’ stesse rimuginando sul latte di cocco e la possibilità di prendere l’ingrediente british e dargli una piccola rivisitazione, diciamo esotica.
Dopotutto Londra è una di quelle metropoli dove viene semplice fare qualcosa come cento passi e sentire gli odori di almeno dieci cucine diverse. E’ di sicuro una delle ragioni per le quali non mi stancherei di viverci (credo che sia pure uno dei motivi per cui qui mangerei a tutte le ore se il mio stomaco, poveretto, me lo permettesse). Nella mia lista ho già sbarrato la cucina malesiana, quella libanese (fantastique!), la giapponese (bè qui niente di nuovo), l’indiana con accenti europei (consumata da Zayka in Kensington Gardens in una delle due serate di libera uscita senza pupi), bè of course british autentica. Le ho provate tutte? Naturalmente no, ma ho buone possibilità viste le tre settimane ancora a disposizione.
Niente di meglio in questa città che sa ogni volta di posti lontani, che prendere dell’haddock e unirlo al latte di cocco. Qui è facile, basta guardarsi in giro, e ammirare la capacità di far convivere la tradizione con l’avanguardia più spinta. Non solo in cucina, ma anche dal punto di vista architettonico. Ad esempio: se camminate da St. Paul Cathedral verso il Tamigi, la Tate Modern con il suo Millenium Bridge si contrappone felicemente al Tower Bridge e alla Tower of London poco più in là. Diciamo circa un millennio di storia che si rispecchia negli edifici senza troppi problemi (nel senso di brutture architettoniche fatte).
Se decidete di andare alla tate arrivate dal ponte, è spettacolare e munitevi di molto pazienza se, pur benedetti di nanna della pupa, avete con voi un Mr B. poco amante dell’arte contemporanea.

Certo anche qui si è parlato in passato di speculazione edilizia (vedi la rapida crescita di grattacieli), nel complesso però finora l’impressione non è stata negativa come in altri posti.

E ci sono anche esempi di nuova architettura al servizio dei più piccoli (vedi il Childhood Museum a Benthal Green), dove in queste settimane ti può capitare, alla mostra Sit Down, di trovarci pure il vasino “ottocento inglese” o il primo esempio di chaise longue per la prima infanzia (altro che Le Corbusier).

Per tornare alla ricetta, considerata l’impossibilità di produrre una vellutata (vedi cucina sfornita di Mr James) ho deciso che era tempo di zuppa. Verdure tagliate piccole, piccole, unite a tocchetti di pesce e latte di cocco, a rendere il tutto più cremoso, vagamente dolce e profumato di luoghi poco inglesi ( devo dire che la ricetta mi ricordava una sorta di zuppa thai). E per finire del lemongrass che qui poco ci manca infili anche nel latte di pupi al mattino:-).
Tenete conto che per via della presenza del latte di cocco la ricetta è da sottoporre a formato di 24 mesi, ma se proprio volete cimentarvi basta rinunciare al tocco esotico, limitarsi a qualche cucchiaiata di latte o brodo vegetale e anche un bebè di 12 mesi non avrà alcun problema. Inutile dire che la zuppa con aggiunta di pepe e sale è ottima anche per mamma&papà.
piesse: se vi riesce impiattate in scodella un po’ meno british style della mia (cominciate a riconoscere il servizio di Mr James e il bordo della finestra dove ormai mi sono ridotta a fotografare?).

Ingredienti
1 filetto di eglefino (o merluzzo all’occorrenza)
2 patate
1 porro
½ scalogno
½ tazza di latte di cocco
lemongrass
olio EVO
Pulite le verdure e tagliate a pezzetti. In una pentola mettete la cipolla con l’olio, unite le verdure, il lemongrass e girate. Bagnate con acqua o brodo e lasciate cuocere per una decina di minuti. Aggiungete il pesce e il latte di cocco. Cuocete fino a quando le verdure saranno morbide. La zuppa dovrà essere bella densa. Servite.
da miralda | 09 Feb 2010 | 12-18 mesi, Dal Mondo, Li'l spoon in London

E’ un po’ come il pudding o l’English breakfast. O il teatime con scones e jam. Perfettamente british, tradizionalmente british. Come la cupola della cattedrale di St. Paul, "da conservare ad ogni costo", ripeteva ogni giorno Churchill. E la chiesa è ancora lì. Pochi passi più in là, in quella che era la via della stampa, piccola svolta a destra e si torna giusto indietro di 400 anni per il pranzo.
Of course, allo Ye Olde Cheshire Cheese puoi scegliere, magari seduto al posto preferito del dr. Samuel Johnson, la ale che fa per te: bitter, mild o lager. Da accompagnare con un pie, magari di fish, o un roast abbondantemente accompagnato da gravy (per la sottoscritta sempre troppo).
O fish and chips, che più british non si può.

E’ affascinante come in cucina possano convivere e rinascere e risorgere (aggiungerei io) ingredienti inflazionati e bistrattati per tanto tempo. Prendete l’haddock o eglefino. Il nome, nella sua traduzione italiana, mi ha subito colpito: pare un incrocio fra un folletto e un pesce. L’idea di cucinarlo in qualche maniera è stata immediata. Ho adocchiato un Fish shop mentre arrancavo in salita verso il nido della pupa. E sulla via del ritorno ho fatto l’acquisto con tanto di lemongrass as a present (bè a dir la verità con quello che costava il pesce niente era regalato).
Tornata a casa ho fotografato e studiato.

Lo so, la cucina inglese in tanti evoca brutti ricordi. Anche nella sottoscritta. Nel mio viaggio studio a Londra, circa un secolo fa, venivo dotata ogni giorno di sandwiches a base di non so più che con un ingrediente che non mancava mai: circa un panetto di margarina (che non ho mai, ma proprio mai sopportato). E poi il gravy, intongoli che bagnavano, affogavano e suicidavano ogni tipo di preparazione. Infine fish&chips a base del pesce peggiore fritto e rifritto.
Qualcosa in realtà sta cambiando, se non è già cambiato nella cucina anglosassone. Sono arrivati gli chef della nuova generazione ad alleggerire, rinnovare ed educare. Certo perché di educazione alimentare qui si parla fin dalla scuola: si sono sviluppati nuovi menù per le mense scolastiche, si organizzano corsi di cucina per bambini ( e ve ne parlerò, giurin giuretta), ci sono siti dove si parla solo ed esclusivamente di cucina dallo svezzamento in poi (diciamo come il cucchiaino ma molto, molto di più come diffusione) e nei ristoranti se non si è bimbo friendly bè si è proprio demodè:-).
Ritorniamo all’eglefino. Il povero pesce di solito, più o meno volentieri, si presta a finire nel fish&chips. Piuttosto che nel fish pie. Una preparazione, quest’ultima, che se fatta con tutti gli onori e alleggerita diventa un perfetto esempio british tradizionale della nuova tendenza. Non per nulla la ricetta l’ho trovata sia nel libro di ricette di Jamie Oliver (messo a disposizione da James, il nostro padrone di casa) sia in "The National Cookbook" di Oliver Peyton. Quest’ultimo è stata una scoperta. Ok, parte in vantaggio con la sottoscritta. Perché parla di cucina, la divide nelle quattro stagioni e ci mette dentro l’arte. E tutti quei quadri, vicino ai piatti, sono un’emozione.
Come scrive Peyton il Fish Pie è un piatto da tutti giorni, di quelli dove ci metti quello che hai. Chiaro, oggi può diventare un superpie se ci infili gamberoni, aragosta etc, ma visto che qui si parla di pupi (e i crostacei sono ancora banditi) meglio scegliere la semplice combinazione di patate e eglefino. Così british e così winter:-).
Tenete conto che ho cambiato solo poco, poco la ricetta di Peyton. Ho eliminato il vino e la salsa al prezzemolo, e ho voluto aggiungere nella copertura alla patata giusto un cucchiaio di farina e un pizzico di lievito, tanto per vedere se così si gonfiava un pochino in più. Il fish pie è formato 12 mesi per via di panna, burro e latte. Potete sottoporre anche a bebè più piccolo preparando la purea di patate con brodo di cottura e giusto un cucchiaino di olio. Il pesce l’ho passate in padella con un goccio sempre di olio e acqua di cottura delle patate.
piesse: dimenticavo, se visitate St. Paul di domenica ricordate che la chiesa è aperta, ma le gallerie sono chiuse così come la cupola, in compenso è sempre aperto il ristorante… nella cripta. ‘Sti inglesi sono stupefacenti.
Lo Ye Olde Cheshire Cheese è poco più in là, in Fleet Street e chiude, alla domenica, 2.30 p.m., sempre o’clock. Dopo il pranzo, prendetevela comoda e fate una camminata a piedi dal Millenium Bridge fino al Tower Bridge (seconda puntata).
Ingredienti
1 filetto di eglefino (o merluzzo o salmone)
5 patate
1/2 porro
50 gr di burro
1/2 tazza di panna fresca
1 bicchiere di latte
2 cucchiai di farina
1/2 cucchiaino di lievito istantaneo (io ho usato la baking powder inglese)
lemongrass (o se non avete scorza di limone)
timo limonato (o normale)
sale (senza se il bebè è poco più di 12 mesi)
Procedimento
Pelate le patate e mettetele a cuocere in acqua. Una volta pronte schiacciatele, aggiungete il burro, la farina, la panna e un paio di cucchiai di latte. Dovete ottenere una specie di purè che finite con il cucchiaino di lievito. Prendete il filetto: fate cuocere giusto cinque minuti in padella con un cucchiaio di latte, i porri affettati, il timo e il lemongrass (o scorza di limone in mancanza). In una pirofila posizionate in fondo il pesce che si sarà un po’ sfaldato e coprite con la crema di patate. Mettete in forno a 180° per 20-30 minuti. Le patate sopra faranno una bella crosticina e si gonfieranno.
da miralda | 03 Feb 2010 | 18-24 mesi, Dal Mondo, L'ora della merenda, Li'l spoon in London
E’ una delle prime cose che ho acquistato a Londra, insieme al lemongrass, la lavagnetta magica di Hamleys e il National Cookbook. Di sicuro è quello che mi ha dato grande soddisfazione. Della serie “lo voglio, lo trovo ed ha pure un prezzo ben al di sotto del mercato italico”. Cinque, dico cinque gambi (si dice così?) di rabarbari, color porporaviolaceo acceso, da utilizzare come frutta ma della famiglia "verdure".
E ho deciso che niente era più “british” di un crumble, soprattutto all’ora del tè.
Semplice, veloce e fatto di poche briciole: giusto fiocchi di avena e farina integrale (ne ho una quantità industriale, avanzata dalla pakkolla), scorza di arancia, poco, poco zucchero scuro e un tocco di burro. E il rabarbaro in tutto il suo splendore, cotto qualche minuto con due cucchiai di zucchero, mezzo bicchiere di latte e un cucchiaino (ce l’avevo e non ho resistito) di latte di cocco.
Con gli scones e il pudding (ne parleremo) il crumble (di solito di mele) è uno dei pezzi forti per il tè delle cinque.
Il teatime per la sottoscritta rimane però ancora un miraggio (e difatti il mio crumble è stato il dolce della cena) che in settimana a quell’ora lavoro mentre la pupa saltella al nido e nel finesettimana è l’orario migliore per girare per musei e gallerie (bè per noi, visto che l’aliociotta è fuoriuso sul passeggino). Indi, mentre gli inglesi e sua maestà sorseggiano dell’ottimo Early Grey, Mr B. ed io siamo impegnati con mummie, fregi del Partenone di ellenica provenienza (‘sti inglesi sono pazzeschi!) e la decapitazione di Lady Jane Grey: lo so, quest’ultimo, a voi non dice nulla, ma a me è rimasto il ricordo di questo quadro da ragazzina al National, sì, sì più dei girasoli di Van Gogh, avevo una fervida fantasia allora.
Sarà ma Londra non ti mette per niente la voglia di fermarti, se poi considerate l’irrequietezza innata della sottoscritta le cose possono solo correre ancor di più.
Ecco quello che è stato il programma del nostro weekend, caso mai qualcuno fosse curioso e volesse trarre spunto per visite future:-).
11.00 a.m.: Cinderella al Lyric. Londra è la città dei musical, dei concerti e delle rappresentazioni shakespiriane. Bene, non solo. C’è una nutrita programmazione anche per i pupi, ma proprio pupi (diciamo dal formato aliciotta in poi).

13.00 p.m.: Portobello market. Mai visto tanta gente e tante chincaglierie insieme. Spostatevi verso Nottting Hill, dove il mercato si fa soprattutto gastronomico e afte tappa a Books for cooks (prometto di riparlarne che qui si fa lunga).

15.00 p.m.: lunga, lunga camminata e ecco che ci siamo spostati verso Chiantown, Soho, giro l’angolo, cammino, cammino.
16.00 p.m.: requiem pupi, il British. Stupefacente. Però i fregi del Partenone potrebbero ritornare a casa, casetta, no?
18.00 p.m.: chiamalo teatime, bè comunque crumble di mele nella cripta. Porzione devastante, la custurd cream contribuisce notevolmente a peggiorare le cose. Requiem della sottoscritta, resurrezione della pupa.
Dimenticavo la ricetta. Praticamente ve l’ho già cantata. Riepilogo, che qui si parla di cucina. Formato? Due anni soprattutto per via del rabarbaro (aspetto però conferma dalla pediatra del cucchiaino). Nel senso che se sostituite con le mele potete agevolmente impiattare per un dodici-diciotto.

Tagliate il rabarbaro a pezzetti (circa 5-6 gambi). Mettete in pentola con un cucchiaino di zucchero e latte (circa mezzo bicchiere). Girate fino a quando si ammorbidisce senza però sfaldarsi (basteranno cinque, otto minuti). Preparate le vostre briciole. Mischiate burro (circa 70 gr), fiocchi di avena e farina (circa 150 gr) e zucchero (50 gr). Se volete potete aggiungere scorza di arancia (io ci ho messo delle scorze caramellate) e granella di mandorle (io non l’avevo e ho lasciato perdere). Dovrete ricavare un impasto a briciole (usate, usate le dita). Mettete il rabarbaro nella pirofila e coprite con il crumble. Infornate per 20 minuti a 180° e servite caldo.
da miralda | 01 Feb 2010 | 9-12 mesi, La colazione, Li'l spoon in London

Alice&io. La mattina. James, il nostro padrone di casa. E Jamie, quello nazionale che ha rivoluzionato e alleggerito, bontà sua, la cucina "british". E la pukkolla, please non chiamatela porridge che questo è un muesli di rango preparato homemade. Partiamo dall’inizio, che la storia pare un pochino complicata quando in realtà è semplice, semplice.
Punto primo. La sottoscritta e la pupa. Hanno ricominciato a vivere la mattina. Tutto all’incontrario rispetto a casa. Moi, pasticcio e lavoro al pomeriggio, l’aliciotta sgambetta con gli amici al nido dall’1.00 p.m. in poi. E la mattina è tutta nostra: breakfast lungo, abbandono della casa veloce, veloce, passeggino, poco e sotto adulazione, minaccia, distrazione e avvistamento dei continui aerei che sorvolano la nostra testa, parco o biblioteca o parco.
Siamo a metà strada fra Holland Park, il parco di "pavone e scoiattoli" (come ha nominato pupi) e Hyde Park, qui pare di essere fra le allegri comari di Windsor, tante sono le papere, le anatre, i cigni, i piccioni e le brigate di turisti e non armati di pane. La cosa fantastica è che al parco ci si va nonostante tutto. Vento? Bè almeno è sereno. Piove? Sì ma poco, poco e almeno non c’è vento. Piove troppo? Basta entrare nella prima biblioteca a portata di mano e parcheggiare il tuo "buggy". La sottoscritta trova pace mentre pupi, con minimo venti bambini, è già coinvolta in "Old Macdonald had a farm". E della biblioteca prometto racconto ampio che ne vale la pena.

Punto secondo. Il padrone di casa. Non lo conosco e a tutta prima pensavo proprio non avessimo nulla in comune: mai avuto simpatia per mobilia classica, tappeti, divani in simil pelle e soprattutto cucine dotate sì di due Creuset (quanto pesano!) ma così vecchie che un’antiaderente Ikea avrebbe fatto la sua porca figura al primo risotto. Poi ho dato un occhio alla mini raccolta di libri all’ingresso. E sono rimasta stupita. Raccolta completa della rivista di Jamie Oliver, un paio di manuali sempre del suddetto e diversi libri di cucina, compresa una chicca su come si sfamavano nell’immediato dopoguerra. E di quest’ultimo vi racconterò. Ok, gli aggeggi in the kitchen sono proprio essenziali, tanto che pensare di far lievitare qualcosa in forno o fuori risulta un’impresa, però sto James con le sue due Creuset e la passione per la cucina naturale di Jamie, mica è così antipatico. Unico appunto: se me l’avesse detto prima, bè, evitavo di trascinarmi fin qui "La cucina naturale" di Oliver (venire a Londra senza cucinare nulla dal tomo mi pareva troppo uno sgarbo).

Punto tre. In parte è già svelato. Da "The return of the naked Chef" ho preso la ricetta di oggi. La pukkolla. Lo so il nome pare strano, a metà strada tra un piano segreto del Kgb e una delle ryhmes di pupi. In realtà è uno di quei comfort food che ricordano una delle pappe di quando eravamo pupi. Per Jamie una sorta di madeleine proustina da preparare a proprio gusto con un giorno di anticipo (nel senso che alla fin fine dovete fare un muesli e quindi potete metterci quello che più vi aggrada).
Io ho seguito il suo consiglio forse fin troppo, ma la colpa è tutta da imputare a Whole Foods dove ho recuperato la materia prima. Ecco qui prendete il vostro sacchettino e scegliete fra una ventina di tipi di cereali, frutta secca e disidrata. Il risultato? La pukkolla ci ha messo giorni a finire:-).
La pullokka può essere formato sotto i dodici mesi: è sufficiente sostituire il latte con lo yogurt e utilizzare frutta secca e disidratata secondo calendario.
Nota a margine della sottoscritta, della serie last but not least. Abbiate pazienza per stoviglie e sfondi che qui come dicevo non è mica la mia di cucina. Di sicuro conoscerete in fretta tutto il servizio, oggi ne avete un’anteprima compresa la conoscenza della piantina di basilico che mi faceva tanto casa e a cui non ho resistito:-).

Ingredienti (ossia come ho improvvisato io il nostro porridge)
Una manciata di fiocchi di avena bio
Una manciata di riso soffiato
Una manciata di frutta secca (mandorle, nocciole, da evitare sotto l’anno)
Una manciata di frutta disidratata (mela, banana, uvetta)
Una mela (io ho usato una Cox ma voi andate di Golden)
Latte o yogurt
Procedimento
Mischiate i vostri cereali con la frutta secca e disidratata. Coprite con latte o yogurt bianco naturale (sotto l’anno). Aggiungete la mela grattuggiata e mischiate velocemente in maniera che non annerisca. Mettete in frigo per una notte. Alla mattina potete aggiungere altra frutta fresca, ad esempio banana o mirtilli (dopo i due anni) e un cucchiaino di sciroppo d’acero. Servite. Naturalmente la pukkolla è fantastica anche per la merenda. Potete preparare la base preferita dal vostro bebè, conservarla in una scatola e utilizzarla all’occorrenza (aggiungendo mela, latte o yogurt).
da miralda | 28 Gen 2010 | 12-18 mesi, Li'l spoon in London, Winterzauber

Manca il sole. Sapete no di quella presenza che più sovente a Palermo ma di tanto in tanto anche a Milano decide di stanziare per un’intera giornata nello stesso luogo? Bene a Londra fa capolino, ma proprio capolino tra innumerevoli nuvole e dura un… respiro. Giusto il tempo "Vai che ora riesco a fare due scatti senza cercare la luce che non c’è" e quello è già bello che andato.
Indi, facile, ma proprio facile capire che la pasta di cui sopra appartiene ad altri lidi.
Perché mai è qui, allora? Bè perché volevo (anzi volevamo che l’aliciotta ha avuto modo di divertirsi) parlare di dinosauri e della ragazza dei suddetti animali. Tale Mary Anning. E quindi niente di più semplice che estrarre dal repertorio cucchiaino un ingredienti di cui sapete già vita, proprietà e beltà: ecco qui. Archiviata la ricetta (don’t worry, il procedimento lo trovate sotto), veloce, veloce giro al museo di Storia Naturale londinese.
Noi ci siamo stati domenica: tranquilla passeggiata attraverso Kensington gardens, avvistamento cani, ancora cani, corridori del weekend superprofessional e passeggini, tanti passeggini. Al museo, chiaro siamo a Londra, tutto è super organizzato: per la serie se hai tre figli, magari quattro e un cane noi ti aiutiamo e la tua visita sarà un gioco da ragazzi. Basta che segui le code, non corri eccessivamente e rispetti le indicazioni sui tempi di osservazione dei dinosauri.
Poi ho visto Mary Anning. Bè non lei in carne ed ossa, poverina, ma la sua foto e la didascalia in bella vista a ricordare che una donna, inglese, di umili origini, colpita da un fulmine da pupetta (non so perché ma questa cosa mi ha riempita di ammirazione, quasi fosse una benedizione divina) era stata la prima a scoprire nel Sussex fossili, ossa, etc, etc… Altro che Darwin e legioni di speleologhi. Women make it better:-).
Piesse: Mary è stata giusto protagonista dell’ultimo romanzo di Tracy Chevalier (Strane creature). Lo ammetto io mi ero fermata alla "Ragazza con l’orecchino di perla" ma dopo aver scoperto la ragazza colpita dal fulmine e scopritrice di dinosauri, tento il bis.

Ripiesse: of course se siete a Londra e avete bambini fate una capatina a vedere i dinosauri, super!

Dimenticavo la ricetta (che dopotutto siamo qui a parlare di cucina).
Il formato bebè è dai 12 mesi in poi, anche se potete sottoporre prima eliminando prezzemolo e scorza di limone, e preferendo una pasta baby.
Et voilà: cuocere al vapore i topinambur. Passarli con qualche cucchiaino di acqua di cottura, un cucchiaino di olio EVO e poco, poco aglio. Lessare la pasta (io ho usato dei tubicini attorcigliati) e condire con la salsa ai topinambur, scorza di limone bio e profumate con prezzemolo fresco.