da miralda | 05 Apr 2011 | 24-36 mesi, Dal Mondo, Estate, Il Cucchiaino di Mamma e Papà

L’idea del nido mi ha sempre affascinato, e tranquillizzato. Quando ero bambina era legata al primo libro di lettura scolastica (sapete no, quelli che durano per un intero anno), si chiamava Cipì e il mio personaggio preferito era indubbiamente Passerì. Si trattava di un racconto estremamente poetico, forse era per questo che a sette anni ne andavo matta.
Poi c’è stata la storia del nido e del pettirosso, e del non vivere invano: erano passati, uhm, direi quasi quindici anni, e ai tempi (ma ancora oggi) ero letteralmente "addicted" di una poetessa americana, Emily Dickinson.
E oggi c’è il nido, quello che sento un po’ mio, dove i cattivi umori, le malinconie sanno smorzarsi con un mezzo sorriso. Ecco questo per me è il nido. Che, col Cucchiaino, si è colorato di primavera e ha preso la forma di spaghetti bianchi, bianchi, lunghi, lunghi.
In questi giorni, dove pare che la mia energia sia stata completamente esaurita dalla primavera (ma allora è vera la storia che si racconta? non ho forze, beh sarà la primavera, scusa fantastica), sono andata a bastian contrario col tempo atmosferico. Cosa, sottolineo, che mi succede molto raramente: se splende il sole è quasi certo che sia, non dico felice, ma quasi.
E invece no. Sono andata lenta, e ho avuto voglia di nido:-).
E’ nata così la ricetta: creare un simil nido che fosse colorato, come il sorriso della primavera.
Il tutto, inutile dire, ha divertito la pupa che, a piene mani, ha sfilato e risfilato, quello che la forchetta aveva pazientemente arrotolato.

La ricetta è in un mood orientale, cominciando dagli spaghetti di riso e dalla salsa di soia (da introdurre solo dopo i 12-18 mesi).
A far da base straccetti di pollo e lattuga all’orientale, si appoggia il nido e ci si mettono baccelli e carotine.
Per i bambini dai 24 mesi e i nostalgici del nido:-).
Ingredienti (per tre)
200 gr circa di filetto di pollo
120 gr di spaghetti di riso
1 cucchiaino di salsa di soia
piselli freschi
1 carota
olio EVO
semi di sesamo
1 cipollotto
Procedimento
Lavate le verdure, cuocete i piselli e la carota per 15 minuti in acqua. Scolate e tagliate la carota a pezzettini.
In una padella stufate il cipollotto a fette sottili con un paio di cucchiai di olio d’oliva, aggiungete il filetto di pollo tagliato a striscioline sottili e passato in poca farina arricchita con semi di sesamo, unite anche la lattuga affettata a striscioline, mescolate, insaporite con un cucchiaino di salsa di soia e un pizzico di sale, spegnete.
Tuffate gli spaghetti di riso in acqua calda (non serve bollirla), leggermenta salata, mescolate e scolate dopo qualche minuto (facendo attenzione che non scuocino o incollino troppo).
Scolate la pasta, condite con un cucchiaino di olio, i piselli e taccole.
Sul piatto disponete il pollo e la lattuga, come fosse la base del vostro nido. Disponete sopra gli spaghetti a nido e servite. In alternativa potete friggere gli spaghetti in olio bollente, passandoli prima in una pastella fatta con un paio di cucchiai di farina di riso, sale e acqua frizzante ghiacciata (per bebè dopo i 24 mesi!).
da miralda | 21 Mar 2011 | 12-18 mesi, 18-24 mesi, 24-36 mesi, 6-9 mesi, 9-12 mesi, Estate, Il Cucchiaino di Mamma e Papà

E’ facile innamorarsi della primavera. C’è una sorta di ebbrezza come se veramente tutto fosse pronto a vivere, rinascere, come se tutta questa vita potesse sconfiggere con un soffio la morte accanto. E’ lo stesso che provi guardando un bambino che ti corre intorno, tanto più se è il tuo: non ti senti più come quel pesce nella boccia, confinato, limitato, ma con un piede nel futuro, anche quello che non conoscerai.
Credo sia per questo che per me la primavera è una festa, uno di quei giorni dell’anno che mi appunto nella mente. E anche io, stamattina, avrei gridato come quella bimba che ho sentito fino in casa: "E’ primavera, oggi!". Per festeggiare ho preso i vasi e ci ho fatto il pane.
Dopotutto marzo è il mese dei pazzerelli e io un po’ pazza lo sono sempre stata.
La genesi. Ossia come è nata l’idea.
Bene, di sana pianta per la pupa durante uno dei lunghi tragitti sudafricani alla richiesta "Mamma, mi racconti una storia". (e io ho il vizio stramaledetto di inventare tutto al momento e poi di inguaiarmi in giri stranissimi:-))
C’era un vaso di terracotta che avrebbe tanto voluto essere colorato, la Primavera lo accontentò. Soffiò sui fiori, sparse i semi e il vaso si colorò di violetto, rosso e giallo. E da quel dì fu felice perché anche se arrivava l’inverno lui sapeva che sarebbe rinato, di nuovo il 21 a primavera.
Dal vaso colorato al vaso paninaro il passo è stato brevissimo ( e mi sono appassionata al genere, quindi preparatevi:-))
I vasi di terracotta. Ovvero se un Cucchiaino va al vivaio.
"Buongiorno, cerco dei vasi, di varie misure, preferibilmente mini". Cucchiaino speranzoso.
"Guardi là ne abbiamo di due tipi, perfetti per le semine di primavera".
"Uhm, beh io dovrei infornarli. Sa giusto un po’ di impasto di pane, 200° non ventilato…". Cucchiaino imbarazzato.
"Deve essere il periodo, fa brutti scherzi…". Vivaista senza pietà.
"Lei non sa quindi se posso osare i 200°?". Cucchiaino ostinato.
"Il prossimo, prego". Vivaista liquidatore.

Il consiglio. Segna il posto a tavola.
Questa l’ho pensata una volta che ho ammirato i vasetti panettosi: perché non prepararne porzioni monodose con tanto di nome per i prossimi pic-nic o cene in terrazza o aperitivi o feste o quello che volete voi?
Per la pupa e…

… Mr B e la sottoscritta.

E oggi 21 di primavera mi pare giusto festeggiare, benché di primavera qui attorno pare esserne rimasta ben poca. Eppure la magia di questi panini, il profumo per casa, la gioia di sbocconcellare partendo dalla cima mi hanno trasmesso una gioia che ha il sapore delle cose lontane dell’infanzia.
Buona primavera a tutti!
piesse: nel mio procedimento ho preparato il lievitino alla sera, giusto per non dovermi preoccupare di seguire più lievitazioni il giorno dopo. Naturalmente potete anche decidere di cominciare dal mattino e arrivare all’"infornamento" a metà pomeriggio.
piesse 2.: ho abbinato alla farina manitoba farina al kamut, ecco potete ovviamente sostituire con farina 00.

Formato? Dai 9 ma anche prima per piccoli morsi di assaggio!
Ingredienti
300 gr di farina manitoba
150 gr di farina di kamut
12 gr di lievito di birra fresco (circa mezzo panetto)
1 cucchiaino di zucchero
sale
circa 150-200 ml di acqua (potete in parte sostituirla con un paio di cucchiai di latte, ricordate solo dopo i 12 mesi)
1 cucchiaio di parmigiano e 1 cucchiaino di pecorino
punte di asparagi
fave scottate in acqua
olio
Procedimento
Sciogliete circa 7 gr di lievito di birra in una tazzina di acqua tiepida con un cucchiaino di zucchero, lasciate riposare per qualche minuto, quindi mescolate insieme a 100 gr di farina manitoba e un paio di cucchiai di acqua tiepida. Mettete a lievitare per diverse ore, anche l’intera notte (in luogo fresco). Riprendete la palla lievitata, sciogliete il resto del lievito in acqua tiepida con mezzo cucchiaino di zucchero, fate fermentare per qualche minuto, quindi impastate con il resto della farina. Aggiungete dell’acqua tiepida (dove avrete fatto sciogliere un cucchiaino di sale) e il parmigiano, fate impastare nella planetaria fino a quando l’impasto si compatta intorno al gancio. Rimettete a lievitare in luogo caldo (ad esempio il forno a 35°) per due ore.
Infarinate i vasetti di terracotta, prendete l’impasto lievitato e ricavate delle piccole porzioni tonde. Posizionate l’impasto nei vasi: cercate di appoggiare la palla occupando metà vaso (in lievitazione e cottura occuperà tutto lo spazio a disposizione). Nella parte alta mettete delle fave, al centro un gambo con la punta di asparago (che poi coprirete con carta domopack, in maniera che non bruci). Spennellate con poco olio d’oliva mescolate ad un cucchiaino di latte e lasciate lievitare al calduccio per un’altra oretta.
Riscaldate il forno a 200°, spennellate nuovamente il pane di olio e latte se si è asciugato e fate cuocere per 25-30 minuti circa.
N.B. I vasi sono da riutilizzare, indi per qui pulite con pazienza rigorosamente a mano (no, la lavastoviglie proprio no) e senza detersivo!
da miralda | 15 Mar 2011 | 24-36 mesi, Dal Mondo, Il Cucchiaino di Mamma e Papà

Per me è naturalmente impossibile tornare da un viaggio e non rifare ricette appena conosciute. Capita sempre, a volte diventa una fissazione (e si mangia greco o tirolese per una settimana), mai però un piatto mi ha appassionato come il Bobotie. Sì, nel senso di interesse storico, culturale, oltre che di gusto stesso, perché capire il Bobotie (credo simbolo della cucina sudafricana come il braai o il biltong) è un po’ come scorrere gli ultimi 300 anni di storia del paese. A qualcuno sembrerà giusto una riedizione speziata della moussaka ellenica, beh sbagliato che in questa sorta di "pie" ci hanno lavorato olandesi, malesi, africani e persino gli inglesi hanno dato qualche suggerimento. Solo a pensarci farei questo piatto un giorno sì e uno no:-)
In Sudafrica l’ho sperimentato la prima volta per caso. Il nome, b-o-b-o-t-i-e, letto in menù mi ha immediatamente incuriosito, dopotutto c’è il destino in un nome, no? E a uno così non si può resistere:-).
Mi è arrivato una sorta di "pie" dolcemente speziato senza però sfoglia o altro, ma solo una crosticina frittatosa sopra. L’ho aperto e si è aperto un mondo: foglie di limone, curry dolce, coriandolo, peperoncino a pezzetti, uvetta e un sughetto che amalgamava la carne di manzo tritata all’interno. E per chi ama i gusti forti, della chutney per accompagnare.
Da lì in poi è stata una ricerca continua del santo graal, fino ad approdare agli spring rolls (in esterno proprio come gli involtini primavera cinesi) con sorpresa, ossia ripieni di bobotie. Al posto della solita salsina agrodolce "chinese style", chutney (in quel caso era all’albicocca, super!).
Fin qui il piatto. Ma poi c’è la storia, ossia come ha avuto inizio il bobotie.
Oltre 300 anni fa le navi olandesi facevano tappa a Cape Town, di ritorno dall’Asia, prima di tornare in Europa. A poco a poco però cominciarono a fermarsi e costruire. E nel fermarsi e costruire lasciavano parte delle spezie trasportate da Java, poi gli schiavi, malesiani, a cucinare per loro.
Dall’influenza fra i "kerriekerrie" asiatici, la cucina nativa sudafricana e quella dei "bianchi europei" è venuto fuori il piatto simbolo di questo paese.
Per anni, con la dominazione inglese e poi le leggi dell’apartheid, il bobotie è stato cancellato dai menù e cucinato di nascosto, a casa o nelle tavole calde malesiane di Città del Capo.
Oggi, invece è orgogliosamente presente in molti menù e non può mancare nei ristoranti che fanno cucina sudafricana.
E’ come se questo tortino riuscisse a riassumere popoli così diversi, e a rappresentare in maniera unica una nazione multicoloured.
Una dichiarazione di intenti, riuscita, più che una ricetta.

Ok, non è esattamente un piatto da pupi (e infatti lì Alice l’ha proprio ignorato) però è perfetto per il Cucchiaino di mamma&papà e beh, con il bobotie a modo mio (senza peri, peri o come diciamo noi piccante), si può raccontare di una nave che solcava oceani per portare l’"oro speziato"… la mia di pupa, qui a casa, si è convinta all’assaggio:-).
piesse: that’s bobotie visto dal forno, wow!
Ingredienti (per tre)
400 gr di carne tritata di vitello e manzo
una manciata di uvetta
1 cucchiaio di marmellata di albicocche
1 cucchiaino di curry dolce
1 chiodo di garofano
1 pizzico di zenzero in polvere
(eventuale coriandolo e curcuma)
1 spicchio di aglio
1 cipollotto
foglie di limone (o alloro, come ho fatto io)
1 uovo
1 bicchiere di latte
1 fetta di pane bianco secco
1/2 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino scarso di sale
olio d’oliva
fette di limone bio
Procedimento
Bagnate il pane con mezzo bicchiere di latte. In una casseruola fate imbiondire il cipollotto a fette sottili e l’aglio con il curry, lo zenzero, il chiodo di garofano e due o tre foglie di alloro. Aggiungete la carne, mescolate, unite sale, zucchero, marmellata, uvetta. Schiacciate il pane e aggiungete anche questo alla carne. Sbattete l’uovo con due o tre cucchiai di latte (eventualmente potete rendere il tutto più denso con uno o due cucchiai di maizena o semplice farina). Riempite una pirofila da forno con la carne, posizionate ai lati due fettine di limone, coprite con il composto di uovo. Finite con una foglia di alloro sulla superficie e passate in forno a 180° per 30 minuti circa.
da miralda | 13 Feb 2011 | 24-36 mesi, Happy Birthday!, Il Cucchiaino di Mamma e Papà, Winterzauber

Un fine settimana meraviglioso. O almeno a me è parso così. Assolutamente niente da fare o quasi. Dopo un mese di lavoro continuo anche al dì di festa, può sembrare fantastico anche solo trascorrere un weekend a casa (sì, proprio a casa, considerato che la pupa è di nuovo ammaaaalaaataaa) a bere tè con le amiche di passaggio, costruire un nuovo quartiere di mattoncini colorati proprio di fronte al nostro camino (concessione edilizia particolare), sperimentare un impasto con farina integrale e fiocchi di formaggio per le focaccine, e decidere di preparare due versioni di tartellette con Alice. Una dolce, una salata, giusto pensando al santo di oggi.
Beh, non ha prezzo:-).
Alla fine di questa settimana sarò realmente in vacanza, una vacanza lunga ben due settimane nell’emisfero sud, sud: c’è tempo di dire, raccontare e salutare.
Già questo fine settimana però mi ha messo una salutare aria di "non ho assolutamente voglia di fare nulla" che fatica a convivere con il lunedì:-).
Ammetto che aver chiuso la terza revisione del libro e poter godermi in tranquillità il solito tran tran è una goduria. Lavoro gestibile, pupa quasi gestibile, io la persona più tranquilla e dolce della casa.
E le tartellette son figlie di un paio di giorni spensierati, sì di quelli dove potresti, leggera, leggera, sospirare per il tramonto (prima che qualcuno ti gridi di svegliarti:-)) e pensare "ah, l’amour!".
Ecco, giusto per dire che ne ho approfittato e ho legato al Valentine’s day, che in verità non mi ha mai visto tra i suoi estimatori.
L’idea è nata di sfuggita venerdì quando ho adocchiato delle pere mignon durante l’unica uscita in tre giorni di reclusione. E subito ho pensato a delle tartellette, piccole con bordi da crostata. Ah, la fantasia!

Purtroppo stampini da crostatina qui da noi nemmeno l’ombra e ho ripiegato su tegliette dai bordi poco romantici che non ci hanno guadagnato (le tartellette) con la manodopera di Alice:-).
Nella mia prossima lista to-do ci sta di sicuro "acquisto di stampini da crostatina monodose" (a-d-o-r-a-b-i-l-i!!)
Però, sì un punto felice c’è. La frolla. Ne ho preparate due: una dolce, colorata al cacao e aromatizzata alla vaniglia, e una salata composta con la farina integrale, del burro salato e un cucchiaino di parmigiano. Black&white per la frolla, bianco&nero per il ripieno: super!
Loro, le tartellette non hanno fatto troppe cerimonie ed è nata un’amicizia appena sfornate, mentre con la pupa giocavo a ricomporre i pezzi di frolla.
"Ah, l’amour!".

Il formato è 24 mesi ben compiuti, e le pere potete usare una tipologia mignon da lasciare intera (io ho solo inciso delle fettine nella parte alta) oppure utilizzate pere più grandi ricavando singole fette.
Da servire calde!
Tartellette au chocolat
200 gr di farina 00
80 gr di burro
1 uovo
40 gr di cacao amaro
50 gr di zucchero
1 pizzico di lievito
vaniglia in polvere
2-3 pere
150 ml di latte intero
circa 90 gr di cioccolato fondente (o al latte)
1 cucchiaio di farina (o maizena)
20 gr di burro
1 scorzetta di limone
Procedimento
Mescolate la farina e il cacao con il burro e lo zucchero, fino a ottenere un impasto a grosse briciole. Aggiungete l’uovo, la vaniglia e il pizzico di lievito, continuate ad impastare. Finite di lavorare a mano (se state usando una planetaria), avvolgete in pellicola e lasciate riposare in frigo per un’oretta.
Nel frattempo la crema di cioccolato. In un padellino sciogliete il burro, aggiungete la maizena, quindi il latte a poco a poco e la scorzetta di limone (che poi eliminerete), mettete sul fuoco e appena comincia a scaldarsi unite il cioccolato a pezzetti. Continuate a girare per non far formare grumi. Una volta che si addensa spegnete.
Riprendete la frolla, stendete e rivestite uno stampino infarinato o imburrato da tartellette. Riempite la tartellette con la crema di cioccolate, quindi ponete nel mezzo la pera sbucciata e intagliata a fette sottili. Passate in forno a 175° per venti minuti.

Tartellette au fromage
150 gr di farina 00
50 gr di farina integrale
1 tuorlo
90 gr di burro (eventualmente salato, non aggiungete altro sale)
1 cucchiaino di parmigiano
2-3 pere
crescenza
(eventuale rosmarino)
Mescolate le due farine e il parmigiano con il burro, aggiungete quindi il tuorlo e lavorate fino ottenere una palla. Avvolgete nella pellicola, e posizionate in frigo per un’ora circa. Riprendete l’impasto, stendetelo e rivestite delle tortiere piccole. Riempite di crescenza schiacciata a forchetta, aggiungete eventuali aghi di rosmarino, posizionate al centro la pera. Cuocete in forno a 175° per venti minuti circa.
da miralda | 22 Ott 2010 | 24-36 mesi, Il Cucchiaino di Mamma e Papà, Winterzauber

Chi mi conosce lo sa. Sono nostalgica, non è che faccia molta fatica a capire mia figlia in quanto bambina ( fondamentalmente lo sono rimasta pure io, giusto un po’:-)) e di certo sono di quelle che ricordano con tenacia ( e conservano, e conservano). Ecco perché per me la polpetta (o meglio le polpette) è terribilmente, indiscutibilmente una sorta di madeleine (sì quella di Proust che equivale a dire ‘sta cosa l’ho mangiata quell’anno lì, non l’ho mai dimenticata e me la porto dentro legata a tutto un mondo). E oggi sospetto che pure la pupa farà lo stesso. Ricorderà le polpette caramella.
Partiamo dall’inizio. Quando ti chiedono il cibo della tua infanzia di solito bè uno risponde budino al cioccolato, piuttosto che biscotto tal dei tali o tortino della nonna papera o risotto al salto (bè se è di Milano:-)).
Bene io risponderei polpetta. Mia nonna, la nonna bis dell’aliciotta, è un personaggio particolare, dalle origine romane ancora ben sentite (nonostante gli anni, tanti, passati altrove).
Uno dei suoi piatti "cult" è la polpetta. Ok, tante nonne fanno o hanno fatto le polpette, ma non a tutte le ore come lei (almeno credo). Della serie che se tu andavi da lei al pomeriggio, spesso non c’era tè e biscottini, ma polpette calde, calde. Tanto che la prima volta che Mr B. capitò a casa sua ci rimase secco dalla sottoscritta che bellamente mangiava polpette al tè delle cinque.
E’ salutare? No. E’ praticabile? No, se non con moderazione. Potete farlo coi vostri pupi? Bè, forse cambierei l’orario:-).

Le polpette di mia nonna sono rimaste negli annali di famiglia come la cosa più gustosa ma pesante da ricordare (nel senso che ti si piazzavano lì e avevi voglia a recuperare te stesso nelle ore seguenti).
Oggi ha smesso di farle (diciamo per via dell’età non dico vicina ai cento ma poco ci manca), non ha finito però di dar consigli. Mentre stavo facendo quelle che vedete in foto per cena, è capitata da queste parti ed ha cercato di sabotare la mia versione più leggera (meno uova, meno parmigiano).
La pupa? Confesso: tornata dall’asilo, le ho offerto un dolcetto. Bene rifiutato a favore della polpetta (e). E lì ho capito tutto:-).
Per la ricetta io ho ripreso in parte la tradizione milanese (e aggiunto carne da brodo cotta e frullata), in parte i comandamenti di mia nonna e poi, come è abitudine della sottoscritta, ho fatto a modo mio:-).
Tenete conto che ho cotto in padella, ma vi consiglio, per formati attorno ai 12-18 mesi, di preferire la cottura in forno, più digeribile e non eccedere in uova e parmigiano ed eventualmente eliminare il cipollotto.
Per l’occasione io le ho fatte piccole, piccole, poco più grandi di un bon bon. Nella panatura esterna ho mischiato farina poca, pan grattato e semi di sesamo.
piesse: la carne lessa, naturalmente ci fate il brodo con carne mista (vitello/manzo), verdure (patata, carote, cipolla, spicchio di aglio vestito, etc…) e poi ricavate la carne.

Ingredienti (per tantissime polpette!)
400 gr di carne trita (da polpa di manzo e vitello)
un pezzo di carne bollita e poi tritata (totale circa 150-200 gr)
1 panino secco
1 mestolo di brodo (o latte, o metà e metà)
2 uova
2 cucchiai abbondanti di parmigiano
1 patata piccola lessata
1 cucchiaino di cipollotto tagliato molto sottile
1 pizzico di aglio
erbe aromatiche (prezzemolo fresco, basilico, mentuccia)
pangrattato, farina, sesamo
sale
Procedimento
Fate a pezzetti il panino secco e bagnatelo con latte e brodo. Schiacciate insieme alla patata e aggiungete la carne trita e quella lessa frullata. Mescolate e amalgamate con le uova. Aggiungete il resto degli ingredienti, se l’impasto risultasse ancora troppo secco aggiungete un po’ di brodo o latte. A questo punto formate le polpette. Se cuocete in forno potete giusto passarle in poco pangrattato e sesamo e infornare, altrimenti infarinate bene e passate in padella con olio caldo.
Servite belle calde, se volete cimentarvi anche voi nell’imballaggio ricordate di passare le polpette con pazienza nello scottex (altrimenti ungete ogni cosa!)
da miralda | 11 Ott 2010 | 24-36 mesi, Happy Birthday!

Non so ancora come sarà la giornata oggi. Di certo è vero che la sto aspettando ormai da settimane, molto più del mio di compleanno, quando ero bambina. Perché questo è stato un anno speciale, un anno in cui la pupa mi ha definitivamente e irrevocabilmente conquistata. E’ stata la parola, quella che ha preso la strada delle frasi, dei periodi, dei ricordi che cominciano ad essere revocati con un "ieri" come passato generico (che può valere per sei mesi, un giorno e magari pure un anno o quasi). La parola non più casuale o a spizzichi e storpiature ha trasformato il nostro "innamoramento" da colpo di fulmine iniziale e un sacco di faticaccia, notti insonni e "ma chi me l’ha fatto fa’", in una storia d’amore di quelle da cui non ti vuoi liberare mai più. Leggera, morbida, profumata e impalpabile, giusto come una pavlova.
Oggi sarà una giornata di lunedì, l’asilo, il lavoro, una festa, piccola, piccola, diversa dall’anno scorso, quando ci siamo trovati in una domenica d’autunno in giardino. Eppure non vedo l’ora. Che arrivi stamattina: il primo sorriso di Alice, la colazione veloce e poi di corsa asilo e saluto. E io che dico per prima "Buon Compleanno, Alice".
Gli anni, tre, pare abbiano cominciato a correre: prova ne è quel lettino che oggi sarà rimpiazzato da un letto da pupo grande formato (uno dei regali per l’aliciotta). La cosa sorprendente? Credo sia lo stupore con cui guardo mia figlia, e mi paia ancor più speciale di prima.
A qualcuno sembrerà "rimbambimento da mamma", giuro e spergiuro che non è così. Dopotutto io ci sono ancora, lì coi miei sogni, la mia irrequietudine, la voglia di spazi tutti miei, quella valigia sempre pronta per partire. E poi c’è tutta una parte in più che vedo e amo nella pupa. Parte di me, di quello che sono ed ero da bambina: la riconosco, la ricordo e per una volta non mi mette più nostalgia. Poi c’è lei, con la sua unicità tra tante somiglianze. Ed è stata la parola a rendere tutto evidente, non che non ci fosse stato prima, semplicemente ora lo accarezzi e vorresti durasse proprio per sempre:-).

La cucina? Oggi, sì ormai è mezzanotte suonata per me che scrivo, la sottoscritta correrà (perché maledizione è lunedì) per preparare giusto la pasta ai pomodorini che ha richiesto la festeggiata e qualcosa per sfamare il resto dei presenti:-).
E la torta? Pavlova rivisitata, ma poco, poco. Sì per questo compleanno dopo aver meditato su torte più rustiche e frollose, aver ripensato ad un anno fa, ho capitolato all’idea della nuvola bianca, spruzzata di viola mirtilli. Mi ha ricordato noi, questo anno, e la mia pupa, oggi.
Dopo aver studiato sul sito ufficiale degli "aussie", ho creato stando sulle orme della ballerina e del suo chef, ma alleggerendo di zucchero e reinterpretando mucho la chantilly (vedi il cucchiaino di yogurt, che la pupa adoraaaa che se mi becca uno chef mi uccide all’istante:-)). Per il resto, nulla da inventare.
Formato? Bè qui siamo ormai sui tre anni!

Ingredienti (per 8-9)
5 albumi
200 gr scarsi di zucchero a velo
1 cucchiaino di aceto bianco
1 cucchiaino di cremor tartaro (o amido di mais, in tante ricette australiane si trova anche questo, il primo ha il vantaggio di far gonfiare gli albumi)
Per la crema "chantilly" rivisitata
1/2 l di latte
2 cucchiai di maizena
polvere o estratto di vaniglia (1/2 cucchiaino)
2-3 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di yogurt
200 ml di panna fresca
300-400 gr di mirtilli
Procedimento
Sbattete gli albumi (a temperatura ambiente) con le fruste a velocità massima, aggiungete a poco a poco lo zucchero a velo, l’aceto e il cremor tartaro. A questo punto riscaldate il forno a 120°, foderate di carta da forno una teglia o la placca e versate a cucchiaiate la meringa (con una sac à poche ho fatto in modo che i bordi risultassero più alti rispetto al centro).
Fate cuocere per due/tre ore: la meringa dovrà semplicemente asciugarsi, e rispetto al solito dovrà rimanere per la pavlova croccante fuori e morbida dentro.

La crema. Considerate che la base (senza tuorli) è una sorta di besciamella dolce. Quindi stemperate nel latte freddo zucchero e maizena, mettete sul fuoco e girate dolcemente unendo anche la vaniglia. Continuate a mescolare fino a quando si addenserà. Spegnete e lasciate raffreddare. Nel frattempo montate la panna (fredda di frigo). Unite parte della panna (circa la metà) alla crema insieme al cucchiaio di yogurt.
La coulisse di mirtilli. In un pentolino fate cuocere poco meno della metà dei mirtilli con un cucchiaio di zucchero, fino a quando si sfalderanno. Spegnete, fate raffreddare e passate al colino.

E finalmente ci siete! Assemblamento:-). Riempite il centro della meringa con la crema, posizionate sopra i mirtilli e con il resto della panna nella sache a poche decorate la parte sopra e i bordi. Fate colare delle gocce di coulisse sopra la panna e servite. Attenti al dito: il pupo ci prova sempre all’arrembaggio di panna e mirtilli!
