Il lago a fine inverno

Prendete una mezza giornata di fine inverno, il sole pieno, l’aria tersa, il lago che pare immobile, quasi livellato. Primo pensiero? Ormai è primavera. Sì, ma non ancora. Proprio questo essere tra, il sentirsi lievemente sospesi, in giornate così limpide da poter essere solo respirate, mi hanno messo addosso una leggerezza di quelle che ti faresti una risata sbarazzina ogni momento.

E’ da matti? Date a colpa al sabato. Cominciato lento, programmato sulla neve e finito con una mezza giornata a zonzo sul lago.

A una settimana dal ritorno a casa, dopo un mese e un pezzo di totale irrequietezza da “non posso stare ferma a Londra”, mi sono riconciliata.

Ho risolto un inizio di mal di terra con un assaggio di lago che più in sospeso di così non poteva essere. Ecco se uno pensa “fine inverno, inizio primavera” deve andare a farsi un giro sul lago: uno dei rami, a vostro piacimento.

La luce in giornata buona è quasi estiva, i profili sono netti fra acque, riva, case, le inquietudini lacustri da acque profonde sono tenute lontane dalle papere che vanno "slow", le montagne imbiancate sono lì a ricordare che dopotutto la temperatura è di poco superiore allo zero. Il tempo è cadenzato da arrivi e partenze, perchè dopottutto è vero che il lago non è il mare ma i porti sono ovunque, i rumori sono così silenziosi che fatichi a sentirli.

E il vento, le vele? Per ora sono solo nomi abbandonati sull’acqua.

 

Ho ancora negli occhi la luce, le pedalate (le prime!) di Alice e un pranzo all’aperto, riva lago, che sa di “fine inverno- inizio primavera”.

E la cucina? Bè pieds dan l’eau ho scoperto le patole, ravioloni impastati con patate e farina (prometto di cimentarmi prossimamente), a casa invece mi sono portata pesce di lago: salmerino e persico.

Il secondo è stato risottato, mentre il primo, formato perfetto in fase svezzamento, è diventato complice di una vellutata dai sapori ancora invernali. Qualcuno chiederà: che sarà mai ‘sto salmerino? Col salmone niente a che vedere, è più vicino alla famiglia delle trote, ricco di grassi e Omega 3 e vive vicino, vicino a laghi e montagne alpine.

Il salmerino l’ho fatto cuocere al vapore su un letto di erbe fresche (aneto, fincchietto selvatico…) e poi ho servito i filetti interi. Nel caso di bebè potete semplicemente passare o schiacciare il pesce nella vellutata.

 

Ingredienti (per tre)

2 filetti di salmerino

2 finocchi

1/2 patata

olio EVO

aneto

finocchietto selvatico

(sale, pepe e scorza di arancia per mamma&papà)

 

Procedimento

Facile: fate una vellutata come al solito (niente di nuovo, no?), pulite, tagliate le verdure, aggiungete acqua, fate cuocere e passate con olio EVO. Nel frattempo cuocere al vapore i filetti di salmerino su letto di erbe per una decina di minuti (io ho fatto così). In alternativa potete anche passarli leggermente in un trito di pane bianco secco e erbe e farli dorare in padella con un pezzettino di burro. Servite la vellutata con i filetti di salmerino e finocchietto selvatico (potete usare anche la barbetta del finocchio).

Nel caso di bebè sotto l’anno o difficile alla masticazione

 

Morning glory: la pukkolla

Alice&io. La mattina. James, il nostro padrone di casa. E Jamie, quello nazionale che ha rivoluzionato e alleggerito, bontà sua, la cucina "british". E la pukkolla, please non chiamatela porridge che questo è un muesli di rango preparato homemade. Partiamo dall’inizio, che la storia pare un pochino complicata quando in realtà è semplice, semplice.

Punto primo. La sottoscritta e la pupa. Hanno ricominciato a vivere la mattina. Tutto all’incontrario rispetto a casa. Moi, pasticcio e lavoro al pomeriggio, l’aliciotta sgambetta con gli amici al nido dall’1.00 p.m. in poi. E la mattina è tutta nostra: breakfast lungo, abbandono della casa veloce, veloce, passeggino, poco e sotto adulazione, minaccia, distrazione e avvistamento dei continui aerei che sorvolano la nostra testa, parco o biblioteca o parco. 

Siamo a metà strada fra Holland Park, il parco di "pavone e scoiattoli" (come ha nominato pupi) e Hyde Park, qui pare di essere fra le allegri comari di Windsor, tante sono le papere, le anatre, i cigni, i piccioni e le brigate di turisti e non armati di pane. La cosa fantastica è che al parco ci si va nonostante tutto. Vento? Bè almeno è sereno. Piove? Sì ma poco, poco e almeno non c’è vento. Piove troppo? Basta entrare nella prima biblioteca a portata di mano e parcheggiare il tuo "buggy". La sottoscritta trova pace mentre pupi, con minimo venti bambini, è già coinvolta in "Old Macdonald had a farm". E della biblioteca prometto racconto ampio che ne vale la pena.

Punto secondo. Il padrone di casa. Non lo conosco e a tutta prima pensavo proprio non avessimo nulla in comune: mai avuto simpatia per mobilia classica, tappeti, divani in simil pelle e soprattutto cucine dotate sì di due Creuset (quanto pesano!) ma così vecchie che un’antiaderente Ikea avrebbe fatto la sua porca figura al primo risotto. Poi ho dato un occhio alla mini raccolta di libri all’ingresso. E sono rimasta stupita. Raccolta completa della rivista di Jamie Oliver, un paio di manuali sempre del suddetto e diversi libri di cucina, compresa una chicca su come si sfamavano nell’immediato dopoguerra. E di quest’ultimo vi racconterò. Ok, gli aggeggi in the kitchen sono proprio essenziali, tanto che pensare di far lievitare qualcosa in forno o fuori risulta un’impresa, però sto James con le sue due Creuset e la passione per la cucina naturale di Jamie, mica è così antipatico. Unico appunto: se me l’avesse detto prima, bè, evitavo di trascinarmi fin qui "La cucina naturale" di Oliver (venire a Londra senza cucinare nulla dal tomo mi pareva troppo uno sgarbo).

Punto tre. In parte è già svelato. Da "The return of the naked Chef" ho preso la ricetta di oggi. La pukkolla. Lo so il nome pare strano, a metà strada tra un piano segreto del Kgb e una delle ryhmes di pupi. In realtà è uno di quei comfort food che ricordano una delle pappe di quando eravamo pupi. Per Jamie una sorta di madeleine proustina da preparare a proprio gusto con un giorno di anticipo (nel senso che alla fin fine dovete fare un muesli e quindi potete metterci quello che più vi aggrada).

Io ho seguito il suo consiglio forse fin troppo, ma la colpa è tutta da imputare a Whole Foods dove ho recuperato la materia prima. Ecco qui prendete il vostro sacchettino e scegliete fra una ventina di tipi di cereali, frutta secca e disidrata. Il risultato? La pukkolla ci ha messo giorni a finire:-).

La pullokka può essere formato sotto i dodici mesi: è sufficiente sostituire il latte con lo yogurt e utilizzare frutta secca e disidratata secondo calendario.

 

Nota a margine della sottoscritta, della serie last but not least. Abbiate pazienza per stoviglie e sfondi che qui come dicevo non è mica la mia di cucina. Di sicuro conoscerete in fretta tutto il servizio, oggi ne avete un’anteprima compresa la conoscenza della piantina di basilico che mi faceva tanto casa e a cui non ho resistito:-).

 

 

Ingredienti (ossia come ho improvvisato io il nostro porridge)

Una manciata di fiocchi di avena bio

Una manciata di riso soffiato

Una manciata di frutta secca (mandorle, nocciole, da evitare sotto l’anno)

Una manciata di frutta disidratata (mela, banana, uvetta)

Una mela (io ho usato una Cox ma voi andate di Golden)

Latte o yogurt

 

Procedimento

Mischiate i vostri cereali con la frutta secca e disidratata. Coprite con latte o yogurt bianco naturale (sotto l’anno). Aggiungete la mela grattuggiata e mischiate velocemente in maniera che non annerisca. Mettete in frigo per una notte. Alla mattina potete aggiungere altra frutta fresca, ad esempio banana o mirtilli (dopo i due anni) e un cucchiaino di sciroppo d’acero. Servite. Naturalmente la pukkolla è fantastica anche per la merenda. Potete preparare la base preferita dal vostro bebè, conservarla in una scatola e utilizzarla all’occorrenza (aggiungendo mela, latte o yogurt).

 

 

 

Che l’insalata veggie sia allegra

La settimana non è iniziata splendida, splendente. E pensare che quella appena passata si era conclusa con il miracolo, sì, proprio il miracolo: pregato, implorato, aggiustato, seguito con tanta fatica e infine bè chiosato anche con una sonora risata. Che sarà mai: il santo graal? Ecco trovare un buco di casa a Londra è come andare alla ricerca del santo Graal.
Che la casa doveva essere "close to" l’asilo dell’aliciotta, "close to" la metro comoda per il doc in modo da riuscire a tornare almeno per cena dall’ospedale, "close to" qualcosa di verde, interessante da fotografare e su cui scrivere per moi, etc, etc… Aggiungeteci il budget, non dei più brillanti (abbiamo avuto modo di scoprire) e potete comprendere come le mie giornate da inizio dicembre a ieri si sono consumate tra pupi, lavoro, googlemaps London, telefonatelefona (benedetto skype), pupi, lavora, consulta le ultime cento offerte overbudget, smetti che è l’una passata. 

E poi ecco, ormai stremati, presi dalla paura e "ora che si fa, dormiamo con pupi sotto il ponte, in riva al Tamigi o imploriamo sua altezza the queen di ospitarci" ci siamo arresi e abbiamo trovato.
Perché alla partenza del cucchiaino per Londra manca poco, giusto quattro giorni: nebbia e pioggia "fumodilondra" ci vedranno lì per un mese e un pezzo.  

 

Di come si può impazzire per una one bedroom a Londra, prometto di scrivere appena arrivo con tanto di documentazione fotografica, fosse mai che qualcuno di voi abbia la brillante idea di trasferirsi per un periodo così short quando tutti gli affitti in qualche modo umani, si sa, sono long.

 

Oggi però visto che la settimana è iniziata maluccio e io non sono in quella che si dice una "splendida forma", ho deciso che almeno il piatto fosse allegro: zucca che adoro, ceci (quanto fanno bene i legumi), tofu (oggi vedo veggies).

Formato per il pupo? Nove, dieci mesi: se ci sono problemi di masticazione potete anche frullare il tutto. Tenete conto che con tofu e ceci il bebè fa un bel pieno di proteine vegetali, minerali come potassio e ferro e fibre. Una perfetta combinazione che può sostituire agevolmente la carne. 

 

E Alice? No problem, la pupa ha le idee chiare e la partenza non la coglie impreparata: il suo mini trolley "orsacchiotto" è da ormai dieci giorni pronto all’entrata con il stretto necessario. Qualche costruzione, due pentolini (caso mai mamma non avesse il necessario per cucinare lì), il posto per gli amici (Pippi finta, Fiore, papera e Orsacchiotta made in… London).  

 

Ingredienti

 

 

50 gr di tofu
100 gr di zucca mantovana
i50 gr di ceci secchi toscani
1 carotina
1 cucchiaino di olio EVO
p1/4 di cipollotto
rosmarino 
 
Mettere in ammollo i ceci per 1 ore (io di solito preferisco quelli secchi e aggiungo a bagno un pezzetto piccolo di alga kombu che in cottura aiuta la digestione e riduce i gonfiori). Sciacquarli e cucinarli per un’ora e mezza. Pulire le altre verdure, tagliarle a pezzetti e cuocerle in padella con due cucchiaini di olio extravergine, il rametto di rosmarino (che poi eliminate). Aggiungete i ceci e continuate la cottura fino a quando le verdure si ammorbidiscono. A questo punto unite anche i tofu tagliato a cubetti, mescolate ancora un po’ sul fuoco e servite. Naturalmente potete anche scegliere di farci un passato e finirlo con cubetti di tofu (come fosse formaggio).
piesse: per mamma&papà consiglio di passare il tofu in sesamo, sale e un goccio di salsa di soia o aceto di riso.

 

 

 

 

 

La renna e suoi biscotti: aspettando Ch’mas


Signori e signore, pupi e pupe, la nostra fantastica renna è arrivata (e qualcuno ha già cercato di fare bottino…). Se c’è una cosa che ho sempre desiderato e chissà perché non ho mai avuto sono quelle 24 finestrelle, taschine o altro da aprire giorno dopo giorno a dicembre.
Sarà che sono di quelle che amano vivere l’attesa, sarà che preferisco la vigilia al giorno di Natale, sarà che finalmente c’è l’aliciotta con cui condividere la mia passione (infantile?): ecco che stamattina, a colazione, c’era un amico in più (così definita da pupi). 

In rete ci sono serie e serie di calendari e manufatti vari da realizzare con le proprie manine e nutro una considerevole ammirazione per tutti coloro che riescono nella fantastica impresa. La sottoscritta non ha provato nemmeno a cimentarsi che non è proprio il suo forte. Per la renna, indi, nessun consiglio se non al limite dirvi dove recuperarla:-). E visto che non potevo darmi al taglio&cucito, mi sono messa a biscottare. 

La prima infornata risale a giovedì con due versioni e un pupone grosso, grosso che ha seguito Alice al nido come decorazione per l’albero, in splendida compagnia di fetta d’arancia&stecca di cannella smaltate e le stelle di Cristina
I biscotti però non mi soddisfacevano: avevo utilizzato del miele millefiori che in realtà declinava pesantemente sul sapore castagno (chissà mai dove si erano posate le benedette api) e domenica ci ho riprovato.
Risultato? Alice ha già tentato di sottrarre più di un giorno e ad offrirmi almeno un 19 o 20 , credo proprio che dovrò tornare all’impasto. 

All’impresa del biscotto ha partecipato pure Miss Cia che ci ha preso gusto ad usare le matite (alimentari). Of course le decorazioni color rouge sono delle sue manine:-). Per decorare ho preparato una glassa al limone (la reale senza albume): circa 150 gr di zucchero a velo e un paio di cucchiaini di succo di limone. Chiaramente sarebbe meglio farne a meno per i pupi (assolutamente se sotto l’anno).

Tenete conto che ho infornato due tipi di biscotti, uno sotto l’anno (e senza glutine), l’altro dopo i 12 mesi. Del secondo tipo, vi dò la ricetta rivista domenica (ho unito arancia e cannella, mi piaceva la combinazione "so di natale"), mentre per il primo solo una raccomandazione: non abbandonate i biscotti in forno (causa lunga telefonata di lavoro), mentre due o tre persone cercano di mettersi d’accordo sul quando vanno tolti:-).

 

Biscotti della renna (9-12 mesi)

120 gr di farina di riso

50 gr di farina di castagne

una manciata di fiocchi di avena

1 barattolo di yogurt naturale (o di soia se intolleranti al lattosio)

1 cucchiaino scarso di lievito (o di cremor tartaro)

4 cucchiai di sciroppo d’acero

1-2 cucchiai di succo di mela

1 cucchiaino di olio di semi

 

Setacciate le due farine con il lievito, aggiungete i fiocchi di avena. A questo punto mescolate con gli ingredienti liquidi, facendo attenzione che l’impasto rimanga morbido ma abbia la giusta consistenza per essere steso con il mattarello. Io di solito lascio riposare l’impasto per una ventina di minuti in frigorifero così poi è più semplice stenderlo.

A questo punto stendete e divertitevi con le formine. Infornate a 170° per 10-15 minuti (i biscotti sono pronti appena cominciano ad imbiondire, al tatto devono risultare un po’ morbidi).

 

Biscotti della renna (12 mesi)

200 gr di farina

1 uovo

40 gr di burro

3 cucchiai di sciroppo d’acero ( o 30-40 gr di zucchero)

1 pizzico di cannella

1 cucchiaino di bicarbonato

2 cucchiai di succo d’arancia e 1 cucchiaino di scorza (bio)

 

Sciogliete il burro con lo sciroppo d’acero. Sbattete l’uovo con il liquido ottenuto e aggiungete poi il succo e la scorza d’arancia. Setacciate la farina con cannella, bicarbonato e unite al composto liquido. Mettete l’impasto in una pellicola in frigorifero per 30 minuti. Stendete, formate i biscotti con le formine (io ho ottenuto circa 25 omini-angeli e qualche stella). 

Infornate per 10-15 minuti massimo a 170°.

Se volete ora potete decorare.

Il piatto del ringraziamento: mele, patate&pollo


Direi che oggi mi sono sintonizzata sull’orario di NY: ancora un po’ che aspettavo a fare il post il giorno del Thanksgiving era bello che andato. La ricetta, infatti, si ispira al piatto preferito dai padri pellegrini della Mayflower.

Sarebbe a dire il grosso tacchino che negli Stati Uniti, il quarto giovedì di novembre, si affrettano a imbottire di questo e di quello e servire con chutney varie.

Una vera e propria tradizione che è una corsa folle al tacchino, tanto da spingere persino ad un sondaggio per aiutare il presidente a scegliere quale povero malcapitato graziare quell’anno. Il fortunato di quest’anno pare essere certo Courage (a onor di cronaca): strani gli americani:-).

E questo piatto? Bè la sottoscritta non è di quelle che si appassionino alle tradizioni degli altri e a volte nemmeno alle proprie (ad esempio di panettone faccio fatica a consumarne uno in tutto il periodo natalizio). Per di più di carne ne cucino una volta sì e quattro no, però mi piaceva l’idea di mele, patate dolci e tanto per seguir la via, ma non troppo, pollo. In realtà la ricetta dei padri pellegrini prevedeva anche super "pumkin", la zucca: io l’ho esclusa che sono settimane che sia la cena sia la merenda la zucca è onnipresente. Eventualmente, se volete ricreare proprio l’atmosfera Mayflower a casa vostra, potete reinserirla con una chutney (zucca&senape?) per accompagnare.

Ne è nato un piatto perfetto per il formato bebè, dagli 8-9 mesi in poi: alla fine se il pupo non mastica ancora basta passare tutto e voilà, il gioco è fatto ed eventualmente preferire la cottura al vapore del tutto.
Il sapore dolce di mele e patate di sicuro ha la meglio sui più piccoli.
Evitate il cipollotto fino ai 9-10 mesi. 
piesse:  le patate dolci (dette anche americane, tanto per stare in tema) contengono ricche dosi di beta-carotene che per voi&pupo si trasformano in vitamina A. Se non siete di quelli che le frequentono, usatele, usatele, usatele che solo a tagliarle e disporle sul piatto non paiono pianeti strani?:-).

Ingredienti       

80 gr di filetto di pollo (scendete a 50 gr per i formati 9-10 mesi)

1/2 mela

1 patata americana

1 cipollotto

olio EVO    

1 foglia di alloro                                                       

Procedimento

Pelate mela e patata, tagliate a pezzetti insieme al pollo. Rosolate tutto in padella con il cipollotto a fettine, la foglia di alloro (che poi toglierete) e olio d’oliva. Bagnate con acqua tiepida e cuocete finchè gli ingredienti sono belli morbidi. Servite. Nella versione a vapore, mettete nel cestello pollo, mela e patata (senza buccia), nell’acqua la foglia di aloro. Quando tutto è pronto frullate con qualche cucchiaino dell’acqua di cottura.

 

 

Uovo alla “kok”o coque: 3 minuti

Per anni non ho amato affatto quell’uovo poco cotto, con quel tuorlo liquido e il bianco, bè, un po’ viscido. Lo so, per alcuni l’uovo alla coque è un’esperienza di sublime naturalezza. Per me lo è diventata. Per Alice, inaspettatamente, lo è già. E da un bel pezzo.

 

Poi sono arrivate le variazioni, l’ultima in ordine di tempo al forno (ne parleremo), ma quello alla coque, un po’ Francia, pare essere per lei un’esperienza se non mistica direi quasi. Dopotutto persino per Dante l’uovo era il miglior cibo al mondo, se poi ci si spruzzava un pochetto di sale ancor meglio.  

Tra l’altro l’appuntamento fra i due è puntuale e settimanale, perché da adepta ha trovato anche chi può approviggiornarla dei prodotti migliori. Ogni domenica mattina, insieme al corriere, la sottoscritta trova due uova, fresche, fresche, di pollaio che una simpatica vecchietta, nostra vicina, si procura da quella che lei chiama “la contadina”. E visto che sanno ancora di pollaio capita che finiscano alla coque, magari per un brunch improvvisato.

In attesa di assaggiare le bianche di Parisi (rigorosamente di galline livornesi), per l’aliciotta queste sono le migliori.

E il formato bebè? 9-10 mesi per il tuorlo (a piccoli assaggi) e 12 per l’albume per via di possibili allergie. Dopo l’anno potete agevolare l’assaggio anche 2 volte la settimana se il soggetto pare essere della scuola dell’aliciotta, dopotutto sono un concentrato facilmente digeribile di sali minerali, proteine, e vitamine. Se vi riesce preferite uova bio, di allevamento a terra.

Piesse. Per chi avesse dei dubbi sull’uovo alla coque, che sì semplice è semplice, ma vedi mai che come la sottoscritta vi dimenticate i tempi. A casa nostra è Mr B. l’esperto in materia: 3 minuti per l’uovo alla coque, 8 per l’uovo sodo.

Leggete qui e fidatevi che chi scrive non è la sottoscritta.

“L’uovo deve essere freschissimo: non superi i tre giorni di vita. E prima d’esser immerso nell’acqua della cottura, il guscio sia coscienziosamente lavato d’ogni impurità. La casseruola sia grande, l’acqua abbondante, calcolatene 250 gr. per ogni uovo. I metodi di cottura sono numerosi e possono tutti dare risultati buoni. Il più semplice consiste nell’immergere le uova nell’acqua bollente appena tolta dal fuoco. Rimettere la casseruola sul fuoco, col coperchio, e contare tre minuti di cottura dal momento che riprende l’ebollizione. Un sistema più lungo ma infinitamente migliore, è di far bollire le uova un solo minuto, lasciandole poi per cinque minuti nella loro acqua via dal fuoco. Il perfetto uovo alla Coque deve risultare liscio e spesso come una crema, tutto omogeneo e distaccato dal guscio e il rosso deve essere della stessa temperatura del bianco; tenete in acqua tiepida fino al momento di portare in tavola. Ottimo è l’uso della clessidra, per una misurazione esatta del tempo di cottura”

 Da “La cucina elegante ovvero il Quattrova illustrato” (Editoriale Domus, 1931) di E.V. Quattrova