Voglia di fette biscottate homemade

C’era una volta la ex-ragazza di Lui, che lasciava messaggi al mattino come "Amore, bla, bla, bla, la moka è già pronta, basta che accendi e… baci tra lala". Questa ex-ragazza apprezzava molto l’aperitivo, molto meno la colazione, che considerava tempo rubato al letto. Meglio cinque minuti ronfando piuttosto che pane&marmellata. Non che non amasse la cucina, anzi, ma non al mattino, soprattutto se c’era un treno da prendere e la sveglia maledetta. Poi è arrivata la colazione del campione. E tutto è cambiato.

Alla mia prima panza, la colazione era il momento più bello della giornata. Mi alzavo in netto anticipo, quotidiano da una parte e tutto il resto dell’altra: latte, yogurt, succo di mirtillo o spremuta, pane e marmellata. 

Poi ci sarebbe stato il pranzo, ma veloce che era una pausa pranzo (per intenderci quelle da cartellino lavorativo), e la cena, beh per mesi è stata da dimenticare.

Con la pupa il rito della colazione è continuato, ma più per lei che per me. 

Fino a qualche mese fa, quando si è riaffacciata lei, la colazione del campione. Più spietata, esclusiva e della serie "se non c’è potrei piangere disperata".

Scherzo? No, affatto. 

Gli occhi hanno cominciato a spalancarsi insieme allo stomaco a orari per me impossibili, ovvero molto presto. A mia discolpa il digiuno o quasi serale. 

Ci sono stati momenti in cui ho scosso Lui, ancora addormentato per un latte schiumato e due fette biscottate homemade con velo di marmellata di mirtillo (la mia preferita). Una pazza:-). 

Pe fortuna poi le nausee sono rientrate e la marea è passata, prima che travolgesse qualcuno. 

Ora sono diventata una di quelle che sanno che la colazione è il momento più importante della giornata, saggia a distribuire le calorie:-), ma non così matta da azzannare chi disturbasse il mio rito.

Di tutto ciò è rimasta un’unica e non ancora risolta fissazione: la fetta biscottata homemade proprio come la fa il mio panettiere superpreferito. 

Archiviati anni di fette buone ma industriali, direi che la biscottata artigianale è di sicuro uno dei must per la mia "panza". Di quelle con il bollino "Ho voglia di…"

Unico problema? Quando mi fissata che dovevo provare a ricrearle a casa. Ho sbirciato gli ingredienti segnalati sulla confezione a biro blu e ho cercato la ricetta perfetta.

E ho tentato. Il risultato a parere di Lui (che la pupa è più da panino al latte) è molto buono, a mio parere simile ma non identico. E va beh, ci sarà un motivo per cui lui fa il panettiere e io pasticcio con le parole. 

Come si fa? Partite un paio di giorni prima o quasi, quindi se come me avete voglie da gestire, badate bene all’aspetto temporale che vi separa dall’oggetto del desiderio.

Perché prima dovrete pensare alla lievitazione, poi alla seconda lievitazione, poi alla cottura, 

 

poi al risposo al fresco, poi alla doratura delle fette e poi ci sarà finalmente il vostro coltello che spalmerà il velo di marmellata o miele preferiti.

Per le mie ho usato una marmellata di gelsi, regalo di un’amica reduce da un viaggio in terra siciliana.

Fette biscotti simili a quelle del mio panettiere, o quasi:-)

piesse: ho letto in rete che un ingrediente che fa la differenza è il malto d’orzo, non vedendolo segnalato nella famosa lista del panettiere non l’ho messo, però sono pronta a ricredermi

Ingredienti

400 g di farina manitoba

100 g di farina ai cereali

90 g di zucchero di canna

200 ml di latte

2 uova+ 1 tuorlo per spennellare

100 g di burro

1 bustina di lievito secco

vaniglia in polvere

 

Procedimento

Sciogliete lo zucchero nel latte tiepido, unite le uova e sbattete. Stemperate il lievito con le due farine e la vaniglia in polvere, quindi amalgamate all’impasto insieme al burro a temperatura ambiente. Formate una palla e lasciate a lievitare in luogo caldo (ad esempio forno a 30°-35°). Riprendete dopo un paio d’ore e ricavate due salsicciotti che rimetterete a lievitare per un’oretta. Quindi fate attenzione: a me è capitato che mi addormentassi sul divano e Lui mi facesse ritrovare i due panetti già infilati in due teglie diversi. Grazie, un tesoro, ma no!!! Vanno posizionati nella stessa teglia da cake, uno sopra l’altro, spennellati con tuorlo d’uovo e passati in forno caldo a 170° per circa 20 minuti, quindi coprite con un panno per non far dorare troppo e terminate la cottura per altri 20 minuti circa.

Lasciate raffreddare per tutta una notte, quindi riprendete il panetto e affettate. Passate le fette a dorare e seccare in forno a 160° per 20-30 minuti.

 

 

 

Crema di zucca e chips di patate dolci

L’ho risentita ieri, perfetta per questi giorni che profumano di autunno e foglie secche, colorati dall’arancione delle zucche. Note che portano indietro negli anni, note fra le mie preferite, ascoltate con Lui e la pupa qui. Ecco, se dovessi scegliere la colonna sonora per la ricetta di oggi, beh sarebbe ispirata alle parole di Prévert, cantate da Edith Piaf. 
Le foglie dell’autunno, in sottofondo, e voi lì a coccolare e coccolarvi con una di quelle zuppe classiche e superclassiche della categoria comfort food, accompagnata da fettine sottilissime di patate dolci, profumate di rosmarino.

Io adoro la zucca e questa ormai non è una novità. Alice altrettanto come credo la quasi totalità dei bambini: perfetta quindi per i primi assaggi, probabilmente per via di quel sapore dolce e vellutato.

Di zucche e zucche ne ho detto spesso e qui e qui, sono ancora in estasi per una hokkaido mangiata l’anno passato (e la missione delle prossime settimane è di sicuro procurarmene almeno un paio). 

In attesa della caccia al tesoro, il nonno dell’Aliciotta ci ha portato dal Veneto un paio di zucche nostrane e una quantità considerevole di patate dolci. L’abitudine nella famiglia paterna è di bollire le patate dolci e poi mangiarle come sorta di dolce al cucchiaio. Io ho sovvertito un pochetto la regola (ma va, direbbe qualcuno:-)) e le ho utilizzate per il primo piatto. 

In realtà non è la prima volta, ma di solito le aggiungo negli stufati oppure per la crosticina del pie alle patate. Qui invece ho deciso di farne delle vere e proprie patatine, ma di quelle delicate, affettate sottili sottili e rese croccanti dalla cottura in forno. Ho aggiunto giusto degli aghi di rosmarino, un pizzico di sale e una spennellatura di olio EVO.


Il risultato? Entusiasmante e di sicuro entrerà nella mia list da fingerfood per i prossimi aperitivi con pupa al seguito a casa, casetta. La pupa, che non ha una grande passione per patatine&co (vi pare impossibile? giuro!) ne ha mangiate una dopo l’altra,  senza naturalmente aspettare l’arrivo della vellutata.

Va beh, consiglio per la notte delle streghe. Stasera caso mai aveste anche voi una zucca che vi avanza provate la nostra ricetta dopo aver infornato i pupi-fantasmini. 

 

La ricetta. Per i pupi più piccoli (9-12 mesi) niente chips, cuocete la patata dolce al vapore con la zucca e frullate tutto insieme.
Quella di seguito è pensata anche per mamma&papà.

 

Ingredienti (per 3)

1 zucca mantovana o butternut (circa 500-700 g)

2 patate dolci
1 patata

cipollotto

olio EVO

rosmarino

sale, un pizzico di cannella

parmigiano reggiano
alloro

 

Procedimento

Affettate sottilmente il cipollotto, fate stufare in pentola con un cucchiaio di olio EVO. Pelate le patate e pulite la zucca. Tagliate tutto a tocchetti e aggiungete in pentola con una foglia di alloro (che poi eliminate). Mescolate e aggiungete brodo vegetale (o semplice acqua tiepida) e fate cuocere fino a quando le verdure si ammorbidiscono. Quindi passate tutto, aggiustando di sale (dopo i 12 mesi).

Nel frattempo preparate le chips. Pelate le patate dolci e affettatele sottili sottili, ad esempio con una mandolina o un pelapatate. Posizionatele su carta da forno, spennellate con olio, aggiungete degli aghi di rosmarino e un pizzico di sale. Fate cuocere in forno per 30 minuti circa a 175°. 

Servite la vellutata con le chips di patate dolci.

 

 

I pupi fantasmini, so sweet:-)

Questo sarà un post direi quasi, quasi telegrafico, nel senso che sono qui alla tastiera ma fra dieci minuti dieci devo essere là, pronta a recuperare la pupa per il gioco alla danza settimanale. Però è quasi Halloween, o almeno me lo hanno ricordato sempre da là, dall’asilo, le decorazioni e l’avviso "Festa". Ammetto di non essere un’amante della ricorrenza suddetta, non amo l’aspetto "terrificanteee" e a volte un pochetto trash (non uccidetemi:-)), quindi a casa nostra niente budella squartate, cimiteri o ragni che si arrampicano, of course per finta. Ho preferito affidarmi a piccoli fantasmini arancio zucca, che somigliano molto ai pupi che crea Miss Cia.  

Almeno nella faccetta e in quelle forme semplici e incantate. La base è di zucca, farina, uova, mandorle a granella, zucchero, giusto poi della glassa per dare forma al viso e una punta di marzapane viola per gli occhietti curiosi. 

Questi sono fantasmini che raccontano delle gocce di pioggia che cadono oggi, che cantano vicino al nido, pupi anche loro proprio come quel bimbo che li osserva stupito:-).

Un paio sono finiti nella bento box dell’Aliciotta, perfetti per questo pomeriggio di fine ottobre, dove la massima aspirazione (almeno la mia!) sarebbe solo di farsi coccolare.

 

La ricetta, che vado di fretta! Prendete 150 g di farina 00, 50 g di fecola, 100 g di polpa i zucca lessata e schiacciata per bene, 100 g di burro, 1 tuorlo e 90 g di zucchero, una manciata di granella di mandorle. Impastate tutto con cura, fino a ottenere una palla che mettete 30 minuti circa in frigo a riposare. Riprendete, stendete e ritagliate, magari proprio a pupo goccia. Cuocete in forno caldo a 175° per 15 minuti circa.

Preparate la glassa con 70 g di zucchero a velo, un cucchiaino di acqua e una goccia di succo di limone. Mescolate e date forma alla faccetta. Con del marzapane viola o del semplice colorante viola da aggiungere alla glassa disegnate i due occhietti. 

La polentina col nastro rosa

Questa settimana mi è sfuggiata fra le dita con la chiara sensazione, lunedì, che i quattro giorni che mi separavano dal venerdì fossero troppo pochi per riuscire a incastrare tutto. Però oggi è venerdì, c’è questa giornata che calza come un vestito su misura, almeno al mio stato mentale, e uno smalto blu Cina che fa tic tic sulla tastiera, reduce dal matrimonio di amici di ieri.

E il pensiero che c’era qualcosa di importante da ricordare e l’idea che dopotutto farlo in ritardo è sempre meglio che non farlo. Ecco allora spuntare la polentina tinta di viola col nastro rosa.

 

Il nastro rosa è quello della campagna di prevenzione al tumore alla mammella della Lega Italiana Lotta Contro i Tumori, che anima col suo nastro rosa tutto il mese di ottobre. Di solito il giorno dedicato dai blog alla campagna è il 18 ottobre… Il Cucchiaino quindi si accoda con un po’ di ritardo.

E’ una ricetta di memoria e scoperta. La memoria si riferisce alla farina di mais bianca per la polenta, tipica del Veneto, preparazione abituale e amata nella famiglia del papà della pupa. E da me scoperta qualche anno fa. Caratteristiche? Beh, bianca come il latte e molto delicata.

Per l’occasione si è tinta di viola lillà grazie alla magia di un brodo preparato con carote viola, appena scovate al banco "verdurifero". In realtà le conoscevo, ma mai trovate in Italia. Felice del loro arrivo:-).

 

Ovvio che la ricetta facile, facile e semplice negli ingredienti è perfetta per il bebè, quello di inizio svezzamento (già dai sette mesi per intenderci), sostituite solo il formaggio latteria con un cucchiaino di parmigiano reggiano ed eliminate il sale. Per le quantità dividete quelle indicate sotto per 4-5 per avere una porzione per bebè. 

Ingredienti (per tre cocottine)

200 g di farina di mais bianca

3 carote viola
1 patata

100 g di formaggio tipo latteria (o semplice parmigiano)

eventuale tocchetto di burro e sale (dopo i 12 mesi)

 

Procedimento

Preparate il brodo: mettete a bollire tre carote raschiate e pulite e una patata pelata e a tocchetti in circa 2 litri di acqua. Fate cuocere per una mezz’ora abbondante. Preparate la polenta: eliminate dal brodo le verdure (che potete frullare e servire a parte) e usate l’acqua per cuocere la farina di mais (mescolate bene con una frusta per evitare grumi). Una volta pronta trasferite la polenta (aggiustate eventualmente di sale) in tre cocotte da forno, infilate all’interno del formaggio a pezzetti o semplice parmigiano e passate in forno per cinque minuti. Servite.

 

 

Festa, festa e ancora festa! Sorpresa:-)

Ho sempre adorato le feste a sorpresa. Perché trovo ci sia un’emozione, una gioia così inaspettata, che è impossibile sperimentare se sai tutto per filo e per segno. E’ un po’ come nella vita con tutte quelle strade da prendere o a Natale, con l’attesa e la magia del risveglio la mattina dopo. Lo so, a tanti pare caratteristica quasi infantile, ma personalmente questo tratto da bambini me lo tengo bello stretto. Naturale organizzare per il compleanno della pupa una festa a sorpresa, appena ha avuto gli anni sufficienti per godersi ogni momento.

In realtà non abbiamo fatto nulla di complicato: una semplice domenica pomeriggio a casa del nonno con una serie di amici, suoi e nostri. Però ho voluto che ogni cosa fosse magica:-). Dalle decorazioni, rigorosamente create a mano dalla zia dell’Aliciotta (grazie!) al lato "cucinifero", al regalo finale per ogni bimbo arrivato. Il tutto innaffiato da bolle di sapone giganti, palloncini a forma di fiore e corse in giardino. 

 

La fatica è stata cancellata dalla risata e dall’urlo della pupa quando è arrivata. E la cosa meravigliosa, è che so esattamente cosa ha provato:-).

 

Proprio la scorsa settimana mi è capitato di imbattermi in una chiacchierata su facebook, fra mamme (partita da Barbara, aka Mamma Felice), sull’opportunità di organizzare una festa di compleanno con tutto ciò che ne deriva (soprattutto con costi, spesso quasi proibitivi). 

In generale ammetto di essere d’accordo: non amo le feste con animatori, in sale anonime. So anche che noi siamo fortunati, visto che abbiamo potuto approfittare del giardino del nonno… Però magari esistono altre soluzioni: una merenda al parco, ad esempio, rigori invernali permettendo o il giardino di un’amica:-). Alla fine penso anche che non sia necessario invitare un numero eccessivo di persone, ma quelli che sono cari a noi e amici dei nostri figli.

E voi che ne pensate?

Intanto mi fa piacere mostrare quello che abbiamo fatto noi, giusto per un paio di idee che magari potete  ricreare a vostra immagine e festa:-).

 

That’s a party: le decorazioni.

Adoro gli origami, per quella loro leggerezza tutta giapponese. Però sono totalmente negata in piegature e ripiegature. La zia dell’Aliciotta invece è bravissima:-). E ha creato una serie infinita di gru, di tantissimi colori che abbiamo appeso nella taverna del nonno.

Il risultato? Incantevole.

Che cosa è poi una festa senza re e regine? Ovviamente senza distinzioni:-). Ogni bimbo al suo arrivo ha scelto l’animaletto preferito, è stato scritto il suo nome e quindi via a giocare (la selvaggia scatenata sotto? Ovviamente la pupa).

 

Qualcosa da magiare, qualcosa da portare via.

Le cupcakes al cioccolato sono stata l’unica cosa che Alice aveva visto a casa al mattino. Anzi le abbiamo decorate insieme. E il segreto? Uhm, le ho detto che servivano al nonno per una cena con amici (ed era pure vero:-)).

E si è pure prestata alla foto, beata innocenza:-).

 

La sottoscritta ama lasciare un ricordo quando organizza una festa. E’ un po’ come se la gioia condivisa durasse ancora un poco e potesse essere ricordata anche il momento dopo. E’ stato così che mi sono ritrovata il sabato a tarda sera a infornare biscotti e glassare col nome di ogni bimbo invitato. 
Qualcuno in realtà non è arrivato a casa, ma è stato mangiato subito dopo la consegna:-). La ricetta? La classica da biscotto bimbo: farina (io faccio un mix farina 00 e farina di riso), burro, zucchero, scorzetta di limone e uovo. 

 

Dimenticavo. Le cupcakes hanno riscosso un gran successo, ecco la ricetta per chi la voleva assolutisssssimammmente.

 

Ingredienti (per una decina, di dimensioni diverse)

150 g di farina

50 g di farina di riso
3 uova
1/2 bicchiere di latte

50 g di burro

100 g di cioccolato fondente

90 g di zucchero

2 cucchiai di cacao amaro

1 pizzico di vaniglia in polvere

1 bustina di lievito per dolci

lamponi

zucchero a velo e succo di limone per la glassa

 

Procedimento

Sciogliete il cioccolato con il burro a bagnomaria. Sbattete le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso. Aggiungete il cioccolato fuso, fatto raffreddare qualche minuto, e il latte, quindi  stemperate le due farine, il lievito, il cacao e la vaniglia insieme e unite agli ingredienti liquidi.

Riempite dei pirottini o uno stampo da muffin, per poco più di due terzi.

Cuocete in forno caldo a 180° per 20 minuti circa.

Preparate la glassa con zucchero a velo, goccia di limone e un cucchiaino circa di acqua fredda. Infilate in una siringa e via con la decorazione. Posizionate un lampone al centro.

La galette, pas complète…

Sì, sono di quelle organizzate (o almeno qualcuno mi descrive così:-)), che ha sempre ricordato ogni cosa a memoria, pur appuntandosela sulla Moleskine del momento (tempo ante pupa), che poteva passare da un progetto all’altro e dare l’impressine di farcela senza troppa fatica, decisa, beh, sì, e convinta sull’obiettivo. Sono anche quella che rimane sul treno non perché ignori la fermata ma semplicemente perché troppo presa dalla lettura, sono quella che è stata capace di presentarsi alle 5 di mattina senza passaporto prima di un viaggio di lavoro importante e organizzato nei particolari (uhm, sono partita grazie a Lui che ha fatto to&back a una velocità su cui è meglio soprassedere), e sono quella che a volte dice sì ma è su Marte. 

Prendete questa personcina, shackerate, mettete insieme circa 600 foto scattate con diligenza e maniacalità, una sera tarda, tanta stanchezza, il pensiero su almeno un paio di altre questioni e un Mac che nell’ultimo periodo imita la sua padrona. Bene, ora capirete perché vi racconto di un viaggio in Normandia e Bretagna con una manciata di poche foto. 

Il mio dito, per nulla collegato alla parte corretta del cervello, leggero e sbarazzino ha schiacciato elimina (esempio di autodistruzione da oca del villaggio) e via tilt del Mac e foto bye-bye (eccetto poche sopravvissute degli ultimi due giorni).  Poi ho pianto, o quasi.
Niente ninfee immortalate in ogni possibile angolatura (credetemi bellissimo il giardino di Moneta Giverny e simpatica la giapponese che ci ha voluto fotografare, ovviamente con la mia reflex), niente Honfleur o Saint Malo, e nessun ricordo di quell’andare sotto la pioggia (bardati con superimpermeabili) per le vie del Mont Saint Michel su fino e dentro all’abbazia, noi e pochi altri a sera tarda (ecco, se capitate da quelle parti scegliete la sera per addentrarvi, spettacolare e tenetevi lontani dalla pazza folla del giorno). Nemmeno un’immagine a dimostrare che sì, lì piove, piove, raggio di sole, e ripiove, piove e pioviggina, ma che ti può capitare di finire in un paese che condivide il nome con un formaggio (oui, le Camembert). E poi le secche che lasciano le barche in precario equilibrio mentre tu cerchi di in
dovinare cosa si nasconda in quel miscuglio di terra e sabbia. E la pupa, deliziosa con in testa le righe bianche e blu, caratteristiche dei tessuti di queste parti.

Bene, inutile dire senza mostrare:-). Vi lascio giusto l’impressione dei paesaggi di luce,vento e mare di quella parte della Francia dove tanti paesini paiono usciti dalle pagine di una Madame Bovary o da un racconto di fari, naufragi e tempeste.

 

E la cucina? Personalmente un pochetto pesantuccia negli assemblaggi, ma deliziosa negli elementi base, della serie a volte meglio una galette e sidro (proprio come un vero bretone!), piuttosto che cozze, far breton o baguette con camembert ( o livarot, il preferito di Alice!) che affrontare più portate pensando di sopravvivere:-). 

Tornata a casa, vi ho già detto dei financiers, ma c’è stata anche la gallette, una crepe a base di farina di grano saraceno, completata con quello che più aggrada, benchè la tradizione raccomandi per “une galette complète prosciutto, formaggio e uovo al tegamino nel bel mezzo. 

 

Solitamente viene ripiegata ricavando così quattro lati e creando l’effetto sorpresa per il ripieno interno (almeno per Alice).
All’inizio non ne sono rimasta granché entusiasta, ma era dovuto al fatto che non era preparata a regola d’arte. A Dinan, dall’atmosfera intensamente medioevale con le tipiche case a graticcio, ce ne siamo innamorati in uno di quei locali che offrono solo ed esclusivamente galette e sidro, servito nelle scodelle basse bianche con bordatura rossa. 

Ecco la ricetta. Danno il meglio in versione salata, in quella dolce meglio le classiche crepes. La ripiegatura le trasforma in bauletti dei segreti o di caccia al tesoro o annua sa e indovina, perfetti per incuriosire la pupa:-).
La nostra versione non è “complète”, considerato che ho eliminato l’uovo e inserito all’interno gli ultimi pomodorini di stagione dell’orto dei nonni. 

piesse. Comunicazione di servizio:-). Se avete voglia dire la vostra su quel passeggino troppo pesante, su quel libro che ha risolto la nanna del vostro pupo o sul vostro/i blog preferiti (uhm, uno a caso? Il Cucchiaino… va beh, va beh…) fatevi un giro su Mums up!

 

Ingredienti

200 g di farina di grano saraceno fine

1 uovo 
50 ml di acqua fredda
sale

prosciutto, formaggio (emmental o camembert…) e pomodorini

 

 

Procedimento

Mescolate la farina con l’uovo, aggiungete quindi acqua e sale. Girate con una frusta o una forchetta per amalgamare, quindi lasciate riposare per una mezz’oretta. Ungete una padella con del burro, riscaldate e versate un cucchiaio abboandante di pastella. Aspettate un paio di minuti e voltate dall’altra parte con una spatola. Inserite nel mezzo del formaggio per l’ultimo minuto, passate su un piatto e ripiegate i bordi.