da miralda | 05 Mar 2010 | Dal Mondo, Li'l spoon in London
Da noi si parla di cucinare per i bambini, di cucinare con i bambini, poco o nulla di pupi ai fornelli (bè si fa per dire). Vi pare impresa impossibile? Idea balzana? Oltremanica è kidscooking mania, nel senso che non c’è asilo, scuola e a volte pure supermercato, ristorante o vip (e figlio di vip) che non ci abbia fatto il suo bel pensierino.
E’ naturale che pure l’Aliciotta avesse il suo momento. Di tutta la faccenda ho apprezzato diverse cose, ma di sicuro la corda, lo scambio di opinioni fra pupi e chef e la degustazione di focaccine bè rimangono da ricordo.
A Primi Passi (il nido londinese di Alice fino a settimana scorsa) i bambini cucinano un paio di volte al mese. In compagnia di Marcel: carino, simpatico, e pare bravo (o forse ben introdotto:-)), visto che si è cimentato pure con Lourdes (siamo in zona Madonna, of course la cantante). E il tutto, sorprendentemente, è la cosa più naturale di questo mondo.
Come?
Si tira fuori la corda. I bimbi si attaccano, trasbordano dalla navata della chiesa adiacente e si dirigono alla cucina. Alice compresa. E qui la sottoscritta ha capito cosa acquistare al ritorno a casa.
Cappellino da chef, sedia formato pupo e tavolo dove pasticciare. Alice è stata fortunata: è capitata nel giorno focaccia. E questo deve averla messa su di giri. Ha impastato, assaggiato (che c’erano dubbi?), ha pulito pazientemente il rosmarino, ha affondato un paio di dita per i buchi, e ha cercato di fregare l’impasto al vicino con la scusa che a lui mica piaceva cucinare. E intanto Marcel distribuiva olio, farina, acqua e salamoia per spennellamento. E io tentavo ad altezza gnomo di evitare impastamenti sull’obiettivo (gelosa della macchina? Sì, soprattutto contando che volevo usarla nei giorni che restavano).
Ognuno ha dato la sua forma, ha spiattellato sulla carta da forno , solo una è riuscita a trafugare un pezzo di impasto (caso mai le venisse fame prima che fossero sfornate le focaccine). Provate ad indovinare chi?

Ho capito che i bambini non dimenticano nulla, ma proprio nulla quando pupi ha ripreso "Marccellooo", lo chef, che apriva il forno per controllare le focaccine.
Devo aver creato aspettative troppo alte sulla crescita dei nostri dolci da estendere il pensiero a tutto quello che necessita di una lievitazione.
Caso vuole che rispuntasse la corda per ritornare al nido e, come dire, pare che l’aliciotta per ‘sta corda abbia sviluppato vera e propria passione, soprattutto se le riesce di mettersi in pole position.
Naturalmente i pupi si mangiano tutto quello che cucinano (e se no che soddisfazione c’è?) e gentilmente lo offrono al loro ritorno a genitori&parenti entusiasti. E anche qui ho capito un’altra cosa. Alice si è mangiata parte delle focaccine, mi ha fatto giusto fare un morso e ha gelosamente conservato per Mr B.
Mi è rimasto invece un grosso interrogativo. Qualcuno mi deve spiegare perchè il paese del gravy è riuscito ad inventarsi il kidscooking, con tanto di politica governativa ed educativa a seguito e noi siamo ancora lì a chiederci se il nostro pupo maschio ci debba proprio giocare ai cucinamenti? Indi per cui più corda per tanti e kidscooking per tutti.

da miralda | 03 Mar 2010 | 6-9 mesi, Dal Mondo, Li'l spoon in London, Winterzauber
L’ho pensato per settimane nel flat londinese che una delle cose che mi mancava di più (oltre il sole) era Mr K.Aid. E’ stato bello ritrovarsi, persino Alice è venuta fuori a mimare il suono (lo so l’ho traviata, completamente). E c’era quel chilo di pastinache, trafugate sapientemente in valigia, e la vocina che mi diceva "Manca una pappa, manca una pappa, di quelle che sanno di svezzamento, bebè e sputacchiate".
Il cucchiaino si è impegnato e voilà la pappa di inizio svezzamento british, a base di radici, tuberi e frutta. Perché è vero che paese che vai svezzamento che trovi (vi ricordate il consommè japp? magari no, che il blog era ggiovane), anche se le basi poi non cambiano di molto, ad esempio l’inizio, sesto mese, l’uso del cucchiaino, evitare ingredienti che possano dare allergie (vedi molluschi, uova e agrumi) e il no-no a sale e zucchero.
Spulciando in rete e sfogliando la bibbia di Annabel Karmel che mi sono portata a casetta mi sono subito resa conto come nello svezzamento si rispecchi quello che succede banalmente facendo cento passi a Londra.
C’è la cucina tradizionale british fatta di pie, pudding e radici, ma anche di avocado, coconut milk, mango, patate dolci e erbe che non siano il solito rosmarino o salvia. Ed è naturale che si trovino primi assaggi di pezzettini di avocado, pappe profumate di coriandolo e allungate con latte di cocco o mash a base di patate dolci e pastinache.

La mia opinione? Bè una che non ci ha pensato molto ad alternare a pasta e riso bulgur e cous cous non può che apprezzare, chiaramente ricordando la regola inglese del "four days": ossia assaggio di boccone nuovo, attesa di quattro giorni "scongiura allergia".
Potevo seguire gli inglesi e con le pastinache fare uno di quei mash con cui nei tempi addietro erano soliti accompagnare pesantissimi spezzatini di carne innaffiati da gravy. Ho preferito una vellutata, della serie comfort food dove si sprigionasse il sapore fresco e dolce dopo la cottura di queste radici. Perché dopo due giorni di overdose sole (mi pareva talmente primavera che ci mancava poco uscissi in t-shirt alla moda anglosassone) oggi mi pare di essere ripiombata nell’inverno grigio con nemmeno la scusa del tempo variabile all’inglese (ergo, impossibile che fra un’ora splenda il sole). Sì direi che sono una ragazza profondamente metereopatica. Nel frattempo Alice si conforta con la vellutata e io con la convinzione che i 21 marzo non è lontano.
Il ramo è inglese, foto scattata a St. James Park il 21 febbraio.

La pappa è formato 6-7 mesi, quindi primo svezzamento. Se proprio le pastinache non le trovate potete sostituire con carote ma non è ovviamente la stessa cosa:-). Per la versione mamma&papà consiglio semplice aggiunta di sale e scorza di limone.
Ingredienti
2 pastinache
1 fetta di mela
1/2 patata dolce
1 cucchiaino di olio EVO
1 cucchiaino di parmigiano reggiano
Procedimento
Pulite le verdure, tagliatele a pezzi come la fettina di mela. Fate bollire in acqua fino a quando sono morbide. Passate al mixer con un cucchiaino di olio
Evo e l’acqua di cottura. Servite (eventualmente con parmigiano).
da miralda | 01 Mar 2010 | 12-18 mesi, Dal Mondo, Li'l spoon in London
Ho passato il weekend in viaggio. Naturalmente Londra- Milano dura un attimo ma ho continuato a sentirmi sospesa da venerdì (giorno prima della partenza) a domenica (giorno dopo l’arrivo). Sarà la casa con quel parquet scricchiolante che ancora mi pare di sentire, saranno quelle valigie con ben 11 chili di extra che Mr B., vista la grazia che ci ha fatto un non inglese all’aeroporto,
mi ha perdonato con una risata quando dall’ultimo trolley ci ha estratto pure un chilo di pastinache (“e queste che cavolo sono?”). Sarà tutta quella Londra che ancora sento addosso. Poi oggi è cambiato tutto: è lunedì, è marzo e qui c’è il sole, ma proprio sole, pieno e sfacciato.
La cucina a casa non ha ancora riaperto, in compenso venerdì, munite di doppio forno londinese, con Alice abbiamo sperimentato la versione salata degli scones.
Perché insistere vi chiederete? Innanzitutto sono tipo maniacale, di quelli che scoperta una cosa (sia uno scrittore sia un regista sia una tipologia british di radici) poi devono immancabilmente sperimentare la serie. Secondariamente, fatto da non sottovalutare, nel frigorifero giaceva una fetta di cheddar di Neal’s Yard (vi ricordate del Borough Market) da far fuori.
Ecco il cheddar è uno dei pochi e rari formaggi che parlano inglese. Provate a pensare a qualcosa di profondamente e banalmente british. I bus a due piani, rossi. I cab neri (mi spiegate perché gli inglesi sono riusciti a conservare dei taxi che ti viene voglia di salire ogni volta che ne vedi uno?). Il Big Ben uno pari con il Tower Bridge e ormai pure con il London Eye.

Gli scoiattoli di St. James Park e i cigni di Hyde Park. L’Alicetta in cabina rossa (ok questo per la sottoscritta). Sorry, please e grazie, thank you. La pioggia.


L’ora del tè e Mind the gap. Il pudding, i pies. E gli scones.
Tenete conto che, come la versione dolce, lo scone si presta al formato 12 mesi, perfetto come pseudo panino morbido da mordere. La mia modifica? Abbassato la dose british di burro e lavorato con qualche cucchiaio di buttermiclh. E profumato con timo.
Naturalmente lo scone salato si presta ad innumerevoli variazione: potete sostituire il cheddar con parmigiano piuttosto che formaggio tipo Emmental o latteria poco stagionato (per bebè sui 12 mesi), o introdurci delle verdure cotte (patate, zucchine ad esempio).
piesse: ancora per qualche giorno il cucchiaino sarà in versione british, non fosse altro per farvi vedere come utilizzo il chilo di pastinache in formato inizio svezzamento
Ingredienti
200 farina
50 gr di burro
2 uova
60 gr di cheddar grattuggiato
timo
1 bicchiere di buttermilch (o latte e yogurt), q.b. per lavorare l’impasto
1 cucchiaino abbondante di baking powder (o mezza bustina di lievito istantaneo)
Procedimento
Simile, simile a quello degli scones dolci (anche se dovete ricavare dei panetti più bassi). Impastare farina (nella quale avete stemperato il lievito) e burro con le dita, mescolare il formaggio grattuggiato, un pizzico di sale e il timo. Aggiungere le uova sbattute (lasciate un paio di cucchiai per spennellare). Aiutarsi con il buttermilch per lavorare l’impasto. Dovete ottenere una consistenza morbida ma che possa agevolmente essere stesa per poi ritagliare i tondi.
Su carta da forno ricavate delle forme tonde non troppo alte (circa 1 cm), spennellate e passate a 180° per 10-15 minuti. Potete mangiarli caldi, caldi vuoti oppure anche tagliare e imbottire con prosciutto, salmone affumicato (sopra i 24 mesi) o del formaggio fresco.
da miralda | 26 Feb 2010 | Li'l spoon in London, Winterzauber

Sarebbe bello poter gironzolare tutti i santi weekend al Borough Market, causa divieto di Mr B. capita che la spesa la sottoscritta la faccia su e giù per la via principale. Una sorta di discesa, nel senso che il tragitto è piatto, piatto, ma la scelta del dove va dal più nobile (e decisamente costoso) Whole Foods al popolare Tesco con la tappa purgatoriale di Marks&Spencer.
Inutile dire dove vorrebbe cadere la mia scelta. Doveroso aggiungere che posso considerarmi una shopping addict nevrotica e poco, pochissimo abituale. Della serie difficile poter appiopparmi una categoria. Se questo era chiaro per tutto quello che concerne abbigliamento e arredamento, decisamente devo farci entrare pure il cibo, almeno qui a Londra.
Siete alla ricerca di bio? Volete sapere, ma proprio sapere che le vostre pastinache sono di Mr Paul, coltivatore da tre generazioni e appassionato di tuberi? E’ facile che tra uno scaffale di zucchine del Sud Africa e barbabietole british, vi venga spiegato tutto per filo e per segno sia all’inferno sia al paradiso. Questa cosa, lo ammetto, mi fa impazzire nel senso che mi spinge all’acquisto. Grazie al cielo c’è pupi che scalpita e distrae e vuole immancabilmente toccare.
Poi capita che oltre al packaging, oltre al racconto con tanto di foto a chilometri zero, si aggiunga il consiglio, della serie "suvvia non penserai di comprare le solite radici, i soliti banali tuberi?". Bellezza guarda avanti e per oggi scegli le radici. Locali e squisitamente british.
E che volete faccia una ragazza di campagna con bebè al seguito in paradiso? Si lascia incantare. Nel carrellino ballerino (è nelle mani di pupi) finiscono in bell’ordine: barbabietola di Mr Ken, cavolo rapa di Mr Patrick, pastinache di Mrs Helen (ecco di queste ne avevo prese anche al Borough), patata dolce di fattoria non precisata ma sempre british e giusto due topinambur.
Poi succede che girato l’angolo, in totale overdose di bio british, adocchi noddle alla soba. E siccome mi piace giocare e le unioni strambe mi divertono, ecco che i classici spaghetti japp finiscono in un ragù vegano british. Tornata a casetta ho aggiunto una manciata di ceci e giusto una carota. A suggellare tofu.
La pupa era al suo primo assaggio di soba, complice il ragù è stato un successo. Un po’ come i pizzoccheri, anche gli spaghetti di soba sono fatti con il grano saraceno, indi perfetti per chi deve tenersi lontano dal glutine.
Tenete conto che il ragù (magari passato e senza cipollotto) va d’accordo col 9 mesi, mentre gli spaghetti sono da rimandare fin dopo l’anno per il formato. In alternativa potete optare per ragù di verdure e crema di grano saraceno per la pappa inizio svezzamento oppure per pastina integrale.
piesse: a proposito di radici, pastinache (lo so da noi è quasi impossibile trovarne), barbabietole, cavolo rapa (non confondete con il sedano!) e carote sono ricchi di vitamine C, potassio, ferro e magnesio. Perfette per ‘sto tempo inglese pioggia costante.

Ingredienti (per pupi&moi)
80 gr di soba
1 cavolo rapa
1 carotina
1 pastinaca
1/2 fette di barbabietola
1 manciata di ceci lessati
1/2 patata dolce
cipollotto o due/tre fettine di porro
olio EVO
40 gr di tofu
erbe per profumare (io ho usato timo al limone)
(sale)
Procedimento
Pulite le verdure (lavate, pelate e grattate). Tagliate a pezzetti piccoli piccoli.
Mettete in padella del cipollotto affettato (o porro) e le erbe (che poi potete pure eliminare) con un cucchiaino di olio. Aggiungete le verdure, girate e bagnate con acqua tiepida o brodo vegetale. A metà cottura unite i ceci. Verso la fine il tofu a pezzetti.
Intanto cuocete i noddle (di solito vanno fatti bollire per 4-5 minuti). Condite gli spaghetti con il ragù. Nel caso invece abbiate formato 9 mesi, passate le verdure (eventualmente fate a meno di cipollotto e cavolo rapa), diluite con brodo e amalgamate con un paio di crema di grano saraceno oppure con pastina integrale (che potete, aggiungendo brodo, anche cucinare insieme al mix di verdure). Finite con qualche pezzettino di tofu.
da miralda | 23 Feb 2010 | 12-18 mesi, Li'l spoon in London, Winterzauber

Charing Cross – London Bridge – Waterloo… una manciata di fermate e in poco meno di mezz’ora si lascia la metropoli e si entra nella Greater London verso la campagna. Chilometri che secoli fa impegnavano i pellegrini di Chaucer giorni e giorni.
E che ora lasciano stupita la sottoscritta, catapultata nel weekend in uno scenario che pare lontano, lontanissimo.
La campagna qui in Inghilterra ha questo strano potere che non ha ad esempio la zona circostante Milano, per intenderci. E’ come quando a Londra entri in uno dei parchi e vedi cigni e scoiattoli ma all’ennesima potenza. Lo stacco è netto e ha la capacità di farti sentire e vivere qualcosa di completamente diverso.
Metteteci poi la fortuna sfacciata di essere accompagnati da una collega di Mr B. su e giù per il Kent con fermata in uno di qui castelli ereditati da Enrico VIII e dotato di parco vastissimo con cerbiatti liberi. Le origini per metà italiane della nostra guida hanno fatto il resto, nel senso che il pranzo è stato gentilmente offerto a casa sua dalla cucina di mamma&papà.
L’idea iniziale era di di spingersi fino a Leeds Castle, decantato da ogni guida oppure ad Hever Castle (qui ci ha abitato Anna Bolena da bambina).
Vedi impazienza dell’aliciotta e chiusure dovute al winter time, ci siamo fermati prima. E abbiamo fatto bene. Perché Knole è esattamente il posto che cercavo. Niente a che vedere con l’eleganza di Hampton Court o il "so da fiaba" di Leeds. In compenso spazi enormi, colline appena accennate, querce secolari e decine, decine di cerbiatti liberi tra i quali camminare.
Pare che il posto, oltre alla sottoscritta e a qualche altro, fosse piaciuto parecchio anche al solito Enrico VIII: l’arcivescovo di Canterbury fu gentilmente sollecitato a cedergli la proprietà (penso tra l’altro l’abbia fatto in tutta fretta caso mai finisse come la povera Bolena).

Credo sia un piccolo concentrato del Kent e della campagna inglese: verde, verde, cielo sempre indeciso, dal grigio all’azzurro intenso, e animali liberi quasi da toccare. Ed è straordinario come qui siano in grado di conservare, tutelare, vivere e far vivere tutto questo. Altro che zoo (non nutro simpatia per il soggetto).
Diciamo che qui la formula campagna nel weekend è giusto una bella passeggiata all’aria aperta, stivali di gomma ai piedi, due o tre bimbi dietro, e magari un giro a cavallo (intendiamoci per nulla elitario o costoso come può essere dalle nostre parti). Caccia? Niente, che ormai è vietata.

Confesso che era difficile dire chi tra Alice e la sottoscritta fosse più soddisfatta dell’incontro coi cerbiatti (e un cervo), di sicuro la pupa ha riscosso più successo considerato che tra me, la mia Canon e loro è sempre rimasta una distanza minima di tre metri mentre la piccoletta è stata avvicinata a "portata di carezza". E credo che per la pupa sia stata un’esperienza da ricordare:-).

Nel Kent poi è un susseguirsi di colline, dolci, dolci, piantagioni di lavanda (sì proprio lavanda come ha raccontato la nostra guida), cottage stile tudor, fattorie, cavalli e buffe case dal tetto conico dove si conserva il luppolo per la fabbricazione della birra.
Date colpa alla campagna e soprattutto a questa atmosfera "tempo che fu", oggi ho preso in mano un altro dei libri di Mr James. Si parla di cucina british, ma proprio british nel senso patriottico del termine. Non per nulla il titolo "The Victory Cookbook" di un’istituzione nazionale, Maguerite Pattern (la donna aveva persino lavorato per il Ministero dell’alimentazione durante il conflitto).
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna diede vita a tutta una serie di celebrazioni per la vittoria. E questo me lo potevo pure immaginare. Che invece assolutamente non sapevo è che la cucina fece la sua parte. E anche i bambini. Si organizzarono per giorni e giorni tavolate per le strade ( e devo ancora capire come si regolarono con il loro tempo così variabile) e i pupi si vestivano di festa e si davano a jelli, blancmange e pudding, a volte preparati con pochi e poveri ingredienti (ad esempio latte in polvere o uova condensate piuttosto che strutto o margarina invece del burro).
Il cucchiaino ha pensato bene di cimentarsi con il pudding patriottico, giusto farina, zucchero, un uovo, burro, due cucchiaiate di latte, qualche cucchiaio di "marmelade" (indi, tassativamente all’arancia), lievito.
Tenete conto che il formato è bebè dopo l’anno, la consistenza è veramente morbida e da facile, facile "morso" e la tradizione inglese prevederebbe "custard cream" per accompagnare ( una sorta di crema inglese che defnire di facile digestione bè è più che un eufemismo).
piesse: la cosa che preferisco di questo pudding è la cottura, niente forno ma semplice bollitura.

Ingredienti secondo la ricetta di Mrs Pattern
200 gr di farina
1 uovo
40 di zucchero scuro
50 gr di burro
4 cucchiai di marmelade (o golden syrup o lemon curd)
1 cucchiaino di baking powder (o mezza bustina di lievito)
2-3 cucchiai di latte o acqua
Procedimento
Mischiate farina, zucchero, lievito e burro. Aggiungete l’uovo sbattuto e il latte. Dovete ottenere una consistenza cremosa. Amalgamate la marmellata o altro. Ora viene il divertente. Mettete in una ciotola leggermente infarinata (tenete conto che andrà ad alte temperature!), coprite con carta (tipo domopack o carta da forno) e legate il tutto. Posizionate in pentola con acqua, portate ad ebollizione poi abbassate (e lasciate ancora per 20 minuti).
Mrs Pattern consiglia, se ne avete a disposizione, di mettere sulla base mele a fettine e of course servire con custard cream (siate parchi e non fate come gli inglesi!).
da miralda | 18 Feb 2010 | 12-18 mesi, L'ora della merenda, Li'l spoon in London
Sotto un albero di rimpetto alla casa c’era una tavola apparecchiata. Vi prendevano il tè la Lepre di Marzo e il Cappellaio. Un Ghiro profondamente addormentato stava fra di loro, ed essi se ne servivano come se fosse stato un guanciale…
La tavola era vasta, ma i tre stavano stretti tutti in un angolo: — Non c’è posto! Non c’è posto! — gridarono, vedendo Alice avvicinarsi. — C’è tanto posto! — disse Alice sdegnata, e si sdraiò in una gran poltrona".
Se penso ad un tè inglese chissà perché vado dritta al tè dei matti. Sarà che Biancoconiglio, il Cappellaio Matto, la Lepre di Marzo e il Ghiro guanciale non sono compagnia da tutte le tavole. Sarà che sono un po’ matta pure io e il tè senza regole, con tanto di personaggi ai quali manca qualche venerdì, bè proprio mi piace. Sarà che ho un’Alice tutta mia, pure lei matta giusto quel pochino per farmi sorridere.
Ed invece non c’è nulla di più rigoroso e rituale della preparazione del tè, soprattutto se si considera che è diffusa in maniera diversa in culture lontane fra loro. Cina, Giappone, India, Corea, Olanda, Svezia e of course Gran Bretagna.
Certo il tea time delle 5 o’ clock non ha la grazia del Cha No Yu giapponese e oserei dire nemmeno la leggerezza. Però è una sicurezza che ti mette tranquillità come tutto ciò che ha la capacità di non cambiare mai, ma proprio mai.
Qui a Londra non ho avuto il piacere di partecipare ad un tè da "Alice Woderland" che sarebbe stato proprio divertente. Ho trovato in Covent Garden una valida alternativa ai soliti indirizzi (per intenderci Whittard o Twinings o Fortnum&Mason) per acquistare tè: il posto si chiama Tea Palace e vale la visita.

Poi lunedì, giornata piovosa e grigia ( e ve lo devo dire?), alle 4.15 p.m., approfittando di un ritorno di Mr B. inaspettato, abbiamo avuto la grazia di gustare il nostro primo tea time british.
Ok, ho cercato per un paio di giorni una tearoom di una simpatica signora dello SryLanka: volevo qualcosa di alternativo al tea time modello Ritz o quasi. Invano, ha chiuso qualche mese fa. Abbiamo ripiegato sull’Orangerie, just around the corner, proprio accanto a Kensington Palace. Se non avesse piovuto, se non fosse stato così grigio, e se qui il sole non calasse dopo le 4, bè avrebbe potuto essere carino: dalle alte finestre bianche si ha la vista diretta su tutti i gardens.

Abbiamo avuto il nostro tè: sandwiches, very small, assaggi di cakes, niente di che, e scones, con jam e clotted cream. Sì perchè il tè inglese, di solito nero, va servito con questa sorta di panini dolci da riempire con marmellata (spesso di fragole) e clotted cream (una crema a base di mascarpone, panna e qualche goccia di limone), deliziosa.
Poi c’è stato il dopo. Ossia i miei scones home made. Rispetto a quelli assaggiati fuori sono risultati meno panosi e più biscottosi (ma comunque molto morbidi), secondo alcuni, di parte, migliori:-).
La sottoscritta non ha resistito e fra uno scatto e l’altro ne ha subito, subito mangiato uno con marmellata di rabarbaro (quella alle fragole non l’ho mai, ma proprio mai amata) e clotted cream (a questa proprio non resisto). Consiglio di fare lo stesso perché caldi sono tanto più "goduriosi":-).
Li ho trovati niente male anche come idea da importare in versione baby sia come merenda alla moda british sia come panino del mattino. Il formato è dai 12 mesi in poi, naturalmente, potete fare a meno dell’uvetta se il pupo non gradisce.
Chiaramente (qualcuno aveva dubbi?) ho apportato la mia piccola modifica e invece di usare tanto burro ho sostituito il latte con del buttermilch, semplice, semplice da reperire qui.
piesse: prometto prossima puntata su tè e infusi per bebè, datemi tempo di ritornare a casetta:-)

Ingredienti
300 gr di farina
150 ml di buttermilch (potete usare latte e yogurt al posto del latticello)
50 gr di burro
1 uovo per spennellare
20 gr di zucchero
uvetta (se volete)
1 cucchiaino di baking powder o 1/2 bustina di lievito
Procedimento
Facile e veloce. Mischiate farina e zucchero, aggiungete il burro e lavorate a manina. Versate il buttermilch ( regolatevi un po’ sull’impasto che non deve essere troppo bagnato). Aggiungete l’uvetta, finite col lievito. Stendete l’impasto (in mancanza di mattarello fate come me, l’ho spiattellato a mano), tagliate con formina o al coltello (indovinate che ho fatto io?). Posizionate su carta da forno e passate al calduccio a 180° per 15 minuti. Se possibile mangiate subito, subitissimo.