Pancake del martedì grasso (o quasi)

Ha riaperto la cucina e pure il blog. Dopo due settimane e più è stato come dare una bella scrollata a polvere e ragnatele, una sensazione strana, considerato che non facevo una lontananza da rete e connessioni così lunga da un bel pezzo . Ammetto di sentirmi ancora sospesa, una parte della testa qui e gli occhi che vedono ancora tutt’altro. E ieri guidare verso Milano, giornata grigia, coda variabile e pensare che soli due giorni prima avevo un giovane leone di fianco (e il nostro, beh, era l’unico veicolo o quasi nel raggio di chilometri) è stato un pochetto "destabilizzante".
Della serie uhm, non so chi sono e dove devo andare:-). 

Unico punto fermo di questi giorni? Il carnevale!

A qualcuno sembrerò matta, ma con una pupa all’asilo è tutto un "ci vuole un costume, facciamo una maschera, soffiamo a pieni polmoni sui quattro tubi di stelle filanti e cospargiamoci di coriandoli". Beh, non ero pronta perché pensavo che Carnevale fosse già bello che passato.

Ed è stato così che alla lista dei "to do" di questa settimana (a proposito, non sono ancora venuta a capo delle 2000 foto fatte, ma prometto di raccontare e mostrare quanto prima) si è aggiunta la "missione Carnevale" che detta così fa ridere ma mica è poi uno scherzo. Per di più ho pensato che a questo punto sarebbe simpatico calarmi nella festa pure io e mi sta frullando l’idea di giusto una mascherina e un parruccone per la sottoscritta:-). Ma forse anche no.

 

Intanto dovendo riaprire la cucina e appunto essendo in tema Carnevale, ho ripensato al "Pancake Day" scoperto l’anno scorso durante i due mesi a Londra. Una sorta di "grande abbuffata della frittella" ma in versione anglosassone: quindi pancakes e tanto sciroppo d’acero.

L’idea è nata negli Stati Uniti (ma va?) dove si corre con la padella in mano (no, non è uno scherzo).
E nella padella che ci sta? Il pancake che va girato almeno tre volte se vuoi avere una chance di vincere. E come mai? Tutta colpa di una donna che si era attardata in cucina all’ora della messa e aveva pensato bene di andarci finendo di preparare i pancakes per strada: un giro qua, una preghiera là e via. 

 

Pure io vado di fretta in questi giorni, però no, ancora non mi sono cimentata alla corsa con padella e frittella (però potrei farlo giusto a Carnevale, dove pure i pazzi sono sdoganati:-)). 

 

Il pancake è una sorta di frittatina dolce, io ci ho aggiunto una mela grattuggiata a julienne e cannella. 

Potete anche optare per la cottura in forno per un risultato più leggero adatto ai pupi più piccoli (dai 15 mesi in poi).

Ingredienti (per una decina di pancake)

1 uovo

90 gr di farina 00 (o 50 di farina 00 e 40 di altra farina, esempio integrale o kamut)

1 cucchiaio scarso di zucchero di canna

1 pizzico di lievito per dolci

1/2 bicchiere di latte e due cucchiai di yogurt naturale 

1 pizzico di cannella

2/3 spicchi di mela renetta, sbucciata e grattuggiata a julienne
scorzetta di limone bio

un pezzetto di burro

sciroppo d’acero o di agave

(eventuale manciata di uvetta, che fa frittella all’italiana:-)) 

Procedimento

Stempera la farina con il lievito, lo zucchero e la cannella. Aggiungi l’uovo, il latte e lo yogurt. Mescola e unisci la mela grattuggiata e la scorza di limone. Lascia riposare per venti minuti. Prendi una padella , fai sciogliere un pezzetto di burro e versa un cucchiaio di composto. Appena comincia a rapprendersi e fare bollicine gira dall’altra parte e porta a cottura. Servi caldi con sciroppo d’acero. Puoi anche cuocere in forno: basta versare il composto in una terrina ricoperta da carta da forno e cuocere a 170° per circa venti minuti.

 

 

 

 

Il tortino di riso (Venere, quasi nero)

Oggi, una giornata di quelle che iniziano tranquille, dove sei a casa e sei sola. Un caffè, il quotidiano tutto tuo, Stan Getz di sottofondo. E quel tortino nero, profumato di arancia. Ok, poi la mattinata è stata un vero inferno, ma questo meglio non raccontarlo:-).

Invece, ecco, il tortino. E’ di quelli nati per strada, un’annotazione appuntata sul taccuino, mesi e mesi lì, dimenticata. Mi sono ricordata della farina di riso Venere qualche settimana fa, quando ho preparato dei biscotti finiti nel libro. Dovendo portare della farina a macinare ho pensato bene di aggiungerci un pacchetto di riso nero.  Mi sono ricordata di un articolo letto mesi fa (perdonatemi ma non saprei più dire della fonte…) e ci ho aggiunto l’arancia, quella spremuta e quella avanzata. Della serie qui non si butta niente:-).

Ora sono qui che scrivo, avrei dovuto farlo ore fa, ma come dicevo la mattinata è stataaa parechiooo movimentata. E adesso penso a come le cose cambiano, si evolvono e beh si trasformano (lo so pare la scoperta dell’acqua calda da Eraclito in poi), però cade proprio a caso nostro. 

 

1. La spremuta

Non è una gran ricetta, è giusto un pensiero (di Mr B.) per rendere il succo di arancia più gradito alla pupa. Cosa ha fatto papà? Ci ha aggiunto mezza banana frullata insieme alla spremuta passata diligentemente al colino. Premiato per il suo impegno (e soprattutto perché mi ha messo a disposizione gli avanzi). Voto? Fate voi.

 

2. Il tortino di Venere con quello che rimane o quasi.

Una mattina ho affidato le mie farine, bianca e nera, a qualcuno che già andava al mulino per macinare. Bene la farina nera è tornata sporca di bianco, mannaggia: non hanno pensato fosse importante mantenere quel tono scuro, scuro.

E io cosa ho fatto? Sfoderato il colore viola (alimentare, appena comprato) l’ho aggiunto nella preparazione (ma voi non fatelo:-)). Poi ho pensato ad un articolo letto sul reciclaggio degli avanzi (o se proprio vogliamo dirla meglio, di tutto ciò che solitamente finisce nella pattumiera) e ho preparato della gelatina con la polpa di arancia che di solito resta nella parte alta dello spremiagrumi.

Il tortino è risultato perfetto con un gusto molto particolare dato dalla farina di riso Venere e la sorpresa dell’arancia nel mezzo. Colorante viola a parte:-)

Naturalmente in mancanza di riso Venere o mulino o di entrambe le cose, potete sostituire con farina di riso tradizionale. E non ostinatevi come la sottoscritta a perseguire l’effetto cromatico, pare comunque si ottenga con la sola farina di riso Venere un colore violetto più che nero:-).

La ricetta è formato 18-24 mesi.

 

Ingredienti

250 gr di farina di riso Venere

3 uova
90 ml di latte (o metà latte e metà yogurt)
80 gr di zucchero 

1/2 bustina di lievito per dolci

50 ml di olio d’oliva delicato o semi

1 pizzico di cannella

(50 gr di mandorle frullate)

Per la gelatina di arancia

la polpa avanzata di quattro arance

1 cucchiaino di agar-agar

1 cucchiaino di zucchero

 

Procedimento

La gelatina. Mescolare la polpa di arancia con l’agar-agar e lo zucchero, riscaldare lentamente per qualche minuto. Spegnere e lasciar raffreddare. Riempire con il liquido dei cubotti da ghiaccio e passare in freezer per un’oretta circa.

Montare gli albumi a neve, mescolare i tuorli con lo zucchero, fino a ottenere un composto spumoso, aggiungere l’olio e il latte, quindi gli albumi. Stemperare la farina con il lievito e la cannella e unirla gentilmente all’impasto. 

Riempire con il composto degli stampini da muffin poco sotto l’orlo. Tuffare nel mezzo un cubotto di arancia e cuocere in forno per 20-30 minuti. Potete decorare con zucchero a granella o una spolverata di cannella. Da servire con spremuta di arancia!

Lo stufatino…

 

Già a chiamarlo così, con quel diminutivo, "ino", mi pare che ci guadagni il mio umore. Perché lo stufato conforta, quasi come una zuppa o purè, gli animi "afflitti":-). O in fase di settimana da lunedì perenne: quando non ne riesce una giusta e sai che va beh è lunedì (e io "odio il lunedì") e questa cosa continua, martedì e mercoledì.
Io, memore del profumino da stufato serio alla Julia Child, mi sono cimentata con una versione che a dire il vero con il "boeuf bourguignon" ha poco a che vedere. Tipico della sottoscritta. A mia discolpa due fattori: la pupa e la nonna (la "bis" dell’aliciotta per intenderci). La prima ancora a dieta bianca, la seconda a dieta light, causa diabete fuori controllo.

Voi cosa amate degli stufati? Personalmente adoro il profumo, la lunghezza di cottura (son matta??) e quel "calduccio consistenza brodosa" che finisce nel piatto. Poi che siano di carne, o pesce (magari in versione tajine o ) o di sole verdure per me è poco importante.
Per farla breve mi conforta quella casseruola (il mio sogno sarebbe una vera, vera Le Creuset total white) che borbotta sul fuoco, rigorosamente basso, a cui puoi dedicare un’attenzione abbastanza saltuaria in quel paio d’ore circa di cottura. E per me che appartengo alla categoria di chi ogni tanto si dimentica la pentola sul fuoco, preparare lo stufato è "tranquillizzante". 

Se poi optate per la versione infornata, sulla scia di Julia Child, diventa ancora più semplice:-).
 
Trovo incredibile la capacità dello stufato di diventare diverso a seconda dei paesi e delle tradizioni, tanto che una ricetta a tutta prima molto casalinga e dai sapori "nostrani", con l’aggiunta di spezie o la variazione della modalità di cottura si trasforma in un soggetto culinario altamente esotico. 
Beh per me è affascinante e oltremodo divertente, considerato che in cucina sono "irriverente" ai percorsi tradizionali:-).
Ergo, quando si parla di stufato non andate immediatamente a pensare al solito spezzattino con qualche verdura e molta "puciacca" perché in realtà c’è un mondo davanti di gulash, "boeuf bourguignonne", carbonade, tajine, Irish stew, per non parlare di tutti gli stufati speziati thai&co. 
 
Chiusa la digressione, veniamo al nostro "stufatino". 
Io ho scelto tutte verdure rigorosamente bianche, perché? Una mania di questo periodo, a cui si è aggiunto il fatto che sono partita dal topinambur, che doveva assolutamente essere presente. Dalle sue proprietà pare infatti che grazie all’inulina contenuta possa avere effetti positivi sul diabete (quasi miracolosi, stando agli ultimi studi scientifici), abbassando i livelli di glicemia.
E siccome ho cercato di convincere più volte mia nonna all’assaggio (e uso) del tubero, ho provato a proporglielo a cena da noi:-).
Naturale poi che il topinambur sia perfetto pure per i pupi, anche di piccolo formato.
Ladies&Gentlemen, et voilà "il nostro stufatino invernale". Bon Appetit!
piesse. le porzioni sono per quattro (noi tre+nonna), se volete la porzione per singolo pupo dividete per cinque-sei le quantità e ricavate.
  
Ingredienti (per quattro)
400 gr di carne di vitello (tipo noce o spalla)
300 gr di topinambur
1 patata
1 spicchio di sedano rapa (circa 150 gr)
1/2 mela
1 cipollotto
1 spicchio di aglio
erbe aromatiche (alloro, rosmarino, salvia in mazzetto poi da togliere)
olio EVO
brodo vegetale
bacche di ginepro, chiodi di garofano
(eventuale sale)
 
Procedimento
Tagliate la carne a pezzi (tipo spezzattino) e pulite le verdure, tagliandole tutte a pezzetti, e affettando il cipollotto. Lasciate stufare lo spicchio d’aglio intero (che poi toglierete) e il cipollotto con il mazzetto di erbe aromatiche, aggiungete la carne e le spezie, rosolate leggermente. Unite il resto delle verdure e bagnate con il brodo fino a raggiungere metà dell’altezza del vostro stufato. Coprite con coperchio, abbassate il fuoco. La cottura deve essere lenta, lenta, ogni tanto girate e controllate che non si sia consumato troppo brodo. I vostro stufato sarà pronto quando la carne sarà bella morbida e il tutto ben saporito:-). 
 
 
 

Buona Vigilia! (e beh auguri!)

Non ho ancora conosciuto nessuno che adori la vigilia (di Natale) quanto me. Naturalmente c’è Alice, e credo parecchi altri pupi, però il formato è ben diverso. Pensavo che col passare degli anni le cose cambiassero ma così non è. E’ inutile l’attesa mi piace cento volte di più, devo ancora capire se è da considerarsi in maniera positiva (sono sostanzialmente rimasta un po’ bambina come dice qualcuno) o se invece sono tendente al leopardiano (sapete no di quel sabato del villaggio centomila volte meglio della benedetta domenica). 

Comunque oggi tra un pacchetto e l’altro, quei biglietti ancora da scrivere e che cavolo cucino domani sera, volevo farvi ufficialmente gli auguri.
Per un magico 24 dicembre e un Buon Natale!

(piesse: e ricordarvi che avete tempo fino al 7 gennaio per l’invio della ricetta per il libro de Il Cucchiaino)

Per quello che ci riguarda domani sera aspetteremo la mezzanotte (uhm, Alice forse no:-)), con latte e carota per Rudolph (la renna) e cioccolata calda con dei Lussekatter (dolcetti (gattini) di Santa Lucia svedesi).

Quella di latte e carota con fetta di pane è una tradizione dei paesi del Nord che mi piace, ma che non ho mai osato seguire fino all’arrivo di Alice. Con lei per casa diciamo che non ho più limiti a storie, racconti e fantasie:-).

 

piesse. la ricetta dei Lussekatter la trovate qui(sempre targata Cucchiaino, naturalmente), mentre la cioccolata calda è rigorosamente homemade (e formato 24 mesi).

Ingredienti (per tre)

400 ml di latte fresco intero

100 gr di cioccolato fondente (io uso quello al 70%)

1 cucchiaio di maizena

1 cucchiaino di zucchero

(eventuale cannella o grani di zucchero)

 

Procedimento

Fate a pezzetti il cioccolato e mettetelo in un pentolino con 1/4 di latte. Riscaldate dolcemente facendo sciogliere senza bollire. Riscaldate il resto del latte e stemperate con quello zucchero e maizena. Unite questo latte al cioccolato e continuate a mescolare per qualche minuto su fuoco basso fino a quando si addensa. Spegnete, eventualmente aromatizzate con un cucchiaino di cannella e servite.

Non chiamatelo minipanettone:-)

Tornata ieri a casa la sensazione è stata molto strana. Mi è capitato di partire in inverno. Alcune volte per posti caldi: appena rientrata mi prendeva di solito lo sconforto e lo slancio, tipo salto in triplo lungo, verso la primavera. Altre volte per posti freddi, giusto un po’ più freddi e con neve non occasionale. Mai invece di partire per un luogo veramente freddo, oserei dire polare, con neve dall’aspetto perenne, tornare e sentirmi a perfetto mio agio con lo zero di oggi e la poca neve sui tetti. A mio agio al freddo, fantastico (e dovreste conoscermi per capirlo proprio bene), "Let it snow" sullo sfondo e io a impastare delle mini cupcakes natalizie, che paiono minipanettoncini ma non lo sono. 

Del viaggio nel grande freddo prometto racconto, intanto rassicuro: siamo tornati e non ci siamo trasformati in cubetti di ghiaccio. Però mi è presa l’idea di sfornare, fra le valigie da disfare, mail da guardare, risposte da dare, e mannaggia domani devo proprio andare nella Milano prenatalizia (in auto) per lavoro. 

Accantonata la possibilità di un vero minipanettoncino (avrei dovuto decidermi un paio di giorni fa considerando i tempi di lievitazione), ho optato per qualcosa di molto più veloce, ma profumato, bello e mignon e che soprattutto solo a guardarlo ti parte il "Let it snow" e "Buon Natale, Merry Ch’stamas", etc…

Per di più il mese scorso avevo comprato dei fantastici pirottini, ammetto che l’acquisto era stato dettato da puro e semplice motivo estetico e quando sono arrivati li avevo fatti sparire sotto la montagna di contenitori e simili che ci sono del secondo cassetto sotto il forno.

Mi sentivo in colpa, dopotutto mica mi mancavano i pirottini. Bene, sbagliato. Perché non sai mai quale pirottino ti può capitare a tiro e non tutti i pirottini sono uguali. Questi hanno la meravigliosa capacità di accompagnare la lievitazione verso l’alto del tuo dolcetto (o almeno questa è stata la mia impressione), addirittura strabordando (se non amministri con saggezza le quantità, cosa che io non ho fatto) e di regalarti una sorta di muffin travestito da cupcake che oggi, 22 dicembre, Italia, a tanti potrebbe apparire un panettone mignon.

Con tutto il bianco che ho ancora negli occhi non ho potuto fare a meno di imbiancarli, una volta usciti dal forno, giusto un po’ di glassa reale a limone, zucchero e acqua. 

Pensate che per ora questo è stata la cosa più simile (di foggia) a un panettone mangiata a tutt’oggi. Bè rimedierò per la vigilia.

Infine. Il dolcetto è molto semplice, per di più è morbido con mele fresche quindi perfetto per pupi formato 12 mesi abbondanti. Evitate al limite la glassa per non abbondare con troppo zucchero coi bebè più piccoli.

piesse. Io ho in realtà preparato due versioni, una per bebè, la seconda per adulti, mettendo le mele a bagno nel glogg (una sorta di vino speziato natalizio dei paesi nordici di cui io vado matta in questo periodo) e utilizzando un paio di cucchiai nell’impasto . Dove lo trovate? Uhm, credo si trovi al supermercato, altrimenti di sicuro c’è l’immancabile bottiglia all’Ikea natalizia. Alternativa? Utilizzate del vin brulè:-)

 

Ingredienti

200 gr di farina

50 gr di farina integrale

70 gr di zucchero di canna

2 uova

50 ml di olio di semi (o oliva molto delicato)

1/2 barattolo abbondante di yogurt naturale

100 ml di latte

1 /2 mele renette

1 cucchiaino di cannella e zenzero

1/2 bustina di lievito

scorza di limone e arancia

 

Per la glassa

acqua, zucchero a velo, limone

 

Procedimento

Mescolate insieme uova, olio, latte e yogurt, a questo punto aggiungete gli ingredienti solidi. Le due farine stemperate con le spezie, lo zucchero e il lievito. Unite al composto anche le mele a cubetti piccoli (come detto se volete fare come la sottoscritta lasciatele a bagno una decina di minuti nel glogg o vin brulè), tenete separati i due composti se optate per una versione più "alcolica". Riempite i pirottini fino a 3/4 e infornate a 175° per circa 20-25 minuti. Una volta pronti (lo saprete perché dovranno essere ben gonfi che con una crepa nel mezzo), lasciate riposare fino a quando si raffreddono, quindi decorateli con la glassa bianca fatta con zucchero a velo e qualche goccia di limone e acqua.

 

Spekulatius e il diabolico (in legno)

Non l’ho pensato nemmeno per un momento che fosse facile. Ma non ho creduto fosse impossibile. Dopotutto lo stampino per biscotti in legno mi è piaciuto subito: visto, click, acquistato. E mi è sembrata una brillante idea cimentarmi proprio il giorno di San Nicola con la pupa a casa per ponte, e festività milanese aggiunta alla causa pur abitando in provincia. 

Ecco è stato bello fino a quando non è venuto il momento di cominciare ad appoggiare la "deliziosa" formina in legno per ricavare il biscotto. 

Alla pazienza infinita si è aggiunta la mia espressione perplessa quando ho sfornato gli Spekulatius: le incisioni di albero, candela, barba di Babbo Natale e vischio erano diventate ombre cinesi, direi talmente cinesi da essere indecifrabili.
 

 

 

Gli Spekulatius (o Speculoos per dirla alla Cavoletto) sono uno dei biscotti tipici, stratipici dei paesi del Nord, dalla Germania al Belgio per l’appunto. L’aspetto che mi ha affascinato di questo biscotto è naturalmente la possibilità di creare bellissime forme incise. Già mi vedevo con la pupa e poi la sua espressione stupita, visto che non si trattava più solo di forma o lati ma di superficie con particolari da manuale. Bene, tutto archiviato. Almeno fino a più liete notizie o utili consigli da qualcuno che leggendo alzerà la mano, dicendo: "Ho io la soluzione, cuoca pasticciona!".

 

E giusto pour parler gli Spekulatius andrebbero fatti, regalati il giorno di San Nicola, il 6 dicembre, o almeno questa è la tradizione nei paesi del Nord, dove l’antico vescovo (appunto san Nicola) è diventato un personaggio tra Babbo Natale e la Befana:-). 

L’unica rimasta soddisfatta è di sicuro la pupa. Mentre io mi affannavo a ricavare le forme con lo stampino in legno, lei si è cimentata con forme molto più semplice e meno "diaboliche", e una volta sfornati, badando poco alle "ombre cinese" ha inzuppato nell’infuso caldo del pomeriggio. 
Perché, stampo a parte, il sapore, morbido e speziato, era veramente "so di Natale".  Entrata anche la renna nel gioco, ci ho fatto piovere neve di zucchero sopra e mi sono consolata.


Il formato è dai 18 in su per la presenza di farina di mandorle e tanto burro.

piesse: io temendo l’effetto lievitazione in forno (e la perdita della forma incisa) non ci ho messo lievito, bè non è servito comunque, voi mettetene pure un mezzo cucchiaino
 

Ingredienti

300 gr di farina
100 gr di burro
50 gr di farina di mandorle
1 uovo 
100 gr di zucchero di canna
1 cucchiaino di spezie miste: cannella, cardamomo, chiodi di garofano, zenzero
scorza di limone

 

Procedimento

Mescolate le due farine, aggiungete lo zucchero, le spezie, un cucchiaino di scorza di limone e cominciate ad amalgamare col burro a temperatura ambiente, unite anche l’uovo. Impastate fino ad ottenere una palla morbida, avvolgetela nella pellicola e lasciatela riposare in frigo per qualche ora (io ho lasciato tutta la notte). Riprendete l’impasto, stendetelo e ricavate i biscotti (vi sconsiglio l’utilizzo dello stampino di legno!). Cuocete in forno a 180° per dieci minuti.