Quasi un muffin con uva&farina di riso


Questo è un post che in realtà non doveva esserci, che alla fine quattro ricette in una settimana mi paiono già eccessive, per me e naturalmente per voi. 

Poi sono arrivate le ricette con l’uva e il compleanno della nonna bis, che con questo frutto zuccherino dovrebbe averci poco a che fare, come ha ricordato Mr B. Il compleanno dopotutto è il compleanno e alla fine come diceva qualcuno la vita è una sola:-). 
Se c’è una cosa che mia nonna (la bis dell’aliciotta) adora sono i dolci che vorrebbe ma non può (oltre naturalmente a broccoli, cacio e pepe, maritozzi e polpette, in onore delle sue origini romane). 
Capita di vederla trafugare, rapida e veloce, un pasticcino (ma proprio uno, commenta lei beccata), due cucchiaiate di gelato ("giusto un assaggio che qui quello per diabetici se lo sono dimenticati, mannaggia").
La capisco che se mai toccasse a me la faccenda sarebbe ardua e triste:-). 
Tutto questo per dire che la torta, bè viste le circostante si è trasformata in un quasi muffin, lontano dai 4/4 che c’era il rischio di burro e zucchero, e poi, visto che la sottoscritta si è appassionata ai composti alternativi, ho utilizzato di nuovo farina di riso. Ne è uscito a lilcake che senza zucchero, senza burro, soffice, soffice si presta sia ai diabetici (alla nonna "ammazzeta" se è piaciuto) ma anche ai bimbi dai 12 mesi in su. In cucina c’era l’aliciotta alla prese con la sua nuova mise "oggi cucino io" e c’è stato poco da fare ma a sfornare ha voluto fare "da sssola".  Uno spettacolo!

piesse. Secondo Mr B. l’uva coi diabetici proprio no, poi riflettendo sul fatto che è passato giusto un po’ di tempo da che si è cimentato con la materia (come la pediatria, ricordate?) e che mi nonna ha sviluppato un odio per le mele (manco fosse la bis di Biancaneve), ho fatto qualche ricerca.
Pare che il  segreto non stia nel vietare certi tipi di frutta ma nel regolare al meglio le quantità (www.diabetologia.it): da considerare che meno di 200 gr di uva forniscono la stessa quantità di zucchero di 300 gr di mele. Indi per l’uva contate gli acini, 10 acini 60 calorie. Naturalmente questo discorso non ha nulla a che vedere coi pupi: a loro l’uva fornisce tanti zuccheri semplici, veloci da assimilare.

Ingredienti

200 gr di farina di riso
3 uova
10 cl di olio

1 barattolo di yogurt naturale (senza zucchero)
acini d’uva bianca e nera
1 cucchiaio di sciroppo d’acero

2 cucchiai di succo di mela (100%)
1/2 bustina di lievito

 

Procedimento

Sbattete le uova con lo sciroppo d’acero, aggiungete olio, succo di mela e yogurt. Aggiungete gli acini d’uva a metà senza semi. A questo punto gli ingredienti secchi: stemperate la farina con il lievito e mescolate all’impasto. Infornate a 175° per 20 minuti. 

P.S. Le palline in argento (e zucchero) sono una gentile concessione fotografica, finite in un batter d’occhio nelle grinfie della pupetta.

Il risotto all’uva, in black&white

Oggi è una di quelle giornate autunno/inverno che adoro: cielo terso (capita di rado da queste parti), aria frizzante e alberi in supertechnicolor.
E la sottoscritta, che stamattina avrebbe avuto da lavorare, si è persa in biblioteca con la scusa "devo proprio recuperare dei libri per l’aliciotta".
Il bello di tutto ciò è che alla fine se n’è uscita con una serie di libri per Alice, un libro di cucina (che un po’ di cultura non fa mai male) e un dvd: chissà mai che Alice decida di fare la nanna ad un orario da bebè e con Mr B. si veda un film, per la cronaca Mr&Mrs Smith, di Hitchcock, niente a che fare con Bradangelina.
E poi? Bè ho tergiversato su una serie di prestiti, aperto e chiuso, considerato ciò che ancora giace a casa da leggere (e qui ripeto chissà mai che Alice si decida a fare la nanna ad un orario di bebè) e deciso che non valeva la pena trascinarsi a casa tutti quei poveretti per poi abbandonarli e magari dimenticarsi di restituirli.  Strano comunque, mi riesce molto meglio lo shopping impulsivo (libri compresi) rispetto al prestito selvaggio:-)

Che c’entra tutto questo con la cucina, con il risotto (vedi sopra)? Nulla direi, ma va così che la giornata l’avrei passata a tirar freccette fare bolle di sapone se avessi avuto il tempo/l’età per farlo.

La ricetta, oltre a far parte della mania della sottoscritta di risottare (non solo risotti, ma tutto ciò che si presta, vedi pasta, fregula, orzo, etc…), entra con gran onore (che qui si parla di piatto principale, mica antipasto o contorno) in "L’uva, quella che rimane", saga del cucchiaino sulla vendemmia bella che passata:-).

 

Il formato bebè è da 12 mesi in poi: io ho utilizzato un carnaroli, preferite il riso per bambini se il vostro pupo non gradisce ancora i chicchi un po’ grossi.

Ho usato per la mantecatura un mix di ricotta  e mascarpone (eliminate quest’ultimo per formati sotto i 18 mesi). 

In una possibile versione per mamma e papà potete anche finire con fiocchetti di roquefort se apprezzate i sapori, diciamo, forti.

P.S. Se in possesso di foglie di vite bio, provate a sostituire il rosmarino con foglie di vite, io di sicuro ci provo col raccolto dell’anno prossimo.

 

Ingredienti 

30-40 gr di riso

1 cipollotto
1/2  gambo di sedano bianco
5 acini bianchi e 5 neri (eliminate i semi)

1 cucchiaio di olio EVO

1 cucchiaio di ricotta e 1 di mascarpone per mantecare

1 cucchiaino di parmigiano reggiano

1 rametto di rosmarino 

un pizzico di sale o gomasio
brodo vegetale

 

Procedimento

Fate appassire come al solito il vostro cipollotto nell’olio insieme al rametto di rosmarino (poi potete togliere entrambi) e al sedano a pezzetti piccoli. Aggiungete il riso e sfumate con il brodo. A metà cottura buttate gli acini d’uva.  Mescolate e preparate come tutti i risotti (brodo e mescolo, brodo e mescolo).  Mantecate con ricotta e mascarpone e un cucchiaino di parmigiano. Servite.

Lo spiedino del contadino

Ossia: " al contadino non far sapere come è buono il formaggio con le pere".

La ricetta, o similricetta che da cucinare non c’è proprio nulla, mi è venuta in mente pensando proprio a questo proverbio.

Stavo contemplando la frutta autunnale davanti al mio naso: pera, mela e uva, ho fatto una rapida associazione e considerato che la pupa adora tutto ciò che discende dal latte, è nato lo spiedino.
Semplice, veloce, veloce, tanto divertente e soprattutto da non sottovalutare perché permette di giocare con formati e disposizione (coi pupi un po’ di fantasia non guasta mai) ma anche di combinare sapori e gusti al di fuori dei soliti schemi (o papponi:-). Di sicuro quello che funziona sul bebè è il formato spiedino (procuratevene uno in legno, per un effetto meno d’artagnan): Alice si è divertita a sfilare uno per uno i pezzetti di frutta e formaggio, qualcuno è finito in bocca, qualcuno, bè, è stato lanciato:-), altri sono stati piacevolmente pasticciati in mano.  D’altra parte il bambino deve manipolare per conoscere:-)

Formato dello spiedino? Dall’anno in poi, anche se si possono già fare esperimenti sotto l’anno utilizzando parmigiano reggiano e mozzarella. Naturalemente potrete variare il tipo di formaggio a seconda dei mesi del bambino: latteria ad esempio dopo i 12 mesi, emmenthal dopo i 18 mesi, etc…

Personalmente ho utilizzato del casera e un formaggio un po’ più morbido, invecchiato nelle foglie di noce acquistato in Alto Adige.

Consiglio del contadino: lo spiedino diventa antipasto per mamma e papà, la sottoscritta suggerisce di accompagnare con miele agli agrumi, di castagno, lampone o con salsa senapata alla zucca o fichi. O con quello che fornisce la vostra dispensa e il vostro gusto. Se volete far testare anche al pupo il tuffo nel miele, sceglietene uno semplice (tipo acacia) e di origine controllata.

P.S. Per chi non fosse informato questa è la prima delle tre ricette "L’uva, quella che rimane", chi non ama la bianca e la nera eviti il blog per questa settimana:-).

 

Ingredienti

1 pera

1 mela 

acini d’uva bianca e nera

dadini di formaggio
miele e salsine (per mamma e papà)

 

C’è poco da spiegare. Sbucciate e tagliate la frutta a dadini, infilzate nello spiedino frutta e formaggio oppure disponete sul piatto a mo’ di lombricone, trenino o vattelapesca.

 

 

Gelatine di frutta, che confusione:-)


Questo post era lì che riposava da tempo, mentre la sottoscritta era poco convinta del risultato della ricetta. Poi, l’altra settimana, in pasticceria mi è stato svelato l’arcano. Incominciamo però dall’inizio che sto già facendo confusione. Ecco, le caramelle. 


Finora le abbiamo evitate con abilità con qualche rara eccezione (mi spiegate perché in ogni dove, non c’è adulto che non offra caramelle ai bambini:-)?che mamma noiosa!). Risultato? Bè Alice distingue una frittata da un’omelette ma non una gommosa da confetto ricoperto .
Poi alla sottoscritta è venuta l’idea. Perché non fare delle splendide gelè homemade di frutta? Colorate quanto basta, di forme divertenti e morbide, morbide. Che dopotutto era stata una mania estiva quella delle gelatine (vedi ad esempio i bicchierini nella serie fingerfood…)

Era lì l’idea che frullava quando qualche domenica fa andiamo con una coppia di amici al monastero di Torba (vicino a Varese) per una di quelle giornate Fai con ville&co. aperti.

E lì mentre fotografo (e Mr B. e pupa si danno alla degustazione libera per assenza di figura materna) mi metto a chiacchierare con una simpatica cioccolataia piemontese che sul banco ha in bella fila vasi pieni di gelatine di frutta. Ne sono rimasta conquistata, pareva di aver fatto un salto indietro nel tempo con queste tavole sottili, sottili di cioccolata e le gelatine che loro chiamano polpa di frutta o “cotognata”.

 

Ho scoperto che le gelè vantano storia antica: le nobildonne, oltre che a menestrelli e cavalieri, si dedicavano anche alla preparazione di marmellate, sciroppi e per l’appunto gelatine che poi servivano su tappeti di foglie d’alloro fresche (e qui la mia fantasia "figurativa" già si emozionava).

Detto fatto. Lunedì, armata di vari tipi di frutta (sono una che ama esagerare) mi accingo, nel mio castello, a cuocere, filtrare, passare e pazientare (le caramelle hanno bisogno di un bel riposo).
Problema? Ho voluto utilizzare l’agar-agar, che tante soddisfazioni mi aveva dato quest’estate, invece della pectina.
Risultato? Sapore favoloso (a detta di Mr B. e dalla faccia di Alice), resa molliccia.

Veniamo a come andrebbero fatte (si ringrazia l’amico pasticcere della Centrale per gentile concessione del suo sapere).

Bè l’ideale sarebbe utilizzare purea concentrata di frutta (non il succo), o comunque frutta fresca cotta una bella mezz’oretta (il tempo dipende comunque dal tipo e dal grado di maturazione della frutta), debitamente passata al colino per ottenere il nettare.

Di che cosa non si può ssolutamente fare a meno? Della pectina, che potete acquistare già bella e pronta oppure ottenere abbastanza semplicemente a casa.
La pectina è contenuta nella buccia della mela acerba: “Basta –mi è stato spiegato dal pasticcere (ma trovate la spiegazione anche qui) – far cuocere la scorza di mela con poca acqua per una mezz’ora, passare al colino e aggiungere il succo a quei frutti che non contengono pectina (ad esempio i lamponi che ho usato io).
Stesso procedimento, utilizzando il succo di limone, per  la frutta poco acida (vedi le pere, pure queste finite nelle mie caramelle con la cannella): in questo caso però si può anche utilizzare lo sciroppo di glucosio (si trova in farmacia).

Avrete quindi tre soggetti da amalgamare: purea, zucchero, pectina ed eventualmente correttore di acidità (limone o sciroppo di glucosio). Prima però munitevi di termometro (il pasticcere mi ha detto che quello per gli arrosti in mio possesso era perfetto).

Quantità di zucchero? Per me il meno possible, amo sentire il sapore della frutta:-). Diciamo 20:80.
Ergo, esempio: 160 gr di polpa di frutta, 40 gr di zucchero, circa 10-15 gr di pectina e 150 ml di sciroppo di glucosio o acido. Una volta sciolto lo zucchero a freddo aggiungete la pectina e quindi lo sciroppo di glucosio o il correttore di acidità. Mettete sul fuoco fino a quando la temperatura sale a 106° .
Spegnete e fate raffredare immediatamente in un contenitore freddo (ad esempio con ghiaccio).

Visto che però sono ostinata, vi lascio anche la versione con agar-agar. Il procedimento che ho scovato è pressoché identico: si elimina sciroppo di glucosio, per la pectina si aggiungono semplicemente le bucce di mela (che poi eliminerete) al composto di zucchero e polpa di frutta. Si amalgamano due cucchiaini di agar-agar con due, tre cucchiai di acqua tiepida: si scioglie il tutto sul fuoco per qualche minuto e poi si toglie. E poi via con le formine in frigo per qualche ora!

La sottoscritta, chiaramente, deve ritentare l’esperimento, se qualcuno si cimenta prego votare il procedimento “the best”.

P.S. Il formato delle gelèe è 12 mesi (mi raccomando non esagerate con lo zucchero!). I tipi di frutta, bè anche quelli dipendono dal formato:-). Personalmente ho utilizzato: uva fragola (da folli masochisti), pera (+cannella), lime&mapo, lamponi e mirtilli (da evitare per soggetti sotto i 24 mesi).

Ripiesse. Lo so, oggi la ricetta è proprio strana e tanto raccontata, perdonate se ho fatto giusto un po’ di confusione.

 

Biscotti dell’Alice malata: con farina di riso e non


Non c’è niente di meglio in una giornata di novembre, piovosa, ventosa e senza nemmeno la luce autunnale tenue, tenue, che sfornare biscotti. Soprattutto con un’Alice ammalata e la sottoscritta reduce da nottata lunga, lunga, febbre alta. E’ stato così che, piazzata la pupa sullo sgabello alto della cucina, ho diviso l’impasto e lasciato che una parte finisse tra le manine a mo’ di pongo. E per la felicità dell’aliciotta, formine come piovessero. 
Di solito comincio a sfornare biscotti da inizio dicembre e continuo sino a Natale: rigorosamente di origine austro-tedesca-svedese e di forma, bè, principalmente a stella (i miei assolutamente preferiti sono le zimtsterne).

Eccezioni? Le prime durante lo svezzamento di Alice, diciamo attorno al decimo mese, quando mi era venuta la fissa di sfornare biscotti con pupa nel marsupio perché proprio non sopportavo i similbiscotti svezzamento-bebè (ogni mamma ha le sue fisse, no?).
E poi quando capisco che all’ora del tè sì, ho proprio voglia di biscotto homemade (tipo due, tre volte l’anno) e mi ci metto di pazienza ad impastare e pasticciare:-).

L’esperienza di oggi è stata fantastica: l’impasto dei biscotti batte il pongo durante e dopo, che l’impasto pare più semplice da maneggiare, si attacca meno facilmente ai vestiti e soprattutto al seguito di debita cottura si tuffa morbido, morbido, leggero, leggero in tè, latte e simili.

Nelle due ricette ho utilizzato zucchero, direi quindi formato bebè dai 12-18 mesi in su, a meno di sostituire lo zucchero con miele o sciroppo d’acero (in questo caso 12 mesi). Tenete conto che il biscotto alla farina di riso è perfetto anche chi è a dieta no glutine: la sottoscritta si è entusiasmata del risultato così fragrante e sofficioso.

Ho sfornato due tipi di biscotti, il primo da maneggiare solo dalla sottoscritta (che poi ci dovevo fare le foto, ma in una si intravede un risultato della pupa), il secondo per far pasticciare l’aliciotta con mille formine. La mia convinzione di tutto pulito, rigoroso, non mischiamo mille cose diverse è andata a farsi benedire, ma vedere Alice con le mani in pasta, come diceva qualcuno, “non ha prezzo”.

 

 

Biscotti alla farina di riso

130 gr di farina di riso
30 gr di fecola di patate
1 uovo
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaino di cannella
70 gr di burro
1 cucchiaino piccolo di bicarbonato

marmellata a piacere (io ho utilizzato quella ai mirtilli, evitare con formato sotto i  24 mesi)

Procedimento

Mescolare il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto soffice al quale unire l’uovo sbattuto e il cucchiaino di cannella. Stemperare la farina con la fecola e il bicarbonato e aggiungere al composto. Far riposare 15-20 minuti in frigo nella pellicola. Riprendere il composto e formate dei biscotti tondi con un affossamento al centro (ci ha pensato Alice con il suo pollice) nel quale mettere la marmellata. Passare in forno caldo (175°) per 15-20 minuti.

 

Biscotti al lime

300 gr di farina per dolci
1 uovo
il succo di un lime (o limone)
la scorza di un lime
80 gr di burro
50 gr di zucchero

1 cucchiaino di cremor tartaro e ½ cucchiaino di bicarbonato (o semplicemente il cucchiaino di lievito di cui ero rimasta sprovvista)

Procedimento

Mescolare il burro e lo zucchero (con un bel cucchiaio di legno avrete il risultato migliore), quando il composto è bello soffice aggiungere il succo del lime, la scorza e l’uovo sbattuto. Unire la farina a poco a poco ed infine il lievito (o cremor tartaro). Lasciar riposare per una mezz’ora in frigorifero. Stendete l’impasto e via con le formine. Infornare a 175° per 15 minuti.

 

 

 

 

 

Cime di rapa in vellutata

Premessa: cime di rapa e broccoli sono uno degli ingredienti "cult" della cucina di mia nonna, debitamente accoppiati a orecchiette o linguine, conditi con olio (tanto), peperoncino, acciughe (come piovessero) e aglio (troppo). Alice, causa formato, non è ancora un’adepta della ricetta della nonna bis (di cui fu vittima a suo tempo anche Mr B.), d’altraparte sta testando innumerevoli rivisitazioni. Alleggerite, si intende.

 

Ecco che, in preda alla mia mania di sottrarre, sperimentare e, di questa stagione, ridurre tutto a vellutata, anche le cime di rapa sono finite in scodella.

Della famiglia di cavoli e cavoletti, le cime di rapa con quella parte allungata così simile ad un mazzo di fiori, sono ricche di vitamina A e C e sali minerali. 

Temendo il gusto amarognolo ho cercato di porvi rimedio con patate e carote, anche se alla fine devo dire che comunque un pochino si sentiva e la pupa non ha gradito molto: per la prossima volta proverò ad aggiungere una patata dolce, chissà mai. D’altra parte con le cime di rapa è proprio questo il bello, altrimenti se si annulla l’amarognolo che gusto c’è? 
In barba alla tradizione di olio, acciughe & co. ci ho tuffato dentro cubetti di tofu, che più sano  e leggero non si può. 

 

La ricetta è formato 12 mesi per via delle cime di rapa (e aglio), di certo non è congeniale per inizio svezzamento (in questo caso, meglio andare di zucca vista la stagione e il formato bebè).

 

Ingredienti (per tre)

150 gr di cime di rapa
1 patata piccola
1 carota
1 spicchio d’aglio
olio EVO
100 gr di tofu

Procedimento

Tagliate le verdure a pezzetti e mettetele in pentola con un cucchiaio di olio e lo spicchio d’aglio (che poi eliminerete). Girate e aggiungete un litro d’acqua. Portate a cottura, passate al mixer e servite con cubetti di tofu (che eventualmente potete passare in padella con olio Evo e gomasio).