Primavera, equinozi e piselli!
Pensi che la primavera stia tutta in una riga di poesia. Con quel 21 ben stampato nella memoria: questione di luce, giornate che si fanno tiepide e rami che si colorano. Bene, così è ma si tratta di equinozi. E quest’anno, e quello dopo e quello dopo ancora, la primavera arriva il 20. Niente 21. E per una che aspetta il 21 a primavera per tutto l’anno, nemmeno fosse Natale o il compleanno, questa cosa è destabilizzante. Metteteci una settimana di grigio, Lui via oltreoceano e pochissime forze per macinare i devo.
Poi basta una giornata di sole, una manciata di piselli freschi e una pupa al seguito dal "verduriferofruttivendolo" e tutto cambia.
"Mamma, i piselli! Li prendiamo?". Ultimamente ho un fruttivendolo che mi procaccia di tutto e di più, cose impensabili e improbabili (e di cui a volte mi vergogno, sob!) per lavoro. Tipo quando a febbraio, sotto la neve, ho cercato gli asparagi o l’altra settimana ho chiesto della possibilità di rintracciare dei cachi (poi eliminati dalla lista di foto possibili…).
Il lato positivo è che le sue origini siciliane fanno in modo che trovi da lui arrivi che sanno già di primavera. Come i piselli. Ammetto che la sottoscritta, nel suo tour lavoro-foto-asilo-spesa al volo di cose dimenticate- ritorno alla base, i piselli li aveva un po’ snobbati. E guardato scettica chi affermava che erano ottimi crudi.
Li ha testati Alice: sgranati lì e mangiucchiati come fossero caramelline verde smeraldo.
"Mamma, sono dolci!".
E cosa può fare primavera se non una sgranatura di bacelli? Questa è stata veramente speciale, consumata in compagnia anche della più piccola di casa, dedita soprattutto all’assaggio dei bacelli, lol!
Lo spettacolo delle mie due primavere mi ha riconciliato con con tutti quei devo che occupano troppi spazi della mia giornata ultimamente.
E come primavera comanda i piselli sono finiti in una preparazione di quelle tanto semplici da parere banali nel "perché non ci ho mai pensato?".
Crudi, sì, crudi, marinati per un’oretta in una citronette a base di olio extravergine, limone, erbe selvatiche altoatesine (ortica, calendula, fiordaliso, timo etc..) in sostituzione della menta fresca che non avevo (e che consiglio vivamente!) e pezzetti sbriciolati di feta.
Vi auguro buon inizio primavera e vi rimando a questo link qui per donare tante primavere a chi sta cercando di camminare verso casa!
E’ carnevale, mascherina!
C’è un costume verde smeraldo, di voile leggero e svolazzante. Due ali, per correre in alto e un cestino, di rami di quercia antica, per raccogliere a piene mani la polvere di fata. E c’è una bimba, cinque anni e un piccolo pezzetto, che non vede l’ora di diventare qualcun altro.
E poi ci sono due orecchie, criniere di sole e terra per la leoncina di casa. Uhm, lei non credo ne capisca molto, ma pare adorare quei fili di lana morbidi da strofinarsi addosso e mangiucchiare.
C’è poi una mascherina, rosso scarlatto, per la ragazza di casa che sogna ogni giorno di trasformarsi e trasformare, dopottutto i regni di tanto, tanto lontano a volte sono così vicini:-)
Per noi è Carnevale da domani, prima qui, poi là e poi ancora di là. Per le strade, nelle stelle e nelle manciate di colore francobollo lanciati fino al cielo.
Oggi, tra una torta da rifare per lavoro (sigh, sigh…) e un’altra infornata nuovamente si sono infilate queste mascherine per il mio Cucchiaino!
L’impasto è leggero, leggero, di farina di mais fioretto (di quella fine, fine), olio e succo di arancia. Poco zucchero. E le mani ad impastare con quei gesti che ti riconcialino la giornata.
Per decorare ho utilizzato "gocce di sole", una delizia acquistata un mesetto fa al mercato Viaduckt di Zurigo: si tratta di semi di girasole ricoperti di cioccolato.
Un’alternativa alle solite caramelline al cioccolato colorate:-)
Per tante mascherine fate come noi:
150 g di farina di mais fioretto
100 g di farina 00
70 g di zucchero
il succo di arancia di buone dimensioni
1 tuorlo d’uovo
120 ml di olio di semi di girasole
1 cucchiaino di bicarbonato
confetti di cioccolato
Mescolate il tuorlo d’uovo con lo zucchero, aggiungete l’olio e il succo di arancia, quindi unite le due farine setacciate con il bicarbonato.
Impastate a mano fino a ottenere una palla morbida ma compatta. Rivestite con della pellicola e trasferite in frigo per una buona mezz’ora. Riprendete l’impasto, stendetelo su carta da forno e ritagliate le mascherine. Decorate coi confettie cuocete in forno preriscaldato a 175° per 10 minuti circa.
Spaghetti spaziali e cavoli rapa
Potrei dire del tempo che corre troppo veloce (ma è vero, mica è una scusa) o dei troppi impegni arrivati tutti insieme (bene, mai lamentarsi del troppo lavoro:-)), oppure di qualche giorno sull’isola giusto per ricordarsi che alla fine anche se gli anni passano vale sempre la pena festeggiare. Potrei dire di tanto ma alla fine quando qualche minuto fa ho aperto il blog, rimandando la pausa pranzo, ho pensato che proprio, ma proprio non si poteva più guardare un post che brindava all’anno vecchio e a quello nuovo.
Quindi scrivo. Veloce, giusto per non perdere traccia dei nostri pasticciamenti nella vita che va più rapida ormai dei miei pensieri:-).
Parliamo di cavoli, di rape e di una ricetta da fare a quattro mani (che Alice si è divertita rendendosi utile alla causa familiare "metti il piatto in tavola":-)).
L’idea di partenza non è mia. Mesi fa avevo visto una foto dove il solito wustel veniva reinventato in una veste creativa: tagliato a fettine e infilzato con gli spaghetti. A prova di bambino, di quelli duri e puri che la fame non sanno bene cosa sia.
Noi di wustel ne consumiamo pochi. Per Alice è un piatto che si collega con i monti, dell’Alto Adige soprattutto.
Qauclhe settimana fa però andavo di fretta: nel frigorifero avevo ancora dei wustel e dei cavoli rapa acquistati a inizio dicembre durante un weekend a Zurigo, a trovare zii e cuginetti. Mi è venuta in mente quella foto. E ho messo Alice al lavoro. Un modo per stare insieme mentre preparavo la cena. Mamma e figlia (ormai sempre più brava, devo ammetterlo).
Ho tagliato i wustel a tocchetti e Alice ha spezzato degli spaghettini e li ha infilati nelle fette: parevano degli oggetti spaziali.
Dal primo esperimento ne sono nati altri (bisogno di dirlo?:-)) con tocchetti di prosciutto cotto tirolese e persino salmone (vedete qui). Il tutto mai semplicemente bollito ma inserito in basi di verdura passata.
Col wustel, visto il contesto molto "germanico" ho abbinato dei cavoli rapa (in tedesco li chiamano Kohlrabi) acquistati al mercato Viaduckt di Zurigo, posto da segnarsi se siete da quelle parti: direi molto "svizzero" e interessante soprattutto per la location (un vero e proprio viadotto ferroviario) più che per il mercato stesso (ecco niente di paragonabile al Borough di Londra:-).
La ricetta.
Per smorzare il gusto da rapa ci ho aggiunto metà mela e una patata e ho utilizzato due o tre cucchiai di vellutata per Lea (10 mesi). Ottimo!
Ingredienti (per 3+ un bebè)
3 cavoli rapa
1 patata
1/2 mela
cipollotto
2 wustel tipo wiener o una fetta di prosciutto cotto tirolese (o Praga) tagliato a un cm di altezza
una manciata di spaghettini (circa 50 g)
olio extravergine d’oliva
sale, cumino
Procedimento
Pelate il cavolo rapa e la patata, sbucciate la mela. Tagliate tutto a tocchetti, lasciate stufare un cipollotto affettato sottilmente con un cucchiaio di olio extravergine e unite le verdure e la mela. Rabboccate con acqua tiepida e lasciate cuocere lentamente fino a quando risulteranno morbide. Passate al mixer. A questo punto io ho tolto un mestolo per Lea e ho aggiustato il resto con sale e un cucchiaio di cumino.
Con Alice ho preparato gli spaghetti. Ho tagliato i wustel a tocchetti e li ho fatti saltare in padella per un minuto con un cucchiaio di olio. Li ho quindi ripresi, fatti raffreddare per qualche minuto. Abbiamo spezzato gli spaghettini (lunghezza di circa 3-4 cm) e li abbiamo infilati nei pezzi di wustel.
Ho fatto cuocere gli spaghetti nella vellutata di rapa e srevite ben calda.
La principessa col cuore di vetro
C’era una volta una principessa senza cuore. Non era cattiva ma non sapeva amare.
Osservava il suo regno da una finestra e sorrideva triste coi suoi occhi che avevano il colore dei laghi d’inverno pcoo prima che una sottile lastra di ghiaccio li nasconda al cielo. Quando cadeva lenta la neve, avvolgendo come una coperta ogni cosa, appoggiava la sua mano esile al vetro: non avvertiva il freddo. E quando il sole accarezzava le prime viole non sentiva il tepore della primavera nell’aria.
Molti avrebbero voluto l’amore della principessa ma tutti si arrendevano al suo primo sguardo. Erano spaventati da una vita senza cuore. E tornavano nei loro castelli sospirando per la sconfitta.
La principessa sussurrava al vento i suoi pensieri: “Vorrei un cuore, un cuore che si potesse spezzare, che fosse capace di ridere e soffrire…”. La sua voce volava lontano, lontano, là dove il suo regno finiva e si confondeva con altri regni. La fata dell’acqua la sentì, giorno dopo giorno, anno dopo anno e ne ebbe compassione. Raccolse la sua voce e la mescolò ai torrenti e poi ai fiumi che andavano fino al mare. E il suo desiderio riuscì ad arrivare fino all’altra parte del mondo: un principe lo raccolse fra le sue mani.Camminò per mesi e mesi seguendo i torrenti, e poi i fiumi e navigando i mari.Era leggero, lieve e aveva un profumo che gli ricordava la sua infanzia. Sapeva di nostalgia.
I suoi occhi videro la gioia e il dolore: le sue spalle si incurvarono sotto il peso della fatica, i suoi capelli ingrigirono nelle tempeste, ma i suoi occhi impararono a vedere la luce nel buio e le sue mani ad accarezzare senza perdere la loro forza.
Arrivò nel regno della principessa senza cuore. Era inverno e il principe affondava i suoi passi, lenti e affaticati, nel manto candido.
Osservò il suo volto dalla finestra: non aveva visto niente di più bello nella sua vita. Si sentì triste come mai lo era stato: dai suoi occhi cadde una lacrima. E poi un’altra ancora: era arrivato a casa.
Le sue lacrime si mescolarono alla luce del tramonto: parevano un arcobaleno di vetro. Lui le raccolse e le lacrime diventarono un cuore.
La principessa per la prima volta sentì il freddo e poi il caldo. Il suo volto sorrise: ora aveva un cuore anche lei. piesse: il post "favola" inaugura una nuova rubrica, uhm, "Favole da mangiare":-), che ne dite? ripiesse: sotto la ricetta "24 giorni a Natale"!
La ricetta dei biscotti di vetro.
Ingredienti
200 g di farina 00
50 g di farina di riso
125 g di burro
90 g di zucchero
1 tuorlo
semi di vaniglia
un pizzico di sale
caramelle dure alla frutta
Procedimento
Lavorate il burro a temperatura ambiente con lo zucchero fino a ottenere un composto spumoso. Unite quindi le farine e il pizzico di sale con il tuorlo. Profumate con la vaniglia e continuate a lavorare: dovrete avere una palla morbida e compatta. Avvolgetela nella pellicola e lasciate raffreddare in frigo per 30 minuti circa.
Ora prendete le caramelle. Io le ho pestate in un mortaio suddividendo i vari colori, in mancanza va benissimo un sacchettino di plastica e un batticarne.
Riprendete l’impasto e stendetelo a circa 3 mm di altezza, ritagliate la vostra forma. Quindi ritagliate l’interno con una forma identica ma più piccola o altro a vostro piacimento. Passate i biscotti per 5 minuti in forno a 175°, riprendeteli e rimepite l’interno con la polvere di caramella e rimetteteli in forno per latri 5 minuti circa.
Trasferite i biscotti su un piano e lasciateli raffreddare fino a quando l’interno si indurisce.
Nel caso vogliate utlizzarli per decorare l’albero di Natale, potete incidere prima di cuocerli un piccolo foro nella parte alta.
Di stelle alpine e fiori di campo. Arrivederci a settembre…
Luglio è passato veloce, tra le prime vacanze e i bagliori di estate assoluta. I giorni sono corsi, come ormai sanno fare mio malgrado. Tra le mani le prime manciate di ricordi, quelli della montagna, che odorano ancora di fiori di campo mentre nelle orecchie ho, ora, la voce forte e calda delle cicale. Davanti settimane sull’isola tra i primi “bagni” della pupa piccola e le nuotate di quella più grande, ormai in stile libero:-).
Tra tutti segnatevi L’Murin Osteria, gemella della Stua de Michil de l’Hotel La Perla: noi ci siamo andati per cena con 4 bambine, arrivati c’erano già pennarelli e fogli per disegnare e occupare l’attesa dei piatti, in un ambiente da favola e una cucina, informale e di una manciata di proposte, di chiara appartenenza all’altro ristorante stellato dell’albergo. E ci siamo sentiti completamente a nostro agio, nonostante la confusione che ci abbiamo portato.
A proposito qui ho fatto merenda (anzi abbiamo, visto che Alice lo ha adorato:-)) uno degli strudel migliori della mia vita, rigorosamente di stagione, ripieno di albicocche con una morbida pasta sucrè.
qualche cucchiaio di latte o panna fresca e brodo vegetale
olio EVO
burro (magari di malga:-))
sale, rosmarino
Procedimento
Pelate le patate e sbucciate le mele. Grattugiate tutto a julienne, affettate il cipollotto e fatelo dorare in una grossa padella con un cucchiaio abbondante di olio. Aggiungete patate e mele, mescolate, profumate con il rosmarino e bagnate con brodo vegetale se si asciuga troppo. Portate a cottura, aggiustate di sale. Mantecate il condimento con latte o panna e una bella noce di burro. Ora bollite la pasta, e passatela al dente in padella. Servite con una buona grattugiata di formaggio a scaglie.